Sentenza n.16 del 1987

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SENTENZA N. 16

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 27 maggio 1949 n. 260 (Disposizioni in materia di ricorrenze festive), così come modificato dall'art. 1 legge 31 marzo 1954, n. 90 (Modificazioni alla legge 27 maggio 1949 n. 260, sulle ricorrenze festive), promosso con l'ordinanza emessa il 30 novembre 1978 dal Pretore di Sassari nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Scala Giovannino ed altri e Strade Ferrate Sarde, iscritta al n. 34 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 80 dell'anno 1979;

Visto l'atto di costituzione delle Strade Ferrate Sarde nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1986 il Giudice relatore Francesco Greco;

Udito l'Avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Alcuni dipendenti di una società concessionaria del pubblico servizio di trasporto ferroviario, assumendo di avere prestato lavoro, per esigenze di turno, durante le domeniche ivi comprese e di avere usufruito del riposo nel giorno immediatamente successivo ai sei lavorativi, hanno adito il pretore di Sassari chiedendo che, riconosciute come festive dette prestazioni, condannasse l'azienda a retribuirle con le relative maggiorazioni.

Il Pretore, ritenuto che tale pretesa non trovava fondamento né nella legge né nella contrattazione collettiva di settore e categoria, ha sollevato, ravvisandone in re ipsa la rilevanza, questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 27 maggio 1949 n. 260 - come modificato dall'art. 1 della legge 31 marzo 1954 n. 90 -, in riferimento all'art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede alcuna maggiorazione di compenso per il lavoro prestato dai turnisti durante le domeniche ricomprese nel turno loro assegnato.

Ha premesso che non può dubitarsi della legittimità costituzionale delle norme (l. 22 febbraio 1934 n. 370) che consentono, per gli autoferrotramvieri, il riposo settimanale non domenicale, attese le primarie esigenze generali salvaguardate con questa deroga al principio della normale coincidenza del giorno di riposo con la domenica e tenuto conto del fatto che, secondo lo stesso art. 36 Cost., la domenica non é necessariamente il giorno dedicato al riposo.

Ha, però, ritenuto che la mancanza della suddetta previsione discrimina gravemente quanti prestano lavoro domenicale - sia pure in un turno di sette giorni, con il settimo non lavorativo - rispetto a quanti godono, invece, abitualmente di riposo domenicale.

La domenica, invero, non é assimilabile ad un comune giorno feriale: la stessa legge, sia pure al fine dell'osservanza dell'orario e del divieto di compiere taluni atti giuridici, lo qualifica come festivo; la circostanza, poi, che esso é, almeno normalmente, giorno destinato al riposo, ne comporta l'identificazione con l'unico giorno della settimana in cui la famiglia può trovarsi riunita al completo ed i genitori meglio possono assolvere la funzione educativa dei figli, liberi da impegni scolastici.

Non può, dunque, fondatamente dubitarsi, secondo il giudice a quo, che il lavoratore turnista, costretto a rinunziare al riposo domenicale, sia notevolmente svantaggiato rispetto a quello che può fruire del giorno di riposo settimanale in normale coincidenza con la domenica, in quanto si vede privato della possibilità di attendere congiuntamente ad altri interessi della vita familiare e sociale che pure hanno rilievo costituzionale (specificamente dagli artt. 29 e 30 Cost.).

Il lavoro domenicale é, di per sé, caratterizzato da maggiore penosità rispetto a quello prestato in altro giorno della settimana: non diversamente da quello prestato nelle festività nazionali ed infrasettimanali, per il quale, infatti, il legislatore non ha mancato di riconoscere, coerentemente, il diritto ad una congrua maggiorazione retribuita, destinata a compensare appunto tale aggravio. Il difetto di identico riconoscimento anche per il lavoro domenicale penalizza, invece, ingiustificatamente chi vi é tenuto rispetto a chi riposa normalmente di domenica, negando senza plausibili motivi la diversa "qualità" del lavoro stesso, in violazione del principio costituzionale di eguaglianza.

2. - L'ordinanza, emessa il 30 novembre 1978, é stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 80 del 21 marzo 1979.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per la infondatezza della questione.

Ha premesso che la vigente legislazione ordinaria in materia e lo stesso precetto costituzionale esprimono una mera preferenza, giustificata dalla tradizione, per il riposo domenicale, ma consentono numerose deroghe la cui legittimità (ed i cui limiti) sono stati più volte affermati da questa Corte (segnatamente con le sentenze nn. 76/62, 150/67 e 147/71), sostanzialmente in base al principio per cui l'interesse alla preservazione della salute dei lavoratori é soddisfatto, per quanto concerne la pausa settimanale, da una ragionevole periodicità della cadenza di questa, senza necessità di generalizzare il riposo domenicale con una disciplina rigida ed uniforme che urterebbe contro apprezzabili interessi dello stesso mondo del lavoro.

L'ordinanza di rimessione, limitandosi a modificare l'angolo visuale del problema spostando l'accento sulla non assimilabilità della condizione di colui che presta lavoro domenicale con quella di chi riposa la domenica, rappresenta solo un modo surrettizio di sollecitare il riesame di una questione già decisa dalla Corte.

Inoltre, non é coerente che, da un verso si ritenga possibile la non coincidenza del riposo settimanale con la domenica e, dall'altro, si chieda la maggiorazione del compenso per il lavoro svolto nella domenica allorché essa sia compresa nel turno di lavoro in quanto la prestazione svolta in detto giorno non é più gravosa di quella svolta in altro giorno della settimana, mentre le energie psico-fisiche sono tutelate con il riposo dopo sei giorni lavorativi. Non é certo che le esigenze della vita familiare e sociale siano garantite solo dalla coincidenza della pausa lavorativa con la domenica ed il loro sacrificio, lecito perché conseguente alla particolarità del lavoro svolto, non é suscettibile di monetizzazione. Non ha rilievo il riferimento al trattamento retributivo del lavoro svolto nelle festività nazionali ed infrasettimanali in quanto detto lavoro non é assimilabile a quello svolto nella domenica da chi gode del riposo compensativo in altro giorno dei sette in cui si articola il turno lavorativo.

Trattasi di ulteriori giornate di riposo con funzione diversa da quella del riposo settimanale, per cui il mancato godimento di tali ulteriori riposi per esigenze socialmente apprezzabili é giustamente compensato con la maggiorazione per lavoro straordinario festivo che si aggiunge al compenso contrattuale normale. Le prestazioni di lavoro nella domenica correlate alla funzione di riposo settimanale goduto in altro giorno restano, invece, nell'ambito dell'orario di lavoro sicché per esse non c'é alcuna necessità di una particolare previsione di maggiorazione di paga.

Considerato in diritto

1. - Il Pretore di Sassari dubita della legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 27 maggio 1949 n. 260 nel testo modificato dall'art. 1 della legge 31 marzo 1954 n. 90, nella parte in cui non prevede maggiorazioni retributive per il lavoro prestato dai turnisti durante le domeniche comprese nel turno di sei giorni lavorativi, seguiti dal settimo giorno di riposo, in quanto violerebbe l'art. 3, primo comma, Cost. per il deteriore trattamento cui sono assoggettati detti lavoratori rispetto a quelli che normalmente usufruiscono del riposo settimanale in coincidenza con la domenica.

2. - La questione non é fondata.

La legge 27 maggio 1949 n. 260, tra le disposizioni in materia di ricorrenze festive, all'art. 2 considera, tra gli altri, la domenica giorno festivo agli effetti dell'osservanza del completo orario festivo e del divieto del compimento di atti giuridici.

L'art. 5 di detta legge regola le modalità e l'entità della retribuzione nella ricorrenza delle festività nazionali, dell'anniversario della liberazione, della festa del lavoro e del giorno dell'unità nazionale.

La legge, peraltro, a iniziare dal 1977 (legge n. 54 del 1977), ha subito alcune modifiche che, però, non interessano la fattispecie in esame.

L'art. 3 della legge n. 90 del 1954 estende le disposizioni dell'art. 5, innanzi richiamato, a tutte le ricorrenze festive previste dall'art. 2 della stessa legge escluse però le domeniche, limitatamente ai lavoratori dipendenti da privati datori di lavoro, i quali siano retribuiti non in misura fissa ma in relazione alle ore di lavoro da essi compiute.

Il riposo settimanale trova, invece, la sua disciplina negli artt. 1, 3 e 5 della legge 22 febbraio 1934 n. 370 secondo cui esso deve di norma coincidere con la domenica; ma per le attività per le quali il funzionamento domenicale corrisponde ad esigenze tecniche o a ragioni di pubblica utilità, può cadere anche in giorno diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni del personale addetto alle attività stesse tra le quali é compresa anche quella cui risultano addetti gli attori del giudizio a quo (art. 5, n. 4, legge n. 260/49).

Successivamente, l'art. 36 Cost. ha garantito il diritto del lavoratore al riposo settimanale ed ha, ovviamente, rimesso al legislatore la disciplina concreta della materia che, del resto, é alquanto varia in relazione alle diverse specifiche attività lavorative. Per esempio, per quanto riguarda il personale degli automezzi pubblici di linea extraurbana, adibiti al trasporto dei viaggiatori, essa é dettata dalla legge n. 138 del 1958 la quale ha previsto (art. 8) che al detto personale spetta un riposo settimanale di 24 ore normalmente nella domenica fatta eccezione per il personale viaggiante per il quale detto riposo coincide con il giorno stabilito nel turno.

Anche Convenzioni internazionali, ratificate dal nostro Paese, stabiliscono l'obbligatorietà del riposo settimanale mentre, in concreto, la contrattazione collettiva per le varie specialità di lavorazioni e categorie di lavoratori contiene clausole particolari, specie per quanto riguarda le maggiorazioni di paga a favore dei lavoratori che non usufruiscano del riposo settimanale nella domenica.

Sul punto si é formato un indirizzo giurisprudenziale, ormai costante, anche della Cassazione, secondo cui i lavoratori addetti ai pubblici servizi di trasporto, per il lavoro prestato nella domenica compresa nel turno, hanno diritto ad una maggiorazione del salario. E ciò in base non ad una norma giuridica, ma ad un principio di ordine generale presente nell'ordinamento giuridico positivo secondo il quale il riposo settimanale é qualificato dalla necessità della sua coincidenza con la domenica. Questa é di norma la giornata in cui il lavoratore può utilizzare, in varia guisa, il proprio tempo libero e nella quale può maggiormente dedicarsi alle tipiche forme di vita familiare ed all'adempimento dei relativi doveri, nella normale concomitanza, tra l'altro, del riposo settimanale dell'altro coniuge, se svolge attività lavorativa, e dei figli, liberi dai propri impegni.

Il riposo settimanale, inoltre, va inteso non solo come diretto alla preservazione ed al recupero delle energie psico-fisiche ma anche come possibilità del lavoratore di dedicarsi e di partecipare adeguatamente alla vita familiare, alla vita sociale e di relazione fruendo dei relativi benefici ed adempiendo ai relativi doveri (artt. 2, 3, secondo comma, 31 e 35 Cost.), con riferimento al giorno della domenica indicato e ritenuto comunemente e generalmente giorno di riposo per tutti coloro che lavorano.

Pur essendo apprezzabili le ragioni che, per esigenze pubbliche e sociali, richiedono che il lavoro si svolga anche la domenica per alcune attività e per alcuni lavoratori che in esse prestano la loro opera, non si può escludere la caratterizzazione di maggior penosità che assume il lavoro prestato nella domenica sicché esso, in definitiva, viene ad avere una diversa qualità rispetto a quello svolto nei giorni feriali. Onde il diritto del lavoratore (art. 36 Cost.) ad una maggiorazione del salario. La sua previsione e la sua determinazione sono innanzitutto rimesse alle fonti collettive e, in mancanza, al giudice che potrà assumere come parametri, tra gli altri, il lavoro svolto nelle festività nazionali o infrasettimanali o, piuttosto, il lavoro straordinario.

Ma si dovrà, in ogni caso, anche considerare se, rispetto ai lavoratori di categorie che riposano normalmente la domenica, un compenso proprio sia già compreso in quello ordinario e normale spettante al lavoratore o in altri eventuali benefici, quali, per es., i riposi ulteriori, le riduzioni di orario ecc. accordati alla categoria proprio in considerazione della specialità del lavoro svolto che esige turni lavorativi comprensivi anche della domenica.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 27 maggio 1949 n. 260, modificato dall'art. 1 della legge 31 marzo 1954 n. 90, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Pretore di Sassari con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: GRECO

Depositata in cancelleria il 22 gennaio 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE