Sentenza n. 238 del 1986

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SENTENZA N. 238

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Antonio LA PERGOLA. Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL’ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Visto l'atto di costituzione di Felice Maria Spirito nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 29 ottobre 1986 il Giudice relatore prof. Virgilio Andrioli.

Ritenuto in fatto

1.1. - Con ricorso 23 dicembre 1977,l'avv. Felice Maria Spirito, premesso che aveva prestato il proprio patrocinio alla IMPIANTI TERMICI s.p.a. nel giudizio da questa promosso contro la CHEMI s.p.a. avanti il Tribunale di Frosinone, e che il giudizio, iniziato con citazione notificata il 26 marzo 1976, era stato definito con transazione tra la CHEMI e il curatore fallimentare della IMPIANTI TERMICI, nel frattempo dichiarata fallita dal Tribunale di Milano, chiese al Presidente del Tribunale di Frosinone ingiungersi, ai sensi dell'art. 68 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, alla CHEMI il pagamento di lire 4.185.336 per competenze relative a prestazioni effettuate nel menzionato giudizio.

Avverso il decreto emesso dal Presidente del Tribunale l'11 gennaio 1978 e notificato il successivo 26, spiegò opposizione la CHEMI eccependo I) che il giudizio tra la IMPIANTI TERMICI e la stessa CHEMI era stato dichiarato interrotto per il dichiarato fallimento della prima e poi estinto per mancata riassunzione e, pertanto, le spese andavano ai sensi dell'art. 310 c.p.c. compensate, II) che la transazione, conclusa dal curatore fallimentare dell'attrice, riguardava il fallimento della IMPIANTI TERMICI da considerarsi terzo rispetto alle parti in causa, III) che la transazione era da qualificarsi (non transazione per difetto delle reciproche concessioni sebbene) rinuncia abdicativa accettata dalla controparte, IV) che l'art. 68 era contrario all'art. 3 Cost., V) che le somme richieste erano eccessive rispetto alla attività espletata.

Concessa, su richiesta dell'avv. Spirito, la clausola di provvisoria esecuzione del decreto ed espletata l'istruzione probatoria, l'adito Tribunale, con sent. 18 aprile - 5 giugno 1979, notificata ad istanza della CHEMI all'avv. Spirito il successivo 6 settembre, reputò manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 68 r.d.l. 1578/1933, sollevata dalla opponente CHEMI, qualificò il curatore fallimentare della IMPIANTI TERMICI terzo rispetto alle parti in causa e soggiunse che difettava l'attualità del mandato in capo al difensore istante nella specie in esame in cui si era verificata la decadenza automatica del mandato per effetto della dichiarata interruzione precedente alla transazione; pertanto accolse l'opposizione e per l'effetto revocò il decreto ingiuntivo e l'ordinanza di provvisoria esecuzione dello stesso condannando l'avv. Spirito a rimborsare alla CHEMI la somma di lire 4.581.590.

Con sent. 18 gennaio - 1 marzo 1982 notificata il successivo 9 giugno, la Corte d'appello di Roma, sezione I civile, negò fondamento all'argomento dal Tribunale basato sulla necessità, al fine di invocare l'art. 68, dell'esigenza della persistente investitura, al momento della transazione, di un valido mandato al difensore da parte del proprio cliente ma aderì all'ordine di argomentazioni basate sulla non identicità delle parti che addivennero alla transazione (CHEMI, fallimento della IMPIANTI TERMICI) rispetto a quelle che parteciparono al giudizio (CHEMI, IMPIANTI TERMICI) e su ciò che l'avv. Spirito avrebbe dovuto insinuarsi nel passivo fallimentare non già atteggiarsi a creditore della massa fallimentare; pertanto respinse la domanda dell'avv. Spirito nel merito e reputò manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 68.

1.2. - Con ordinanza emessa su ricorsi principale dell'avv. Spirito e incidentale condizionato della CHEMI il 12 marzo 1985 (pervenuta alla Corte il successivo 1 ottobre; notificata il 5 agosto e comunicata il 4 settembre; pubblicata nella G.U. n. 9/1 s.s. del 5 marzo 1986 e iscritta al n. 671 R.O. 1985) la Corte di Cassazione, sezione II civile, ha giudicato " di fondamentale rilievo ai fini della decisorietà del ricorso" e, in riferimento all'art. 3 Cost., non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 68 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578.

2.1. - Con deduzioni depositate il 4 ottobre 1985, l'avv. Spirito "rappresentato e difeso da se stesso nonché dall'avv. Vincenzo Pizzutelli e Prof. Avv. Vincenzo Mazzei" ha argomentato e concluso per la manifesta infondatezza della proposta questione con ordinanza o per la infondatezza con sentenza. Ha spiegato intervento per il Presidente del Consiglio dei ministri l'Avvocatura generale dello Stato con atto depositato il 25 marzo 1986 con il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile o quanto meno infondata la questione.

2.2. - Nell'adunanza del 29 ottobre 1986 in camera di consiglio il giudice Andrioli ha svolto la relazione.

Considerato in diritto

3. - Nell'ordinanza di rimessione la Corte di Cassazione - premesso che la Corte costituzionale, con sent. n. 132/1974, aveva giudicato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 68 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore) conv., con modificazioni, nella l. 22 gennaio 1934, n. 36 - per il quale quando un giudizio é definito con transazione, tutte le parti che hanno transatto sono solidalmente obbligate al pagamento degli onorari e al rimborso delle spese di cui gli avvocati ed i procuratori che hanno partecipato al giudizio negli ultimi tre anni fossero tuttora creditori per il giudizio stesso - ha ritenuto che la motivazione svolta nella menzionata sentenza della Corte costituzionale non meritasse riesame. Peraltro ha osservato che alimentasse il sospetto d'incostituzionalità dell'art. 68 l'eccezionale svantaggio che la disposizione addossa ai cittadini che, per obbligo di legge e non anche per libera elezione, versino nella necessità di ricorrere all'opera di un legale, che l'aspettativa, nutrita dal legale, di portare a termine la lite nell'ambito del mandato che l'interessato é tenuto a conferirgli sia di mero fatto né sia dall'art. 68 trasformata in diritto, che il ripetuto art. 68 non deroga all'art. 2237 c.c., che il rapporto tra cliente e avvocato non può protrarsi oltre la durata della lite, che le prestazioni erogate dal difensore a favore del proprio cliente non si modellano sulle prestazioni che a favore dell'avversario di quello eroga il difensore di questo.

Da queste considerazioni ha la Corte di Cassazione inferito in primo luogo che il cliente versa nei confronti dell'avvocato e del procuratore in una posizione deteriore rispetto a quella del cittadino che si giovi dell'opera di altro professionista e in secondo luogo che il legale che assiste la parte che definisce con transazione il giudizio versa in una situazione deteriore rispetto al legale che assiste il cliente in un giudizio definito con sentenza.

Nelle deduzioni depositate il 4 ottobre 1985 nell'interesse dell'avv. Spirito si é sostenuto che la Corte di Cassazione non ha esposto argomenti che validamente si contrappongano alla motivazione della C. cost. 132/1974, ribadita con la ord. n. 130/1985 di manifesta infondatezza della Corte costituzionale sulla ord. 2 dicembre 1977 del Tribunale di Vicenza, e si sono richiamate le considerazioni svolte dalla Corte d'appello di Roma nella sent. 372/1982, resa sull'appello dell'avv. Spirito contro la sentenza del Tribunale di Frosinone.

Tali argomenti ha riassunto l'Avvocatura generale dello Stato nell'atto depositato il 25 marzo 1986 a sostegno della conclusione d'inammissibilità e, comunque, d'infondatezza della questione.

4. - Il giudice a quo non ha dettato parola per corroborare l'affermazione che la questione fosse "di fondamentale rilievo ai fini della decisionabilità del ricorso" (pag. 14 della ordinanza di rimessione) e siffatta carenza é di per sé sufficiente a dire inammissibile l'incidente, ma non é inopportuno soggiungere che sul ricorso in Cassazione avverso la sentenza di rigetto nel merito della domanda proposta dall'avv. Spirito contro la CHEMI in bonis resa dalla Corte d'appello di Roma a conferma della pronuncia di prime cure non potrebbe influire in alcun modo la decisione che la Corte andasse in un senso o in un altro a rendere, e, pertanto, l'incidente si appalesa inammissibile per difetto di rilevanza della questione che ne forma oggetto. Questione che soltanto l'accoglimento del ricorso proposto dall'avv. Spirito varrebbe a rendere rilevante; ricorso che la Corte di Cassazione non ha esaminato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 68 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore) sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dalla Corte di Cassazione, sezione II civile, con ord. 12 marzo 1985 (n. 671 R.O. 1985).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 novembre 1986.

 

Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO – Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO

 

Depositata in cancelleria il 18 novembre 1986.