Ordinanza n. 235 del 1986

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ORDINANZA N. 235

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Antonio LA PERGOLA. Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL’ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE, Giudici,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 13 d.P.R. 2 novembre 1976 n. 784 (Modificazioni e integrazioni al d.P.R. 29 settembre 1973 n. 605 e succ. mod., concernente disposizioni relative all'anagrafe tributaria ed al codice fiscale dei contribuenti), promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 29 settembre 1983 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Gorizia sui ricorsi riuniti proposti da Maraz Mario ed altri, iscritta al n. 998 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 102 dell'anno 1984; 2) n. otto ordinanze emesse il 18 ottobre e l'8 novembre 1984 dalla Commissione tributaria di I grado di Genova sui ricorsi proposti da Guerrini Maria Rosa, Allegretti Nicola, Alessi Giuseppe, Viola Alba, Farinotti Margherita, Vassalli Carmelita, Pelloni Antonietta e Campese Lorenzo, iscritte ai nn. da 90 a 97 del registro ordinanze 1985 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 97 bis dell'anno 1985.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'8 ottobre 1986 il Giudice relatore Francesco Saja.

Ritenuto che nel corso di alcuni procedimenti riuniti, promossi da Maraz Mario ed altri ed aventi ad oggetto il ricorso contro l'inflizione di una pena pecuniaria per omessa indicazione di codice fiscale, la Commissione tributaria di primo grado di Gorizia, con ordinanza del 29 settembre 1983 (reg. ord. n. 998/1983), sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, in relazione al precedente art. 6 d.P.R. 2 novembre 1976 n. 784, per contrasto con l'art. 3 Cost.;

che, come osservava la Commissione, la norma impugnata prevedeva, per il pagamento delle imposte attraverso versamento in conto corrente postale, una sanzione pecuniaria che poteva essere molto superiore all'imposta dovuta, nel caso di omessa indicazione sul bollettino di conto corrente del codice fiscale del contribuente;

che la Commissione raffrontava questa ipotesi a quella in cui il contribuente stesso avesse preferito pagare l'imposta direttamente allo sportello dell'esattoria: in tal caso, infatti, non esisteva alcun obbligo di indicazione del codice fiscale e, quindi, alcuna sanzione;

che, considerata l'entità di quest'ultima e la circostanza che le due forme di pagamento dell'imposta erano rimesse alla scelta del contribuente, la differenza di trattamento sembrava priva di ragione giustificativa al collegio rimettente e perciò in contrasto col principio d'eguaglianza;

che la stessa questione di legittimità costituzionale veniva sollevata, per le medesime ragioni, dalla Commissione tributaria di primo grado di Genova con ordinanze del 18 ottobre e dell'8 novembre 1984, emesse nel corso di giudizi promossi da Guerrini Maria Rosa, Allegretti Nicola, Alessi Giuseppe, Viola Alba, Farinotti Margherita, Vassalli Carmelita, Pelloni Antonietta, Campese Lorenzo (reg. ord. da n. 90 a n. 97 del 1985);

che la Presidenza del Consiglio dei ministri interveniva chiedendo che la questione fosse dichiarata non fondata per mancanza di qualsiasi analogia tra le due situazioni poste a confronto: infatti, la cartella di pagamento, con cui era possibile adempiere il debito d'imposta presso lo sportello esattoriale, era un estratto del ruolo e pertanto conteneva tutte le indicazioni idonee ad identificare il debitore; per contro, il pagamento attraverso conto corrente postale rendeva necessarie le dette indicazioni sul relativo modulo: pienamente giustificata dunque era l'imposizione dell'onere di scrivervi il codice fiscale. Né era censurabile la scelta di imporre tale indicazione invece che altre parimenti idonee allo scopo, stante la discrezionalità del legislatore in materia.

Considerato che per l'identità del loro oggetto i giudizi debbono essere riuniti;

che le sanzioni di cui al combinato disposto dei cit. artt. 6 e 13 d.P.R. n. 784/1976 sono state comprese nella previsione dell'art. 7 d.P.R. 22 dicembre 1980 n. 882:

che successivamente alle ordinanze di rimessione é entrata in vigore la legge 15 maggio 1986 n. 191, il cui art. 1 ha disposto il condono delle sanzioni suddette per le infrazioni commesse sino al 31 dicembre 1985, prevedendone anche l'applicazione ai giudizi in corso;

che pertanto si rende necessario che i giudici a quibus valutino se persista la rilevanza delle questioni nei giudizi pendenti davanti a loro.

Visti gli artt. 26 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti alle Commissioni tributarie di primo grado di Gorizia e di Genova perché procedano al riesame della rilevanza delle questioni nei giudizi pendenti davanti ad esse, alla stregua del sopravvenuto art. 1 legge 15 maggio 1986 n. 191.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 31 ottobre 1986.

 

Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO – Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA

 

Depositata in cancelleria il 5 novembre 1986.