Sentenza n. 207 del 1986

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 207

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 15, secondo e terzo comma, legge 30 luglio 1973, n. 477 (Delega al Governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato) promossi con due ordinanze emesse il 17 gennaio 1979 ed il 16 gennaio 1980 dal T.A.R. per la Calabria, Sezione di Reggio Calabria, sul ricorso proposto da Lastella Elena e Palazzi Ferrante Teresa c/ Provveditore agli Studi di Reggio Calabria ed altri, iscritte ai nn. 125 e 397 del registro ordinanze 1980 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 124 e 208 dell'anno 1980;

visto l'atto di costituzione di Lastella Elena, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 maggio 1986 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari;

udito l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con due identiche ordinanze, emesse il 17 gennaio 1979 ed il 16 gennaio 1980, il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, Sezione di Reggio Calabria, su eccezione di parte, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 35 e 38, secondo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, secondo e terzo comma, 1. 30 luglio 1973, n. 477 (Delega al Governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato) nella parte in cui non prevede che il trattenimento in servizio oltre il compimento del 65 anno sia consentito anche a chi, pur avendo raggiunto il numero di anni richiesto per ottenere il minimo della pensione, non raggiungerebbe comunque il massimo entro il 70 anno d'età.

In entrambi giudizi le ricorrenti avevano impugnato gli atti con quali il Provveditore agli studi - nonostante la loro richiesta di essere trattenute in servizio oltre il 65 anno d'età ex art. 15, 1. n. 477 del 1973 - ne aveva disposto il collocamento a riposo ritenendo, secondo quanto era stato chiarito anche in corso di causa, che la situazione delle interessate non fosse sussumibile nell'ambito applicativo di nessuna delle due deroghe al principio generale del collocamento a riposo il 1 ottobre successivo alla data del compimento del 65 anno d'età, posto dall'art. 15, primo comma, della 1. n. 477 del 1973: non in quella contemplata dal secondo comma dello stesso art. 15 che prevede il mantenimento in servizio oltre quel termine, a domanda, per coloro che non abbiano raggiunto il numero di anni di servizio richiesti per il massimo della pensione, fino al raggiungimento del limite massimo e comunque non oltre il 70 anno d'età; non in quella prevista dal terzo comma del medesimo articolo che la stessa facoltà consente a coloro che al compimento del 65 anno di età non abbiano raggiunto il numero di anni per ottenere il minimo della pensione, solo fino al conseguimento dell'anzianità minima per il trattamento di quiescenza.

Ritenuto che la disposizione sul collocamento a riposo del personale della scuola debba interpretarsi nel senso indicato dall'Amministrazione - giusta il parere n. 3051 espresso dal Consiglio di Stato, sezione, il 13 gennaio 1976, cui si era conformato lo stesso TAR della Calabria con sentenza 11 novembre 1977, n. 247 - il giudice a quo opina che la norma impugnata, in quanto "consente solo ad alcune categorie di personale di restare in servizio oltre il 65 anno per incrementare la pensione (già probabilmente congrua) e vieta lo stesso trattamento in favore di altre, aventi identica qualifica e funzione, alle quali permette solo di raggiungere il minimo e impedisce poi di incrementarlo con la prosecuzione del servizio fino al 70 anno", "pone in essere una irrazionale discriminazione proprio a danno di chi, trovandosi al limite minimo della sussistenza, stante l'esiguità della quota di pensione raggiunta, avrebbe bisogno di maggiore protezione (art. 35 Cost.) da parte del legislatore al fine di ottenere quegli adeguati mezzi di previdenza previsti dall'art. 38, comma secondo, della Costituzione, e nel caso di specie non tenuti in alcuna considerazione".

In ordinanza si nega, infine, la ricorrenza di una diversità tra situazioni di fatto tale da poter giustificare un trattamento differenziato, osservandosi che la legislazione previgente consentiva a tutto il personale insegnante di rimanere in servizio sino al 70 anno d'età. La disposizione denunciata, in quanto norma sostanzialmente transitoria volta a "ripagare della intervenuta decurtazione dell'età lavorativa quanti ne sarebbero stati negativamente interessati", a tutti - e non già solo ad alcune categorie di dipendenti - avrebbe dunque dovuto applicarsi.

2. - Nel giudizio promosso con la prima delle due ordinanze si é costituita la prof.ssa Elena Lastella, incidentalmente esponendo in punto di fatto che alla data del 1 ottobre 1977, nella quale era stata collocata a riposo, aveva maturato già dieci anni di servizio di ruolo e ventisette di servizio preruolo, tutti utili ai fini pensionistci. In merito alla sollevata questione di legittimità costituzionale si sostiene in atto di costituzione che "la norma in esame crea un'iniqua disparità di trattamento perché nega il beneficio del trattenimento in servizio fino a settant'anni d'età (concesso invece a chi intende raggiungere il massimo della pensione) a coloro che vogliono conseguire il minor beneficio di un aumento della pensione inferiore al massimo", per il resto ribadendosi quanto sostenuto in ordinanza, salvo l'affermazione ulteriore che "in materia di lavoro tutte le disposizioni favorevoli al lavoratore non possono essere modificate in peius dalla legge ordinaria in quanto il principio dei diritti acquisiti é costituzionalizzato in materia di lavoro in virtù dell'art. 35 della Costituzione".

3. - In entrambi giudizi é intervenuta l'Avvocatura dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri instando per la declaratoria di infondatezza della sollevata questione, se in ipotesi ritenuta ammissibile. Sotto tale ultimo profilo si rileva invero che se fosse esatta l'affermazione della ricorrente prof.ssa Lastella - e quella, identica, della ricorrente prof.ssa Teresa Palazzi Ferrante prospettata nel giudizio a quo - dell'intervenuta maturazione per entrambe di 37 anni di servizio alla data del collocamento a riposo (1 ottobre 1977), la proposta questione di costituzionalità risulterebbe manifestamente irrilevante, in quanto dovrebbe trovare piena applicazione il secondo comma dell'art. 15 della 1. n. 477 del 1973 (nella specie invocato) e non già il terzo comma dello stesso articolo, in applicazione del quale l'Amministrazione sostiene di aver mantenuto in servizio le docenti per un anno, oltre il compimento del 65 anno d'età, al fine di consentire loro di raggiungere la anzianità di servizio minima per la quiescenza (15 anni).

Nel merito l'Avvocatura nega l'irragionevolezza della scelta compiuta dal legislatore - che ha posto una norma sostanzialmente analoga a quella di cui all'art. 4,1. 15 febbraio 1958, n. 46, applicabile alla generalità degli impiegati civili dello Stato - tenendo conto della diversità delle situazioni di fatto nelle quali versavano destinatari dell'impugnata disposizione al momento dell'entrata in vigore della legge che abbassava il limite di età per il collocamento a riposo da 70 a 65 anni.

Così, a coloro che al compimento del 65 anno non avrebbero avuto al proprio attivo neppure il numero minimo (15) di anni di servizio richiesti per il trattamento di quiescenza (e che, dunque, in nessun caso avrebbero potuto raggiungere il massimo, o livelli vicini al massimo, della pensione neppure se il limite di età per il collocamento a riposo non fosse stato ridotto) si é inteso consentire il raggiungimento dell'anzianità di servizio minima per la pensione; a coloro che, invece, al raggiungimento del 65 anno avevano già maturato l'anzianità minima di servizio (tal che l'abbassamento del limite di età avrebbe loro impedito di raggiungere il massimo, o livelli prossimi al massimo, della pensione) si é inteso consentire la realizzazione di quelle aspettative.

Considerato in diritto

1. - La legge 30 luglio 1973, n. 477, recante "delega al Governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato", dopo avere stabilito in linea generale (art. 15, primo comma) che, "a decorrere dal 1 ottobre 1974", il personale appartenente alle suindicate categorie é collocato a riposo per raggiunti limiti di età a datare dal "1 ottobre successivo alla data del compimento del 65 anno di età", prevede due ipotesi a favore del personale in servizio al 1 ottobre 1974, e precisamente: se esso "non abbia raggiunto il numero di anni... per il massimo della pensione", gli é "consentito di rimanere in servizio... fino al raggiungimento del limite massimo e comunque non oltre il 70 anno di età" (art. 15, secondo comma); se, invece, "non abbia raggiunto il numero di anni... per il minimo della pensione", allora la disposizione derogatoria "si applica fino al conseguimento dell'anzianità minima per la quiescenza" (art. 15, terzo comma).

2. - Con istanze presentate entrambe il 20 maggio 1975, due insegnanti in scuole secondarie calabresi - Lastella Elena e Palazzi Ferrante Teresa - , dichiarando di non raggiungere "al 1 ottobre 1977 il massimo della pensione (40 anni)" e, quindi, di volersi avvalere "del secondo comma del citato art. 15, legge n. 477 del 1973" chiedevano al Provveditore agli studi di Reggio Calabria di essere trattenute in servizio oltre il 65 anno di età e, comunque, sino al 70. Ma questi ne disponeva, viceversa, il collocamento a riposo a decorrere dal 1 ottobre 1976, adducendo di avere concesso la proroga di un anno proprio allo scopo di assicurare alle istanti il numero di anni di servizio occorrente per conseguire il minimo della pensione - e perciò non il massimo richiesto dalle istanti -, e sostenendo che, una volta raggiunta l'anzianità prevista al suddetto fine, non é più consentito di rimanere in servizio. Le interessate impugnavano relativi provvedimenti dinanzi al TAR della Calabria - sezione staccata di Reggio Calabria -, il quale, con le ordinanze emesse, rispettivamente, il 17 gennaio 1979 sul ricorso della Lastella Elena (r.o. 125/1980) ed il 16 gennaio 1980 sul ricorso della Palazzi Ferrante Teresa (r.o. 397/1980), sollevava questione di legittimità costituzionale, reputando che l'art. 15, secondo e terzo comma, legge n. 477 del 1973 contrasti con gli artt. 3, primo comma, 35 e 38, secondo comma, Cost.. Secondo il giudice a quo, la disciplina di cui agli impugnati commi sarebbe costituzionalmente illegittima, perché consentirebbe solo agli insegnanti che abbiano già raggiunto il massimo del trattamento di quiescenza - e precluderebbe, invece, a coloro che avessero raggiunto soltanto il minimo - di rimanere ulteriormente in servizio fino a 70 anni per incrementare la pensione. Ne deriverebbe "una irrazionale discriminazione proprio a danno di chi, trovandosi al limite minimo della sussistenza, stante l'esiguità della quota di pensione raggiunta, avrebbe bisogno di maggiore protezione (art. 35 Cost.) da parte del legislatore al fine di ottenere quegli adeguati mezzi di previdenza previsti dall'art. 38, secondo comma, Cost.".

3. - Le disposizioni di cui al secondo e terzo comma dell'art. 15 della legge n. 477 del 1973 costituiscono un regime transitorio: poiché, infatti, anteriormente alla legge de qua i professori delle scuole secondarie venivano collocati a riposo a 70 anni, il legislatore, nel momento in cui abbassava il limite di età a 65 anni, ha ritenuto, dettando i due surriportati commi, di disciplinare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina. Ora, al riguardo, va preliminarmente ricordato che, secondo un parere espresso dal Consiglio di Stato, le due disposizioni impugnate dovrebbero intendersi nel senso che i loro destinatari, una volta maturata l'anzianità necessaria e sufficiente per conseguire, a seconda dei casi, il maximum o il minimam della pensione, cessano dal servizio. Senonché il TAR della Calabria, disattendendo l'avviso del supremo organo consultivo ed assumendo il secondo comma come tertium comparationis, ha ritenuto che il prolungamento del servizio sino al compimento del 70 anno di età si applicherebbe solo ad avvenuta maturazione dell'anzianità prevista per conseguire il massimo della pensione, non anche di quella prevista per conseguire il minimo.

4. - Così intesa la disciplina in esame, la questione é fondata.

Le situazioni dei professori contemplati nei due impugnati commi sono oggettivamente identiche in quanto la legislazione anteriore disponeva per tutti gli insegnanti delle scuole secondarie il collocamento a riposo alla medesima età. Di conseguenza, il riconoscimento in via transitoria del beneficio di rimanere in servizio sino a 70 anni non più a tutti, bensì soltanto ad alcuni - come appunto opina il giudice a quo - crea nell'ambito del personale insegnante una discriminazione. E non può certo dirsi che questa si giustifichi con l'affermazione - la quale, anzi, ne é una conferma - dell'Avvocatura dello Stato, secondo cui il legislatore, "trovandosi a disciplinare situazioni obiettivamente diverse", avrebbe "perseguito obiettivi diversi", quali sarebbero, per un verso, il "raggiungimento del minimo" e, per altro verso, il "raggiungimento del massimo". Derivando pertanto l'asserita disparità di trattamento dalla precisazione, contenuta nel terzo comma, che la disposizione di cui al secondo comma si applica "fino al conseguimento dell'anzianità minima per la quiescenza", ritiene questa Corte che la situazione di eguaglianza si ripristini eliminando la suddetta precisazione e così equiparando le due ipotesi normative.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 15, terzo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477 (delega al Governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare. secondaria e artistica dello Stato), limitatamente alle parole "fino al conseguimento dell'anzianità minima per la quiescenza".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1986.

 

Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA

 

Depositata in cancelleria il 24 luglio 1986.