Sentenza n. 131 del 1986

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SENTENZA N. 131

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente 

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL’ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 11 legge 3 agosto 1978, n. 405 ("Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto e disposizioni sull'azione civile in seguito ad amnistia") e degli artt. 163, 166 e 167 c.p., promossi con ordinanze emesse il 4 settembre 1978 dal Tribunale di Aosta (n. 2 ordd.), il 18 ottobre 1978 dal Tribunale di Padova, il 4 dicembre 1978 dal Tribunale di Monza, iscritte rispettivamente ai nn. 622, 623, 663 del registro ordinanze 1978 ed al n. 434 del registro ordinanze 1979 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 52, 59 e 203 del 1979.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1985 il Giudice relatore Renato Dell'Andro.

Ritenuto in fatto

1. - Con due ordinanze del 4 settembre 1978, il Tribunale di Aosta ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 79 e 104 Cost., dell'art. 11 della legge 3 agosto 1978, n. 405 ("Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto e disposizioni sull'azione civile in seguito all'amnistia"), nella parte in cui prevede - per i casi in cui non si applica l'amnistia - la revoca della sospensione della patente di guida inflitta con provvedimento giurisdizionale.

Osserva il Tribunale di Aosta che, costituendo la sospensione della patente una sanzione penale atipica, e non una sanzione amministrativa, la sua revoca avrebbe potuto essere disposta, ai sensi dell'art. 79 Cost., soltanto dal Presidente della Repubblica su legge di delegazione delle Camere, e non da una legge ordinaria. Se invece si volesse ritenere che si tratti di una sanzione amministrativa, essendo stata essa comunque disposta con un provvedimento giurisdizionale, e cioé con una sentenza penale passata in giudicato, la sua revoca costituirebbe una intromissione del potere legislativo nei confronti del potere giudiziario, con conseguente violazione del principio dell'autonomia ed indipendenza della magistratura di cui all'art. 104 Cost..

Ritiene infatti il giudice a quo, che la disposizione impugnata debba essere interpretata nel senso che, qualora non sia applicabile l'amnistia, la durata della sospensione della patente va ridotta nella stessa misura dell'indulto "applicato in concreto", il che porta - nei casi di particolare lievità in cui la pena principale é determinata in meno di sei mesi, in misura cioé inferiore alla durata minima della sospensione della patente - alla sopravvivenza parziale di tale sospensione, che invece viene revocata completamente nei casi di maggiore gravità in cui la durata della reclusione sia uguale o maggiore della durata della sospensione della patente. La norma pertanto contrasterebbe con l'art. 3 Cost., stante l'evidente ingiustizia verso i colpevoli di delitti concretamente meno gravi rispetto ai colpevoli di delitti concretamente più gravi.

Le ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, deducendo l'infondatezza delle questioni.

Osserva innanzitutto l'Avvocatura che non sussiste la pretesa violazione dell'art. 79 Cost.: ed infatti, poiché, la sospensione della patente di guida deve considerarsi, secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, una "sanzione criminale atipica, riconducibile nella categoria degli effetti penali della condanna", e poiché ai sensi della seconda parte del primo comma dell'art. 174 cod. pen., l'indulto non estingue le pene accessorie, salvo che il decreto disponga diversamente, e neppure gli altri effetti penali della condanna, la disciplina degli effetti penali della condanna non può avvenire con provvedimento emesso ai sensi dell'art. 79 Cost., ma deve essere contenuta in un atto di legislazione ordinaria. Né può ritenersi violato l'art. 104 Cost., perché, il fatto che il legislatore disponga la revoca di un effetto penale della condanna, cui provvede in concreto il giudice, non determina alcuna illegittima intromissione del potere legislativo nei confronti del potere giudiziario, che deve provvedere sulla base degli strumenti e delle direttive approntati dal legislatore.

Non sussiste, conclude l'Avvocatura, violazione dell'art. 3 Cost., poiché non é corretta l'interpretazione meramente letterale della disposizione impugnata operata dal giudice a quo. É invero evidente che, proprio al fine di evitare la denunciata irrazionalità, per misura dell'indulto, di cui alla seconda parte dell'art. 11 legge n. 405 del 1978, deve intendersi quella prevista in astratto dalla legge (art. 6, comma primo, legge citata) e non già quella applicata in concreto.

2. - Il Tribunale di Padova, con ordinanza del 18 ottobre 1978, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., degli artt. 163, 166 e 167 cod. pen., nelle parti in cui non prevedono che il beneficio della sospensione condizionale della pena si estenda anche alla sospensione della patente di guida disposta dall'autorità giudiziaria, nel caso di condanna, ai sensi dell'art. 91 cod. stradale.

Ritiene il Tribunale che - costituendo la sospensione della patente una sanzione penale atipica per la quale non trova applicazione, ai sensi degli artt. 163, 166 e 167 cod. pen. la sospensione condizionale della pena - a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 11 della legge 3 agosto 1978, n. 405 si sarebbe verificata una ingiustificata disparità di trattamento fra il soggetto che fruisce della sospensione condizionale della pena ed il soggetto che fruisce dell'indulto (che pure, comportando solo il condono della pena, rappresenta un beneficio assai più limitato della sospensione condizionale della pena, che é causa di estinzione del reato). Il secondo soggetto, infatti, viene in concreto a beneficiare, per effetto del detto art. 11, della revoca della sospensione della patente, di cui invece non può beneficiare il primo soggetto, cosicché il più meritevole (colui al quale é applicabile la sospensione condizionale della pena) viene irrazionalmente svantaggiato rispetto al meno meritevole (colui al quale é applicabile soltanto l'indulto). La questione é poi rilevante perché nella specie l'imputato si trova nella situazione di poter beneficiare della sospensione condizionale della pena, beneficio che, essendo più favorevole, va applicato prioritariamente rispetto all'indulto, al quale pure ovviamente l'imputato avrebbe astrattamente diritto.

Analoga questione é stata sollevata, con ordinanza del 4 dicembre 1978, dal Tribunale di Monza, il quale peraltro denuncia, sempre in riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 11 della legge 3 agosto 1978, n. 405. Rileva il tribunale che tale disposizione ha creato una irragionevole disparità di trattamento a sfavore degli imputati incensurati o che comunque si trovino nelle condizioni per ottenere la sospensione condizionale della pena rispetto agli imputati che (per precedenti penali o per una negativa valutazione della loro personalità) non si trovino in tali condizioni e possono beneficiare dell'indulto, giacché i primi debbono scontare la sanzione atipica della sospensione della patente di guida, che non rientra nell'ambito della sospensione condizionale della pena, mentre i secondi ottengono il condono sia per la pena principale e sia per tale sanzione atipica.

Le ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.

In entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, deducendo l'infondatezza delle questioni.

Osserva l'Avvocatura che inesattamente viene istituito tra sospensione condizionale della pena e indulto un rapporto di "meritevolezza", che invece non trova riscontro nel nostro sistema, in quanto la prevalenza della prima misura, quando entrambe sono applicabili in concreto, non dipende dal merito del condannato, ma da principi di logica comune e dalla natura delle misure stesse, essendo la prima una causa di estinzione del reato e la seconda una causa di estinzione della pena. Le due misure del resto si muovono su piani distinti ed operano diversamente nei confronti delle pene accessorie, che non sono in alcun caso sospese dalla sospensione condizionale, mentre possono essere estinte dall'indulto, se così é disposto nel decreto presidenziale. Accade quindi che il condannato cui sia stata applicata la sospensione condizionale della pena, e che deve scontare la pena accessoria, appaia svantaggiato rispetto al condannato che beneficia dell'indulto, che non deve scontare alcunché, ma lo svantaggio é solo apparente perché per il primo possono maturare le condizioni per l'estinzione del reato, mentre per il secondo il reato non é più cancellabile.

Rileva ancora l'Avvocatura che la diversità di disciplina si ricollega anche alla differenza dei presupposti della sospensione condizionale della pena (che é beneficio di normale applicazione) e dell'indulto (che é oggetto di eccezionale provvedimento di clemenza legato a particolari momenti storici). É quindi logico che al secondo il legislatore attribuisca effetti propri della clemenza del Capo dello Stato, che é invece estranea alla prima, mentre, stante la differenza dei presupposti fra i due benefici, non può comunque parlarsi di irrazionale disparità di trattamento in situazioni uguali.

Considerato in diritto

1. - I giudizi promossi con le quattro ordinanze in epigrafe hanno ad oggetto questioni analoghe o connesse e possono pertanto essere riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - Il Tribunale di Aosta dubita della legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge 3 agosto 1978, n. 405, il quale prescrive che "la sospensione della patente di guida disposta con la sentenza di condanna per un reato colposo é revocata quando per il reato da cui la sospensione dipende si applica l'amnistia. Quando per tale reato si applica l'indulto la durata della sospensione della patente é ridotta della stessa misura dell'indulto". Ritiene, invero, il Tribunale che, poiché la sospensione della patente costituisce una sanzione penale atipica, e non una sanzione amministrativa, la sua revoca debba esser disposta non già da una legge ordinaria bensì soltanto dal Presidente della Repubblica su legge di delegazione delle Camere, ai sensi dell'art. 79 Cost.. Sostiene altresì il predetto Tribunale che, qualora si voglia invece ravvisare nella sospensione della patente una sanzione amministrativa, l'illegittimità sussisterebbe ugualmente perché, trattandosi comunque di misura disposta con provvedimento giurisdizionale (sentenza penale passata in giudicato) la sua revoca costituirebbe pur sempre un'indebita intromissione del potere legislativo nella sfera di attribuzioni conferita al potere giudiziario, con conseguente violazione del principio d'autonomia ed indipendenza della magistratura, di cui all'art. 104 Cost..

Le questioni sono infondate.

Va anzitutto precisato che, da parte del giudice a quo, non si distingue, come invece si dovrebbe, il procedimento attraverso il quale vengono emanati i diversi (nel tempo e nel contenuto) decreti d'amnistia ed indulto dagli effetti che dai benefici stessi derivano; né si precisano i limiti del vincolo che, in tema di speciale procedimento d'emanazione dei predetti decreti, la vigente Costituzione pone alle Camere ed al Presidente della Repubblica.

Prima d'ogni cosa va sottolineato che é da tenersi nettamente distinto l'atto di concessione d'amnistia ed indulto dagli effetti, dalle conseguenze giuridiche, che l'atto stesso in concreto condiziona. Gli istituti dell'amnistia e dell'indulto vengono, infatti, disciplinati da una serie di norme (che s'indicheranno tra breve) che non possono essere modificate dal decreto di concessione fino al punto da far mutare natura e funzione degli istituti stessi. Benché il decreto di cui all'art. 79 Cost. rechi implicita una volontà delle Camere legislative, e cioé della stessa fonte che emana le norme che disciplinano gli istituti in parola, questi ultimi, tutte le volte che si realizzano in concreto, costituiscono pur sempre il prodotto, insieme, delle precitate norme e dell'atto di concessione: il normale processo di causalità giuridica, che fa nascere gli effetti concreti dalle norme anzitutto e dall'atto giuridico poi (di tal che si parla di norma-causa e di atto-condizione degli effetti giuridici) non muta, nella specie, pur se l'atto, contenendo in sé anche una manifestazione di volontà della stessa fonte che, di regola, produce le norme generali, che disciplinano l'amnistia e l'indulto, può talvolta mutare qualcuno degli effetti individuati dalle stesse norme.

L'amnistia e l'indulto sono, infatti, disciplinati, in sede di diritto penale sostanziale, rispettivamente, dagli artt. 151 e 174 c.p., ossia da norme ordinarie, anche se qualcuna delle medesime (v. ad es. l'art. 174, primo comma, codice penale, in ordine alle pene accessorie) prevede la possibilità che il decreto di concessione disponga diversamente, subordinando così, validità (ed efficacia) di alcune delle precitate norme al non diverso disposto del decreto ora indicato. Se, pertanto, la disciplina dei benefici in parola é, di regola, prevista da norme ordinarie, con norme di pari grado la predetta disciplina ben può esser mutata. L'impugnato art. 11 della legge 3 agosto 1978, n. 405 ha, appunto, modificato, in tema di sospensione della patente di guida, la disciplina che, in sua mancanza, si sarebbe applicata, ai sensi degli artt. 151 e 174 codice penale, a seguito di concessione d'amnistia ed indulto.

Le ordinanze di rimessione del Tribunale di Aosta, tuttavia, appunto questo contestano: che con legge ordinaria, e non con il procedimento di cui all'art. 79 Cost., siano state prescritte revoca e riduzione della sospensione della patente di guida (sospensione disposta con la sentenza di condanna). Trattandosi, a parere delle precitate ordinanze, di revoca e riduzione d'una sanzione penale (tale essendo, secondo le stesse ordinanze, la sospensione della patente di guida) non la legge ordinaria bensì il decreto di cui all'art. 79 Cost. avrebbe dovuto disporle.

Un'adeguata risposta alla contestazione in esame va data (non soltanto ribadendo quanto or ora chiarito in ordine alla "regolarità" dell'abrogazione di norme ordinarie attraverso norme di pari grado ma anche) precisando i limiti del vincolo che la vigente Costituzione pone, in tema di speciale procedimento di concessione dei benefici in discussione, alle Camere legislative ed al Presidente della Repubblica.

L'art. 79 Cost. indica, nel primo comma, soltanto il procedimento attraverso il quale devono essere concessi l'amnistia e l'indulto: e null'altro aggiunge in ordine alla disciplina di questi due istituti. Tuttavia, il secondo comma dello stesso articolo prescrive che i benefici di cui al primo comma non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla proposta di delegazione. Da ciò si desume che la legge di delegazione ed il conseguente decreto del Presidente della Repubblica attengono alla scelta dei reati da beneficiare.

Gli artt. 151 e 174 c.p. confermano, peraltro, che il decreto d'amnistia ed indulto, riguardando essenzialmente la scelta dei reati da beneficiare, non decide, di regola, sulle conseguenze che, in ordine ai reati "scelti", si producono sulle vicende giuridiche relative alle sanzioni od agli effetti penali della condanna. Sono norme ordinarie, é il sistema che decide, di regola, in ordine alle vicende stesse. A, infatti, l'art. 151 c.p. che dichiara: "l'amnistia estingue il reato, e, se vi é stata condanna, fa cessare l'esecuzione della condanna e le pene accessorie"; e che continua disponendo che "nel concorso di più reati, l'amnistia si applica ai singoli reati per i quali é conceduta". E per l'indulto, causa d'estinzione della pena (così, almeno, il vigente codice penale lo qualifica, includendo l'art. 174 c.p. nel Capo II, intitolato "dell'estinzione della pena") é lo stesso art. 174 c.p. che, dando per scontato che l'indulto produce, per sé, l'estinzione delle sole pene principali (e cioé che la scelta dei reati, alle pene principali dei quali l'indulto si riferisce, non riguarda le pene accessorie e gli effetti penali della condanna) prescrive che le pene accessorie non s'estinguono, non seguono cioé l'estinzione delle pene principali (salvo che il decreto disponga diversamente) e che neppure s'estinguono gli effetti penali della condanna.

Sono, dunque, leggi ordinarie che prescrivono gli effetti che, normalmente, si verificano a seguito dell'emanazione del decreto di cui all'art. 79 Cost., quest'ultimo attenendo essenzialmente al processo formativo dello stesso decreto e non agli effetti che leggi ordinarie prescrivono si verifichino con l'emanazione dell'atto in parola.

Ove si chiarisse che le formule "causa d'estinzione del reato" e "causa d'estinzione della pena" (a parte le molteplici e gravi questioni dogmatiche che le stesse formule sollevano: non si può, invero, incidere sul reato o sulla pena senza prima incidere sulle norme o sugli effetti tipici che queste producono) si manifestano generiche ed improprie quando non si distinguano le diverse specie di conseguenze, penali "e non", del reato (pene principali, accessorie, effetti penali ecc.); ove si precisasse, convenientemente, che l'amnistia impropria estingue le pene principali ed accessorie ma non gli effetti penali della condanna e che l'indulto estingue o commuta le sole pene principali, non le pene accessorie (salvo che il decreto di concessione disponga diversamente) e neppure gli altri effetti penali della condanna; ed ove si sottolineasse che ciò é determinato dal complesso delle leggi ordinarie attualmente vigenti, e non dall'art. 79 Cost.; s'intenderebbe appieno che quest'ultimo articolo vincola Camere legislative e Presidente della Repubblica, allorché intendano emanare i benefici in parola, a scegliere, attraverso la realizzazione del procedimento di cui allo stesso articolo, i reati da amnistiare ed i reati alle cui pene principali applicare l'indulto; e s'intenderebbe altresì appieno che tutte le conseguenze (anche quelle relative alle stesse pene principali) del decreto di concessione rimangono definite, almeno di regola, da leggi ordinarie.

L'esame del dibattito svoltosi in sede d'Assemblea costituente, dibattito durante il quale si é ampiamente discusso sull'opportunità d'affidare al Governo od al Presidente della Repubblica ed alle Camere, riunite o meno, il potere d'amnistia ed indulto (cfr., ad es., i verbali delle sedute conclusive dell'Assemblea plenaria del 20 e 21 ottobre 1947) ma non certo sulle questioni relative agli effetti dei benefici stessi, nonché l'esame delle dispute dottrinali sull'interpretazione dell'art. 79 Cost., inducono a concludere, in maniera sicura, che il primo comma dell'art. 79 mira a garantire la più oculata, ampiamente discussa ed istituzionalmente autorevole scelta così del tempo d'emanazione dei benefici come dei reati da beneficiare e non altro. Lontane certamente dai dibattiti indicati e dalle determinazioni di cui all'art. 79 Cost. sono, pertanto, finalità relative a mutamenti delle consolidate norme che disciplinano gli istituti più volte citati. Nessuno ha mai pensato di vincolare Camere legislative e Presidente della Repubblica a provvedere, di volta in volta, oltreché alla scelta dei reati da beneficiare anche all'analitica precisazione delle conseguenze che il decreto determina sulle singole e diverse vicende (esecutive e non) dei reati beneficiati.

L'amnistia, a prescindere dal disposto di cui all'art. 79 Cost., rimane causa d'estinzione del reato (ossia della punibilità astratta o concreta) nel senso che travolge le pene principali e le pene accessorie (ai sensi dell'art. 151 c.p.) dei reati beneficiati (se vi é stata condanna non estingue gli effetti penali della medesima) mentre l'indulto rimane causa d'estinzione della pena, con le conseguenze, in ordine ai reati coperti dal beneficio, di cui all'art. 174 c.p.. Né l'art. 79 Cost. ha mai preteso che i decreti di concessione dei benefici in esame risolvano le dibattute questioni attinenti, ad es., agli effetti, penali e non, dei reati di volta in volta beneficiati.

In conseguenza di tutto quanto osservato, quale che sia la qualificazione penale che si attribuisca alla sospensione della patente di guida, disposta con sentenza di condanna, non può ravvisarsi alcun vincolo, costituzionalmente determinato, di provvedere soltanto attraverso il procedimento di cui all'articolo 79 Cost., alla revoca o riduzione, a seguito di concessione d'amnistia ed indulto, della sospensione della patente di guida (disposta con la sentenza di condanna) per i reati beneficiati.

Non é chiamata la Corte, in questa sede, a stabilire la legittimità costituzionale d'un singolo decreto d'amnistia ed indulto, che eventualmente provveda a specificare quanto stabilito dall'art. 11 della legge n. 405 del 1978: quand'anche si ritenesse costituzionalmente legittima tale specificazione, certo é che i soggetti competenti a concedere i benefici in discussione non sono, in alcun modo, costituzionalmente vincolati ad includere nel decreto di cui all'art. 79 Cost., (ai fini della loro validità) revoca o riduzione, a seguito d'amnistia od indulto, della precitata sospensione della patente di guida.

Correttamente, pertanto, da questi profili, l'art.11 della legge n. 405 del 1978 haprovveduto a modificare gli artt. 151 e 174 c.p..

Conferma ulteriore dei risultati raggiunti si ha ricordando che in dottrina sono state prospettate tesi diverse in ordine alla natura giuridica della sospensione e della revoca giudiziali della patente di guida: é noto, infatti, che é stato sostenuto che le predette sospensioni e revoca costituiscano pene principali, misure di sicurezza, provvedimenti formalmente giurisdizionali ma sostanzialmente amministrativi (al pari degli analoghi provvedimenti del prefetto), pene accessorie ovvero sanzioni criminali atipiche rientranti nella categoria generale degli effetti penali della condanna. Ed é altrettanto noto che quest'ultima é la tesi assolutamente prevalente nella giurisprudenza della Corte di Cassazione: questa, infatti (ad eccezione di alcune rarissime adesioni alle tesi della pena accessoria o della sanzione amministrativa) ha costantemente affermato che le dette misure non vanno considerate pene principali, accessorie, misure di sicurezza o sanzioni amministrative ma vanno appunto assegnate, come sanzioni penali atipiche, alla vasta categoria degli effetti penali della condanna. Da tale qualificazione alcune pronunzie della Cassazione hanno fatto derivare che alle sanzioni stesse non é applicabile l'indulto in forza del chiaro enunciato della seconda parte del primo comma del più volte citato art. 174 cod. pen., per il quale l'indulto "non estingue ... neppure gli altri effetti penali della condanna".

Non ha gran rilievo in questa sede discutere e decidere sulla natura giuridica della sospensione della patente di guida disposta dall'Autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 91 cod. strad.: qui é da rilevare esclusivamente che il legislatore ordinario del 1978 ha evidentemente tenuto conto dell'indirizzo da sempre adottato dalla giurisprudenza quasi unanime e che, di conseguenza, intendendo estendere la portata del provvedimento di clemenza del 1978 e di tutti gli emanandi provvedimenti di clemenza ad una misura generalmente inquadrata fra gli effetti penali della condanna, ha correttamente, con l'art. 11 della legge n. 405 del 1978, provveduto alla modifica degli artt. 151 e 174 c.p..

3. - Anche la questione, posta in via subordinata, che ha per oggetto l'art. 11 della legge 3 agosto 1978, n. 405, in riferimento all'art. 104 Cost., sollevata dalle ordinanze di rimessione del Tribunale di Aosta, va respinta.

Si sostiene nelle predette ordinanze che, ove non si ravvisi nella sospensione della patente di guida a seguito di condanna, una sanzione penale bensì una sanzione amministrativa, la medesima, essendo disposta con provvedimento giurisdizionale, non potrebbe essere revocata da una legge: questa, infatti, realizzerebbe un'indebita intromissione del potere legislativo nel giudiziario, in violazione dell'art. 104 Cost..

Di contro, vale anzitutto osservare che, quand'anche il legislatore, con l'art. 11 della legge n. 405 del 1978, avesse concesso un condono (autonomo) di sanzione amministrativa, non sarebbe incorso in alcuna illegittimità. Il potere di clemenza può concernere qualunque tipo di sanzione e pertanto anche sanzioni amministrative. Non dovendosi, peraltro, applicare alle concessioni di condoni per queste ultime (come, del resto, si riteneva già sotto il vigore dello Statuto albertino) le procedure previste per l'esplicazione del potere di clemenza in materia penale (non dovendosi, pertanto, nella specie, ricorrere alla disciplina dettata dall'art. 79 Cost.) il legislatore ordinario, anche nell'ipotesi profilata, sarebbe stato competente ad emanare l'atto di concessione del predetto beneficio, provenendo quest'ultimo dalla stessa fonte abilitata a disciplinare l'efficacia dei provvedimenti sanzionatori in materia amministrativa.

Ma l'art. 11 della legge n. 405 del 1978 non costituisce autonomo condono di sanzione amministrativa. Esso presuppone già attuata la scelta dei reati da amnistiare e dei reati le cui pene sono da estinguere a seguito di indulto; suppone, in altre parole, già validamente realizzato il procedimento di cui all'art. 79 Cost.; e si limita a disporre che un effetto penale (od una sanzione penale accessoria, se così dovesse ritenersi) della sentenza di condanna (appunto la sospensione della patente di guida) per un reato coperto da uno dei benefici in discussione venga revocato o ridotto nella durata. Non solo, dunque, non é la legge in esame che sceglie i reati da beneficiare ma non é neppur essa che dispone concessione alcuna: é il Presidente della Repubblica, che, su legge di delegazione delle Camere, concede l'amnistia e l'indulto; la legge qui in esame dispone soltanto che uno degli effetti (in senso generico) delle condanne per i reati beneficiati venga meno.

Ne và dimenticato che, essendo i reati, per i quali l'art. 91 del Codice della strada prevede si disponga la sospensione della patente di guida, connessi alla circolazione stradale, sarebbe davvero incoerente che il reato colposo a seguito del quale é stata disposta, con la condanna, la sospensione della patente di guida venga amnistiato o coperto da indulto mentre la predetta sospensione rimanga in vita fino allo spirare del termine determinato in sentenza per l'espiazione dell'intera pena; ciò significherebbe, peraltro, concentrare in un effetto penale (od in una pena accessoria) tutto il carico afflittivo (ed ognun sa quanto sia pesante quest'ultimo, soprattutto nei casi di necessità, di lavoro ecc., relativamente alla sospensione della patente di guida) della pena principale che contemporaneamente viene amnistiata o coperta da indulto. É appunto la natura del mezzo di circolazione stradale e l'importanza del medesimo, nel tempo presente, che convincono anche della coerenza del disposto di cui all'art. 11 della legge n. 405 del 1978. Il quale, in ogni caso, non viola l'art. 104 Cost., non riuscendosi a stabilire sotto quale profilo una norma di deroga ad alcune parti di disposizioni penali (gli artt. 151 e 174 c.p.) possa costituire "intromissione" del potere legislativo nei confronti del potere giudiziario e, conseguentemente, violare gli invocati principi d'autonomia ed indipendenza dell'ordine giudiziario.

4. - Il Tribunale di Aosta dubita altresì che la disposizione impugnata sia in contrasto con l'art. 3 Cost. a causa dell'ingiustificata disparità di trattamento che essa determinerebbe in danno di colpevoli di delitti meno gravi rispetto ai colpevoli di delitti più gravi: la disposizione stessa, infatti, dovrebbe, secondo il predetto Tribunale, essere interpretata nel senso che, qualora non si applichi l'amnistia ma l'indulto, la durata della sospensione della patente di guida vada ridotta nella stessa misura dell'indulto "applicato in concreto". Da ciò deriverebbe, secondo il giudice "a quo", che nei casi di maggiore gravità, ossia nei casi in cui la durata della reclusione sia stata fissata in misura uguale o maggiore della durata della sospensione della patente di guida, quest'ultima sanzione sarebbe completamente revocata mentre nei casi di particolare lievità nei quali la pena principale sia stata determinata in meno di sei mesi (in misura cioé inferiore alla durata minima della sospensione della patente) la sanzione atipica sopravviverebbe parzialmente.

Anche questa questione é infondata.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha, infatti, costantemente disatteso l'interpretazione della disposizione impugnata sulla quale si fondano le ordinanze di rimessione ed adottato, al contrario, appunto l'interpretazione adeguatrice che il Tribunale di Aosta ha ritenuto non poter seguire. É stato invero ripetutamente sottolineato come il collegamento con la pena irrogata in concreto, al fine di determinare l'entità della durata della sospensione della patente di guida, da ridurre in conseguenza dell'applicazione dell'indulto, si tradurrebbe nell'adozione d'un criterio del tutto illogico e contrastante con il sistema. Si verrebbe, infatti, a realizzare l'assurda conseguenza di privilegiare il condannato a pena principale più lunga, giacché nei confronti del medesimo verrebbe ridotta, almeno per sei mesi, la sospensione della patente di guida mentre nei confronti del condannato a pena "ridotta" potrebbe essere condonato solo lo spezzone di durata della sospensione della patente correlato alla pena irrogata e quindi condonata. Si premierebbe così colui che, per la maggiore responsabilità nel fatto delittuoso o per caratteristiche personali socialmente più allarmanti, ha meritato una sanzione penale più pesante e si penalizzerebbe invece il soggetto più meritevole di particolari benefici per la sua minore responsabilità nel fatto o per meno censurabili caratteristiche di personalità. Non solo, quindi, si realizzerebbe un'evidente disparità di trattamento tra situazioni identiche, senza alcuna giustificazione e contro ogni criterio di ragionevolezza, ma si verrebbe a sancire un trattamento deteriore per il soggetto più meritevole del beneficio.

Sulla base di queste considerazioni, la giurisprudenza ha affermato non esservi dubbio che, nel ricercare il significato della disposizione impugnata, debba esser privilegiato il criterio logico e sistematico, i cui risultati peraltro non sono contraddetti dall'elemento puramente letterale, e che pertanto l'unica interpretazione corretta é appunto quella secondo la quale la locuzione "si applica l'indulto", contenuta nella seconda parte dell'art. 11 della più volte citata legge n. 405 del 1978 dev'essere interpretata come equivalente a "é applicabile" o "può applicarsi". Da ciò consegue che la durata della sospensione della patente deve essere ridotta nella misura in cui l'indulto é astrattamente applicabile, tenuto conto delle eventuali limitazioni che derivano dal titolo del reato o dalle condizioni soggettive del colpevole, a nulla rilevando che in concreto esso sia stato applicato in misura più esigua per essere stata inflitta (o addirittura per essere comminata dalla legge) una pena inferiore al limite applicabilità dell'indulto. La norma vigente nell'ordinamento, pertanto, é ben diversa da quella ritenuta dal giudice a quo, e rispetto ad essa non si prospetta, ovviamente, il vizio di costituzionalità ipotizzato dal Tribunale di Aosta.

5. - Del pari infondate sono le questioni sollevate dal Tribunale di Padova e dal Tribunale di Monza. Il primo ritiene che gli artt. 163, 166 e 167 codice penale, nelle parti in cui non prevedono che il beneficio della sospensione condizionale della pena s'estenda anche alla sospensione della patente di guida (disposta ai sensi dell'art. 91 codice stradale dall'autorità giudiziaria con la sentenza di condanna) contrastino con l'art. 3 Cost.: i precitati articoli del codice penale determinerebbero un'ingiustificata discriminazione in danno dei soggetti che, meritevoli d'usufruire della sospensione condizionale della pena, non potrebbero beneficiare della riduzione della sospensione della patente di guida mentre privilegerebbero i soggetti meno meritevoli, i quali, non potendo fruire della sospensione condizionale della pena, ma potendo godere dell'indulto, verrebbero, in concreto, a beneficiare anche dell'eliminazione o della riduzione della sospensione della predetta patente. Il Tribunale di Monza denuncia invece, sempre per contrasto con l'art. 3 Cost., l'art. 11 della legge 3 agosto 1978, n. 405, rilevando che questa disposizione, prevedendo la riduzione della durata della sospensione della patente solo allorché é applicato l'indulto, determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento in danno dei soggetti più meritevoli che, nel beneficiare della sospensione condizionale della pena principale e non dell'indulto, non possono di conseguenza godere della riduzione della sospensione della patente.

Senonché, anche in questo caso, l'interpretazione da cui muovono le ordinanze di rimessione é stata costantemente disattesa dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, pur se questa ha oscillato tra due distinti indirizzi, che tuttavia conducono, per quanto in questa sede interessa, ad identico risultato. Secondo un primo orientamento, gli effetti della sospensione condizionale della pena e quelli del condono sarebbero diversi tra loro e non contrastanti, e pertanto non vi sarebbe incompatibilità tra l'applicazione dell'una e dell'altra causa estintiva, nel momento in cui ciascuna di esse interviene. Di conseguenza, la pena, la cui applicazione sia stata sospesa, deve essere anche condonata qualora dall'applicazione dell'indulto derivi al condannato l'ulteriore beneficio dell'eliminazione della sospensione della patente di guida. Per un secondo orientamento, invece, per la concessione del beneficio di cui all'art. 11 della legge n. 405 del 1978, non avrebbe importanza il fatto che l'indulto non sia applicato, per essere stato concesso il beneficio più favorevole della sospensione condizionale della pena: la concreta applicazione dell'indulto alla pena principale condizionalmente sospesa, infatti, non costituirebbe presupposto necessario ed indispensabile per l'applicazione dell'eliminazione o della riduzione della sospensione della patente di guida: a tal fine sarebbe, al contrario, sufficiente la potenziale ed astratta applicabilità del condono stesso al reato ritenuto in sentenza.

Entrambi questi indirizzi, pertanto, comportano che anche i soggetti che beneficiano della sospensione condizionale della pena principale possano in concreto, comunque, godere dell'eliminazione o della riduzione della sospensione della patente di guida, di cui all'art. 11 della legge n. 405 del 1978. Ouest'ultimo articolo, in conclusione, non viola alcuna delle disposizioni costituzionali invocate dalle ordinanze di rimessione; né gli artt. 163, 166 e 167 c.p. violano, sotto il profilo prospettato, l'art. 3 Cost..

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 11 legge 3 agosto 1978, n. 405 e degli artt. l63, 166 e 167 codice penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 79 e 104 Cost., dai Tribunali di Aosta, Padova e Monza con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 1986.

 

Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO

 

Depositata in cancelleria il 9 giugno 1986.