Sentenza n.37 del 1986

 

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SENTENZA N. 37

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL’ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 51 del codice di procedura civile promosso con ordinanza emessa il 21 novembre 1979 dal Pretore di Brescia nel procedimento civile vertente tra Affronto Maria Antonietta ed altri e la Cassa Nazionale di previdenza e assistenza geometri iscritta al n. 16 del registro ordinanze 80 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 78 dell'anno 1980

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 gennaio 1986 il Giudice relatore Virgilio Andrioli.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza resa il 21 novembre 1979 (notificata il 28 e comunicata il 6 dicembre successivi; pubblicata nella G. U. n. 78 del 19 marzo 1980 e iscritta al n. 16 R.O. 1980) nel procedimento civile tra Affronto Maria Antonietta e altri e Cassa Nazionale di previdenza e assistenza geometri, l'adito Pretore del lavoro di Brescia ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale dell'art. 51 c.p.c. nella parte in cui da un lato impone al giudice obbligo di astenersi quando il proprio coniuge sia parente fino al quarto grado di una delle parti o di alcuno dei difensori, dall'altro non prevede astensione del giudice che delle parti o di alcuno dei difensori sia affine in grado superiore al primo, quando la affinità sia acquisita attraverso fratelli o sorelle, per contrasto con l'art. 3 comma terzo Cost..

2.1. - Avanti la Corte nessuna delle parti del giudizio di merito si é costituita; ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato il 4 aprile 1980, con il quale l'Avvocatura generale dello Stato ha argomentato e concluso per la infondatezza della proposta questione.

2.2. - La trattazione dell'incidente é stata assegnata ad adunanza della Corte in camera di consiglio, dapprima sotto la data del 20 novembre 1985 (rel. Paladin) e poi sotto la data del 22 gennaio 1986 (rel. Andrioli).

Considerato in diritto

3.1. - Si apprende dalla ordinanza di rimessione che "il caso di specie é caratterizzato dalla astensione attuata ai sensi del n. 2 del primo comma dell'art. 51 c.p.c. da un magistrato moglie di soggetto cugino, e quindi parente di quarto grado, del difensore di una parte; e dalla assegnazione del processo all'altro giudice della sezione lavoro, sorella della moglie del difensore dell'altra parte, che non ritiene di ricorrere al capo dell'ufficio ai sensi del secondo comma dello stesso art. 51 in quanto, in altre occasioni analoghe presentatesi quando nell'ufficio vi era un solo giudice del lavoro, la richiesta di autorizzazione ad astenersi é stata respinta con la motivazione che nel rapporto di affinità non erano ravvisabili i "gravi motivi" previsti dalla norma citata e che comunque non vi era altro giudice cui affidare la causa".

Ha proseguito il Pretore di Brescia con rilevare che a seguito della presenza di donne magistrato deve nell'art. 51 interpretarsi la parola "moglie", contenuta nel n. 2 del primo comma, come "coniuge", che "La norma, che considerava esclusivamente i rapporti di affinità acquisiti al magistrato attraverso la moglie e non attraverso fratelli e sorelle, corrispondeva ad una concezione della famiglia del giudice caratterizzata dalla presenza di consorte casalinga dedita ad intrallazzi, opprimente, portata ad imporre al marito la propria famiglia e addirittura la protezione degli interessi dei propri parenti in qualche modo coinvolti in processi sui quali dovesse giudicare il marito suo succube, altrimenti non propenso a subire interferenze nella propria funzione quando da affini per parte propria provenissero" "che, in ogni caso, la presenza di donne magistrato e la conseguente lettura della parola "moglie" come "coniuge" rende assurdo il diverso trattamento riservato agli affini diversi per acquisizione dall'art. 51, giustificabile solo a costo di estendere analogicamente al marito della donna giudice quella propensione alla imposizione dei propri familiari e alla invadenza che il legislatore di un tempo ha considerato caratteristica essenziale della moglie".

3.2. - Conclusione della riprodotta motivazione e ad un tempo motivazione della proposta questione di costituzionalità: "Si ravvisa in tale situazione ingiustificato disparità di trattamento, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, di specie eguali, eguale dovendosi intendere la posizione di un magistrato rispetto ai propri affini in secondo grado, comunque acquisiti, posizione considerata invece in modo diverso dal legislatore, che impone astensione al giudice non solo nel caso in cui parte o difensore sia fratello o sorella del coniuge, ma addirittura quando essi siano del coniuge parenti fino al quarto grado, e nulla prevede per il caso di affinità in secondo grado acquisita attraverso il proprio fratello o sorella".

Tale infine la valutazione di rilevanza: "La questione proposta é rilevante ai fini della decisione dipendendo da essa la possibilità di astensione di questo giudice, nonché la possibilità di decisione da parte del primo magistrato cui la causa era stata assegnata una prima volta, e sia assegnata una seconda in conseguenza di eventuale pronuncia che, al fine di attuare identica disciplina di casi eguali, limiti l'obbligo di astenersi in cause le cui parti o difensori siano parenti del coniuge".

4. - La questione sottoposta all'esame di questa Corte scaturisce dalla abrogazione dell'art. 8 n. 1 dell'Ordinamento giudiziario 30 gennaio 1941, n. 12 - il quale prescriveva che per l'ammissione a funzioni giudiziarie é necessario essere (non solo cittadini italiani ma anche) di sesso maschile - sancita dall'art. 11. 9 febbraio 1963 n. 66, che aprì alla donna l'accesso a tutte le cariche e professioni pubbliche ivi compresa la magistratura. Abrogazione che, se esige di leggere nell'art. 51 n. 2 "coniuge" in luogo di "moglie", consiglia di identificare le situazioni di affinità rispetto alla donna (ed allo stesso uomo) magistrato che, per rispetto all'art. 3 comma primo Cost., giustificano obbligo di astensione a carico del magistrato che ne é fatto segno.

Senonché il compito non lieve di colmare la lacuna non può essere espletato da questa Corte perché comporta valutazioni di discrezionalità riservate al legislatore. Intervento del legislatore che la Corte, nel dichiarare l'inammissibilità dell'incidente, auspica perché l'art. 51 comma secondo c.p.c., che il Pretore di Brescia non ha comunque sospettato d'incostituzionalità, non é idoneo alla bisogna.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 51 comma primo n. 2 c.p.c., sollevata in riferimento all'art. 3 comma primo Cost., con ordinanza 21 novembre 1979 del Pretore del lavoro di Brescia (n. 16 R.O. 1980).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 1986.

 

Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO - Gabriele PESCATORE

 

Depositata in cancelleria il 3 febbraio 1986.