Sentenza n.5 del 1986

 

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SENTENZA N. 5

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv Albero MALAGUGINI

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL’ANDRO,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 55, terzo comma, della legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra); artt. 12 della legge 9 novembre 1961 n. 1240, e 42, secondo, terzo e quarto comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra), promosso con ordinanza emessa il 19 gennaio 1978 dalla Corte dei Conti sul ricorso proposto da Alberti Teresa, iscritta al n. 607 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45 dell'anno 1979.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1985 il Giudice relatore Oronzo Reale.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento per ottenere la pensione di guerra promosso dalla signorina Teresa Alberti, la Corte dei Conti ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 55, terzo comma, della legge 10 agosto 1950, n. 648, 12 della legge 9 novembre 1961, n. 1240, e 42, secondo, terzo e quarto comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, nella parte in cui dette norme condizionano al solo fatto del rilascio della procura per la celebrazione del matrimonio e non anche alla esistenza di altri documenti certi, l'assimilazione alla vedova di guerra, ai soli effetti pensionistici, della donna che non abbia potuto contrarre matrimonio per la morte, a causa della guerra, del militare o civile.

Nel caso di specie, si tratta di una donna che avrebbe dovuto contrarre matrimonio con un ufficiale di marina nel luglio 1940; era stato ottenuto nel maggio il " regio assentimento ", e nel giugno erano state chieste ed ottenute le prescritte pubblicazioni. Il 29 giugno del 1940 il tenente di vascello Giorgio Riccomini cadeva durante un volo di ricognizione in mare.

Nel procedere ad un'analisi comparativa delle situazioni in cui il complesso normativa surricordato assimila, ai fini pensionistici, alla vedova di guerra la donna che avrebbe dovuto contrarre matrimonio con un soggetto perito per causa di guerra, emerge che il caso é solo quello del rilascio di una procura al matrimonio, se si eccettua l'altro, attinente a diverse ragioni, di una previa convivenza.

Rileva il Collegio che la ratio della normativa de qua risiederebbe nel dar valore ad elementi precisi, validi e concordanti che attestino univocamente della volontà di contrarre matrimonio; se così é non si spiega perché si sia dato esclusivo rilievo alla procura, che é atto che non potrebbe avere alcuna ragione d'essere nel caso di persone che intendessero contrarre il matrimonio personalmente, e non ad altre manifestazioni di volontà altrettanto indicative al riguardo, quali quelle riscontrate nella presente fattispecie.

In una disciplina quale é l'attuale, si verserebbe perciò in una ipotesi di irragionevolezza ingiustificato perché sarebbero considerate diverse condizioni soggettive che tali obiettivamente non sono, con conseguente arbitrarietà di un trattamento che si risolve in concreta, assoluta disparità. Ciò si evidenzierebbe anche con maggiore risalto se si ha riguardo al fatto che la procura é sempre revocabile fino a che il matrimonio non sia celebrato.

In punto di rilevanza la questione é adeguatamente motivata.

Spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato e chiedeva che la proposta questione fosse dichiarata non fondata.

Premesso che solo l'irrazionale disparità di trattamento può condurre ad una pronuncia di incostituzionalità, si rileva che nel caso che ne occupa non appare irragionevole l'aver differenziato il caso di rilascio di procura a contrarre matrimonio, che costituisce una esplicita manifestazione di volontà, in grado di operare immediatamente, non appena si incontri con la volontà dell'altra parte, i cui effetti possono essere impediti unicamente da un atto formale contrario, dalle altre ipotesi (pubblicazioni e simili) caratterizzate dal fatto che anche la semplice inerzia potrebbe togliere ad esse qualsiasi significato.

Si evidenzia ancora che ove, ai fini dell'assimilazione allo stato di vedovanza, si desse validità probativa anche a qualunque altro tipo di documento, attestante un intendimento, più o meno generico, a contrarre matrimonio, la portata della previsione normativa verrebbe ad ampliarsi notevolmente, e si incentiverebbe così la creazione di irreali situazioni atte ad ingenerare difficoltà di applicazione e ad alterare la realtà dei rapporti familiari.

Considerato in diritto

1. - La Corte dei Conti era chiamata a decidere sulla domanda di pensione di guerra di una donna il cui fidanzato, tenente di vascello col quale avrebbe dovuto contrarre matrimonio nel luglio 1940, tanto che, premesso il " regio assentimento ", gli sposi avevano chiesto e ottenuto le prescritte pubblicazioni, era deceduto in azione di guerra il 29 giugno 1940. La istante chiedeva agli effetti pensionistici la sua equiparazione a vedova di guerra in virtù dell'art. 55 della legge 10 agosto 1950, n. 648.

La Corte dei Conti, escludendo che la normativa vigente consentisse l'accoglimcnto della domanda, poiché la richiesta equiparazione poteva essere riconosciuta soltanto quando la morte del militare o del civile a causa di guerra era avvenuta entro tre mesi dalla data della procura da lui rilasciata per la celebrazione del matrimonio, sospetta di incostituzionalità gli artt. -55, terzo comma, della legge 10 agosto 1950, n. 648, 12 della legge 9 novembre 1961, n. 1240 (erroneamente indicata nel dispositivo come legge 18 marzo 1968, n. 313) e 42, secondo, terzo e quarto comma della legge 18 marzo 1968, n. 313, nella parte in cui dette norme " condizionano al solo fatto del rilascio della procura per la celebrazione del matrimonio, e non anco alla esistenza di altri documenti certi, l'assimilazione alla vedova di guerra, ai soli effetti pensionistici, della donna che non abbia potuto contrarre il matrimonio per la morte, a causa della guerra, del militare o civile ".

La rilevanza della questione, entro i limiti della quale va mantenuto il giudizio della Corte, derivava dal fatto che, nella specie, vi era stato da parte del militare morto in guerra non il rilascio della procura, ma la richiesta delle pubblicazioni, regolarmente effettuate.

La Corte deve, dunque, decidere se non sia illegittima la mancata equiparazione, ai ricordati effetti, della richiesta delle pubblicazioni al rilascio della procura.

2. - La questione é fondata.

Non é, intanto, senza significato che il decreto luogotenenziale 27 ottobre 1918, n. 1726, emesso in occasione della prima guerra mondiale (art. 11), considerava " come vedova del militare la donna che non abbia potuto contrarre matrimonio per essere il militare deceduto entro un mese dalla data del mandato di procura o dalla richiesta delle pubblicazioni ". Né é dato rintracciare nei lavori preparatori della legge 10 agosto 1950, n. 648 alcun cenno alle ragioni della esclusione per l'avvenuta richiesta di pubblicazioni dello stesso effetto accordato al rilascio della procura. E lo stesso é a dirsi dei lavori preparatori della legge 9 novembre 1961, n. 1240, che pure provvide a sostituire l'ultimo comma dell'art. 55 della legge n. 648, espungendo, quando la morte del militare o del civile a causa di guerra sia avvenuta entro tre mesi dal " mandato di procura ", la ulteriore condizione che le cause per le quali il matrimonio non fu contratto " non risultino imputabili a volontà delle parti "; nonché dai lavori preparatori della legge n. 313 del 1968 che si limitò a riprodurre testualmente nel secondo e terzo comma dell'art. 42 le disposizioni del penultimo e ultimo comma dell'art. 55 della legge n. 648 del 1950 nel testo modificato dall'art. 12 della legge n. 1240 del 1961.

E non sembra neppure inopportuno ricordare che in un precedente caso la stessa Corte dei Conti aveva fatto richiamo all'intenzione del legislatore per ritenere che l'equiparazione della richiesta di pubblicazioni al rilascio della procura già potesse desumersi in via interpretativa dalla legge vigente.

Ma, indipendentemente dall'indicazione fornita da tali precedenti, la Corte ritiene che nella mancata equiparazione si sostanzi una violazione dell'art. 3 della Costituzione.

3. - L'Avvocatura dello Stato contesta che nel diverso trattamento delle due ipotesi il legislatore abbia toccato i limiti della non ragionevolezza perché " sul piano volitivo le quantità di volontà manifestata nelle due fattispecie non sono coincidenti " e ammonisce che l'equiparazione alla procura di " qualunque altro tipo di documento attestante un intendimento a contrarre matrimonio " creerebbe difficoltà di applicazione con riflessi sul settore della pensionistica ordinaria.

Ma né l'una né l'altra obiezione sono convincenti.

Non la seconda perché l'equiparazione sulla quale la Corte deve decidere, non riguarda qualsiasi tipo di documento generico, ma riguarda soltanto la richiesta di pubblicazioni.

Non la prima perché " sul piano volitivo " la richiesta di pubblicazioni ha un valore quanto meno non inferiore al rilascio della procura.

Che rispetto alle richieste pubblicazioni possa verificarsi, come dice l'Avvocatura, un atto di pentimento, é circostanza che si può verificare anche rispetto al rilascio della procura; in entrambi i casi i nubendi possono pentirsi fino al momento della celebrazione del matrimonio.

E proprio l'avere esattamente riconosciuto, come fa l'Avvocatura, che l'equiparazione alla vedova é fatta dalla legge con riferimento alla volontà espressa nella procura e non alla insussistente eguaglianza di situazioni giuridiche (vedova o equiparata a vedova) colpite dalla morte del militare o del civile avvenuta per causa di guerra, deve condurre a riconoscere che non si può privilegiare come espressione di volontà la procura rispetto alla domanda di pubblicazioni.

Andando in contrario avviso, si incorrerebbe nell'assurdo, rilevato nell'ordinanza di rimessione, di concedere la pensione alla fidanzata in possesso di procura a contrarre matrimonio non celebrato per la successiva morte del militare o del civile a causa della guerra e di negarla alla fidanzata che, adempiute tutte le formalità richieste, fra cui le pubblicazioni, " non poté contrarre matrimonio per la morte del promesso sposo, militare o civile, avvenuta a causa della guerra (bombardamento, mitragliamento, ecc.) la mattina stessa in cui il matrimonio doveva essere celebrato e, al limite, nel corso della cerimonia nuziale ".

Deve, dunque, dichiararsi la illegittimità costituzionale, nella parte in cui non assimilano le pubblicazioni alla procura, degli artt. 55, ultimo comma, della legge n. 648 del 1950 sia nel testo originario sia nel testo modificato dall'art. 12 della legge n. 1240 del 1961, nonché dei commi secondo e terzo dell'art. 42 della legge n. 313 del 1968 e non, invece, del comma quarto dello stesso articolo, pure denunciato di illegittimità costituzionale dal giudice a quo, perché relativo a una preesistente situazione di convivenza dei nubendi, estranea alla fattispecie sottoposta alla Corte.

Essendo poi sopravvenuto il d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra) il quale, all'art. 37 riproduce testualmente i commi secondo e terzo della citata legge n. 313 del 1968, occorre anche a tale disposizione estendere, in virtù dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la pronuncia di illegittimità nei termini sopra indicati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 55, ultimo comma, della legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra) nel testo originario e nel testo modificato dall'art. 12 della legge 9 novembre 1961, n. 1240 (Integrazioni e modificazioni della legislazione delle pensioni di guerra), nonché dell'art. 42, secondo e terzo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra), nella parte in cui non considerano come vedova di guerra la donna che non abbia potuto contrarre matrimonio per la morte del militare o del civile, avvenuta a causa della guerra, anche nel caso che siano state richieste le prescritte pubblicazioni;

b) dichiara, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la illegittimità costituzionale dell'art. 37, commi terzo e quarto del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, nei termini di cui al capo precedente;

e) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 42, quarto comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, sollevata dalla Corte dei Conti con l'ordinanza (n. 607 del reg. ord. 1978) di cui in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 gennaio 1986.

 

Livio PALADIN - Oronzo REALE - Albero MALAGUGINI - Arnaldo MACCARONE - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO

 

Depositata in cancelleria il 14 gennaio 1986.