Sentenza n.371 del 1985

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 371

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 cpv. d.P.R. 19 maggio 1950, n. 327 ("Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna"); art. 2, n. 3 legge Regione Sardegna 7 marzo 1956, n. 37, promosso con ordinanza emessa il 21 marzo 1978 dal T.A.R. per la Sardegna sul ricorso proposto da Musu Mario ed altro c. Regione Autonoma della Sardegna, iscritta al n. 590 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38 dell'anno 1979.

Visto l'atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 novembre 1985 il Giudice relatore Livio Paladin;

udito l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa il 21 marzo 1978, nel procedimento promosso da Musu Mario e Russino Giuseppe per l'annullamento del decreto del Presidente della Giunta regionale sarda n. 289 del 27 ottobre 1976, concernente la disciplina della pesca subacquea e sportiva, il T.A.R. per la Sardegna ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, secondo comma, del d.P.R. 19 maggio 1950, n. 327, e 2 n. 3 della legge regionale 7 marzo 1956, n. 37, "nella parte in cui consentono alla Giunta regionale... di emanare regolamenti in materie attribuite alla competenza del Consiglio regionale".

Il T.A.R. richiama anzitutto la sentenza n. 20 del 1956, con cui questa Corte ha affermato che le norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna sono illegittime ove contrastino con la Costituzione o con lo Statuto stesso. Il giudice a quo rileva quindi che il citato art. 4, secondo comma, contraddice il testuale disposto dell'art. 27 dello Statuto sardo, il quale riserva la potestà legislativa e regolamentare al Consiglio regionale; ed aggiunge che quella norma non trova giustificazione nella logica e nello spirito delle norme di attuazione che, secondo l'art. 56 dello Statuto, avrebbero soltanto la funzione di consentire il passaggio degli uffici e del personale dallo Stato alla Regione e di predisporre una disciplina idonea a rendere operante lo Statuto medesimo, ma non potrebbe arrogarsi la funzione di interpretare le disposizioni statutarie attributive della competenza legislativa e regolamentare.

Quanto all'art. 2 n. 3 della legge regionale n. 37 del 1956, che attribuisce alla Giunta il potere di derogare temporaneamente alle norme regolamentari vigenti e di emanare nuove disposizioni per la disciplina della pesca (in ordine "alla distanza dalla costa, alle modalità d'impiego, ai tempi ed agli strumenti..., qualora per particolari circostanze locali tali deroghe o nuove norme temporanee possano far realizzare un aumento produttivo in una zona senza che ciò porti danno al patrimonio ittico e alle possibilità di altri mestieri ivi esercitati"), la stessa formulazione di esso - prosegue l'ordinanza di rimessione - renderebbe evidente che il Consiglio regionale ha delegificato una buona parte della disciplina in questione, senza peraltro fissare alcun criterio direttivo o limitativo della prevista funzione regolamentare. Pertanto, anche la seconda delle norme impugnate andrebbe considerata in contrasto con l'art. 27 dello Statuto speciale.

2. - In rappresentanza della Regione Sardegna, é intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo nel senso della non fondatezza.

L'Avvocatura fa notare che l'art. 4 del d.P.R. n. 327 del 1950 distingue tra le norme destinate all'integrazione ed all'attuazione di leggi dello Stato, da emanarsi con legge regionale, ed i regolamenti per l'esecuzione di leggi locali, da approvarsi con deliberazione della Giunta. Tale distinzione non sarebbe esclusiva dell'ordinamento sardo, potendosi rinvenire anche nell'art. 12, ultimo comma, dello Statuto della Regione siciliana, negli artt. 6 e 46 dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, negli artt. 44 e 45 dello Statuto per il Trentino-Alto Adige, negli artt. 8 e 32 lett. g) dello Statuto del Veneto, nell'art. 51 dello Statuto delle Marche e negli artt. 7, nn. 1 e 2, e 51 dello Statuto dell'Emilia-Romagna. La distinzione stessa dovrebbe dirsi comunque conforme agli artt. 27 dello Statuto sardo e 121 della Costituzione, giacché le funzioni regolamentari riservate da quest'ultimo articolo al Consiglio regionale riguarderebbero la sola attuazione delle leggi dello Stato previste dall'art. 117, ultimo comma, della Costituzione medesima, come pure dall'art. 5 dello Statuto in esame. E ciò sia per ragioni di ordine testuale, dato che l'art. 121 Cost. si riferisce alle funzioni "attribuite" alle Regioni, sia per motivi di ordine logico: non sarebbe infatti individuabile la ratio della diversa disciplina stabilita per la Sardegna rispetto alle altre Regioni a statuto speciale, né sarebbe razionale l'esercizio della funzione regolamentare da parte dello stesso organo cui spetta la funzione legislativa.

Quanto all'art. 2 n. 3 dell'impugnata legge regionale, in applicazione del quale la Giunta ha emanato il decreto 27 ottobre 1976, n. 289, l'Avvocatura osserva che la materia della pesca é disciplinata dalla legge nazionale 14 luglio 1965, n. 963, e dal relativo regolamento di esecuzione emanato con d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, che si applicano anche in Sardegna, finché la Regione non avrà esercitato la potestà normativa attribuitale dall'art. 3, lett. i), dello Statuto (il che non sarebbe avvenuto in virtù della predetta legge n. 37 del 1956, che avrebbe soltanto individuato gli organi competenti all'esercizio delle funzioni amministrative in materia di pesca). Il potere regolamentare attribuito alla Giunta non potrebbe quindi ritenersi illimitato, trovando nella legge dello Stato i medesimi criteri direttivi e limitativi ai quali sottostanno i regolamenti statali, cui dovrebbero aggiungersi le ulteriori limitazioni poste con la legge regionale.

3. - Per altro, nell'udienza pubblica l'Avvocatura dello Stato ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità della questione in esame, dal momento che la funzione esercitata dalla Giunta regionale mediante il provvedimento impugnato innanzi al T.A.R. non avrebbe natura sostanzialmente regolamentare.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione che la Corte é chiamata a risolvere interessa - del pari - una norma legislativa regionale della Sardegna ed una norma statale per l'attuazione dello Statuto speciale di quella Regione.

Da un lato, cioé, il T.A.R. per la Sardegna impugna l'art. 2 n. 3 della legge locale 7 marzo 1956, n. 37 (attributivo all'Amministrazione regionale della potestà di "derogare temporaneamente a norme regolamentari vigenti od attuare nuove norme con deliberazione della Giunta..., relativamente alla distanza dalla costa, alle modalità d'impiego, ai tempi ed agli strumenti di pesca..."), sul quale si basa il decreto che forma l'oggetto del ricorso proposto al Tribunale stesso. D'altro lato il T.A.R. osserva che a fondamento di tale decreto, come pure della contestata norma legislativa regionale, si pone altresì l'art. 4, secondo comma, del d.P.R. 19 maggio 1950, n. 327, concernente appunto l'attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna (ai sensi del quale "i regolamenti di esecuzione delle leggi regionali sono approvati con deliberazione della Giunta regionale..."); ed é a questo titolo che anche la seconda delle dette norme viene coinvolta nell'impugnazione. In entrambi i casi, infatti, il giudice a quo ravvisa un patente contrasto con la previsione dell'art. 27 dello Statuto speciale, che invece riserva al Consiglio regionale non soltanto le funzioni legislative ma anche le funzioni regolamentari attribuite alla Regione.

Posta in questi termini, l'impugnativa é ammissibile, malgrado l'eccezione adombrata nella pubblica udienza dall'Avvocatura dello Stato. Per varie ragioni, la Corte non può condividere l'assunto che l'art. 2 n. 3 della legge regionale n. 37 del 1956 non riguardi l'esercizio di funzioni regolamentari e che il decreto n. 289 del 1976, conseguentemente emanato dal Presidente della Giunta regionale, non abbia comunque la sostanza di un regolamento. In primo luogo, il citato art. 2 n. 3 precisa, nel medesimo contesto, che spetta alla Giunta regionale sia derogare temporaneamente alle norme regolamentari vigenti in materia di pesca, sia deliberare "nuove norme" evidentemente dotate a loro volta di natura regolamentare; ed anche la parte finale della disposizione in esame affianca ed unifica, letteralmente, "tali deroghe o nuove norme temporanee". In secondo luogo, il T.A.R. per la Sardegna non dubita che, nella specie, si tratti precisamente d'un regolamento; e questa premessa dell'ordinanza di rimessione risulta avvalorata dalla circostanza che il decreto presidenziale n. 289 del 1976 s'intitola - fra l'altro - alla "disciplina regionale" della pesca subacquea e sportiva (mentre, nel preambolo del decreto stesso, si afferma espressamente che le "materie" già considerate dalle norme regolamentari dello Stato in tema di pesca marittima "sono disciplinate dalle seguenti norme").

2. - Nel merito, l'impugnativa dev'essere accolta.

Non convincono, infatti, le obiezioni dell'Avvocatura dello Stato, per cui le funzioni regolamentari spettanti al Consiglio regionale, in base all'art. 27 dello Statuto speciale, si risolverebbero in quelle destinate all'integrazione ed all'attuazione di leggi statali, ai sensi dell'art. 5 dello Statuto medesimo; mentre i regolamenti di esecuzione delle leggi regionali non potrebbero non ricadere nella competenza della Giunta, secondo il principio di separazione dei poteri. In realtà, quella stessa dottrina che ha difeso la legittimità dell'impugnata norma di attuazione statutaria sostiene che la normazione prevista dal citato art. 5 rappresenti il frutto di un terzo tipo di potestà legislativa regionale; ed in questo senso dispone espressamente l'art. 4, primo comma, del d.P.R. n. 327 del 1950, dove appunto si precisa che "le norme per l'integrazione e l'attuazione di leggi della Repubblica, in applicazione dell'art. 5 dello Statuto speciale per la Sardegna, sono emanate con legge regionale". Così stando le cose, tuttavia, ne deriva che le sole funzioni regolamentari esercitabili da parte della Giunta sono quelle basate sulle disposizioni legislative regionali: con il che si dimostra evidente ed insanabile il contrasto fra la disciplina in discussione e l'art. 27 dello Statuto.

Del resto, non é casuale che l'art. 27 riproduca quasi puntualmente l'art. 121, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui si riserva al Consiglio regionale - senza distinzioni di sorta - l'esercizio delle "potestà legislative e regolamentari attribuite alla Regione". Con quel fondamento, gli Statuti delle Regioni ordinarie sono univocamente concordi nel senso di consentire al solo Consiglio l'adozione di regolamenti. Così, nell'art. 8 dello Statuto del Veneto si afferma che "il Consiglio regionale... esercita tutte le potestà legislative e regolamentari attribuite alla Regione"; nell'art. 7, quarto comma n. 1, dello Statuto dell'Emilia-Romagna si prescrive che "spetta in ogni caso al Consiglio adottare le norme legislative e regolamentari necessarie al perseguimento delle finalità indicate all'art. 3" (mentre il medesimo art. 7, quarto comma n. 2, detta un'apposita e distinta disposizione per chiarire che spetta ancora al Consiglio "deliberare, ai sensi dell'art. 117, ultimo comma, della Costituzione, le norme per la attuazione delle leggi della Repubblica..."); e nell'art. 51, primo comma, dello Statuto delle Marche - per limitarsi a citare i soli disposti ricordati dall'atto di intervento dell'Avvocatura dello Stato - si puntualizza che "i regolamenti regionali e quelli contenenti le norme di attuazione di leggi della Repubblica, previsti dal secondo comma dell'art. 117 della Costituzione e da singole leggi statali, sono emanati con decreto del Presidente della Giunta regionale entro dieci giorni dalla loro approvazione da parte del Consiglio regionale...".

Né si può dire che la Sardegna rimanga in tal senso isolata da tutte le restanti Regioni differenziate. Al contrario, l'esame degli altri Statuti speciali dimostra con chiarezza che, per consentire alla Giunta l'esercizio della potestà regolamentare, si é ritenuto necessario disporlo espressamente: come si evince dall'art. 12, terzo comma, dello Statuto siciliano, dall'art. 46 dello Statuto del Friuli- Venezia Giulia, dagli artt. 44 n. 1 e 54 nn. 1 e 2 del vigente Statuto per il Trentino-Alto Adige. Sul fronte opposto si collocano, invece, sia la Sardegna, visto il citato art. 27 St., sia la Valle d'Aosta, dato l'art. 26 del rispettivo Statuto. Ed i lavori preparatori dello Statuto sardo confermano, comunque, che l'art. 27 trova la sua origine in una consapevole e deliberata opzione dell'Assemblea Costituente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, secondo comma, del d.P.R. 19 maggio 1950, n. 327, nella parte in cui si prevede che i regolamenti di esecuzione delle leggi regionali siano approvati con deliberazione della Giunta regionale, e dell'art. 2 n. 3 della legge regionale della Sardegna 7 marzo 1956, n. 37.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1985.

Livio PALADIN

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1985.