Sentenza n.368 del 1985

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SENTENZA N. 368

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 27 gennaio 1968, n. 35 (Norme per il controllo della pubblicità e del commercio dell'olio d'oliva e dell'olio di semi) promosso con ordinanza emessa il 17 giugno 1977 dal Pretore di Oderzo nei procedimenti penali riuniti a carico di Dal Sasso Carlo Aristide, iscritta al n. 348 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 258 del 1977.

Visto l'atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 14 maggio 1985 il Giudice relatore Alberto Malagugini.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un procedimento penale per il reato di cui agli artt. 3 e 11 della legge 27 gennaio 1968, n. 35, contestato a Dal Sasso Carlo Aristide per aver prodotto e posto in commercio dell'olio di semi d'uva che alle analisi di prima istanza e di revisione era risultato ottenuto bensì dall'estrazione e pressione meccanica di semi di vinacciolo (sottoprodotto della vinificazione), ma caratterizzato da assorbimenti spettrofotometrici superiori ai limiti massimi consentiti dal citato art. 3, il Pretore di Oderzo rilevava che - giusto quanto fatto presente nella relazione di analisi dell'Istituto Superiore di Sanità - la decolorazione prescritta da tale norma, anche se spinta al massimo, difficilmente raggiunge, per l'olio di semi d'uva, i valori ivi stabiliti.

Ciò premesso, il Pretore, con ordinanza del 17 giugno 1977 (r.o. 348/77) sollevava questione di legittimità costituzionale del citato art. 3 l. 35/68, assumendone il contrasto con l'art. 41 Cost.. La decolorazione degli oli di semi - osservava il giudice a quo - risponde a finalità non di ordine igienico-sanitario, ma di difesa dell'olivicoltura italiana, intendendosi con essa evitare che l'olio d'oliva possa essere confuso con l'olio di semi. In tal modo, però, viene impedita o comunque resa grandemente difficile e gravosa la produzione di olio di semi di vinaccioli: e ciò al di là delle intenzioni del legislatore, essendo stata la legge in esame emanata in un'epoca in cui questi non erano ancora stati utilizzati a tale scopo.

Di qui la dedotta violazione dell'art. 41, primo comma, Cost., atteso che la libertà di iniziativa economica privata non può legittimamente essere compressa con interventi arbitrariamente restrittivi o che ne rendano impossibile o estremamente difficile l'esercizio e che, ad avviso del Pretore, la norma impugnata non é attualmente sorretta da alcuna valida ragione di utilità sociale.

2. - L'Avvocatura dello Stato, intervenuta nel giudizio, contestava tali conclusioni osservando che il divieto di produrre un olio di semi troppo facilmente confondibile con l'olio d'oliva né efficacemente decolorabile trova una ragione di utilità sociale sufficiente a giustificarla nell'esigenza di salvaguardare l'incremento della produzione olivicola, di grande importanza economico-sociale (specie nel Mezzogiorno) e costituente perciò un interesse preminente rispetto alla libertà di iniziativa economica. Ma la legge n. 35 del 1968, rilevava l'Avvocatura, persegue un'altra e più importante finalità, quella cioé di tutelare i consumatori dalle frodi facilmente perpetrabili qualora non si eviti ogni possibilità di confusione dell'olio di semi con l'olio d'oliva. Ciò si evince inequivocabilmente sia dai lavori preparatori e dalla denominazione della legge ("norme per il controllo della pubblicità e del commercio dell'olio d'oliva e dell'olio di semi"), sia dalle prescrizioni relative alla denominazione del prodotto ("olio di semi", con precisazione dei semi oleosi di provenienza: art. 1), alla chiara indicazione di essa negli annunci pubblicitari (art. 4), al divieto di denominazioni comunque idonee ad ingannare il consumatore (art. 2) agli obblighi di confezionamento e vendita al minuto in recipienti ermeticamente chiusi e sigillati (artt. 7 ed 8).

La rispondenza della norma impugnata ai due anzidetti fini di utilità sociale legittimerebbe dunque pienamente, ad avviso dell'Avvocatura, il limite alla libertà d'iniziativa economica da essa derivante.

 

Considerato in diritto

 

1. - Oggetto dell'incidente di costituzionalità sollevato dal Pretore di Oderzo é l'art. 3 della legge 27 gennaio 1968, n. 35, a tenore del quale: "gli oli di semi, destinati al consumo alimentare, devono essere esenti da coloranti aggiunti.

La decolorazione degli oli di semi dai pigmenti eventualmente presenti deve essere tale che gli assorbimento spettrofotometrici a 420 e 453 millicron corrispondenti rispettivamente ai massimi di assorbimento della clorofilla e del betacarotene, non superino i valori di 0,20 e di 0,10 misurati sull'olio diluito con eguale volume di esano in vaschette da centimetri 1, con riferimento all'esano normale".

Il giudice a quo dubita che il surriportato disposto di legge contrasti con l'art. 41 Cost. "nella parte in cui impedisce o comunque rende estremamente difficile la produzione e commercializzazione di determinati oli di semi, quali l'olio di vinaccioli".

La questione posta in questi termini é inammissibile.

2. - Invero, il Pretore di Oderzo chiamato a giudicare soggetto imputato del reato di cui agli artt. 3 e 11 della legge n. 35/1968, per aver prodotto e posto in commercio olio di semi di vinaccioli con caratteristiche di assorbimento spettrofotometrico superiori a quelle massime stabilite dal denunziato art. 3, argomenta muovendo da una annotazione, contenuta nel certificato di analisi redatto dall'Istituto Superiore di Sanità, per cui "l'olio di semi di uva, anche se la decolorazione viene spinta al massimo, difficilmente raggiunge i valori stabiliti dalla (suddetta) legge".

Quest'unica asserzione induce il giudice rimettente ad affermare che "appare evidente un potenziale contrasto tra l'art. 3 citato e l'art. 41, comma primo, Costituzione" e lo porta, nel prosieguo della motivazione, a ritenere che il disposto di legge denunziato "renderebbe grandemente gravosa e difficile" o, addirittura, impedirebbe la produzione dell'olio di semi di uva. Sulla base di queste premesse argomentative il Pretore di Oderzo chiede che la Corte dichiari l'illegittimità costituzionale del denunziato disposto di legge nei termini che si sono letteralmente riprodotti più sopra.

Ora, a tacer del rilievo che questo Collegio non può certo emettere una pronunzia sul merito della proposta questione in riferimento ad oli estraibili da "determinati" ma non identificati semi vegetali, resta che il giudizio di costituzionalità non può validamente radicarsi quando in esso venga dedotto il contrasto meramente potenziale di una norma di legge con un dato parametro costituzionale. Di più, nel caso di specie, appaiono incerti i termini in cui la questione giudicanda viene proposta, non essendo definito con nettezza il pregiudizio (difficoltà, straordinaria difficoltà o impossibilità) di rispettare gli indici di assorbimento spettrofotometrico stabiliti dal disposto di legge in esame, che deriverebbe al privato imprenditore, assistito dalla garanzia di cui all'art. 41 Cost., dalla normativa denunziata. Con la conseguenza che questa Corte resta impossibilitata a valutare nel merito la questione sottopostale, perché, specie negli incidenti che assumono come parametri le norme costituzionali sulle libertà economiche, la chiarezza sull'an e sul quantum dell'eventuale pregiudizio arrecato ai privati é essenziale perché possa compiersi quell'analisi di corrispondenza fra mezzi e fine che é imposta dalla stessa struttura finalistica delle norme costituzionali di raffronto.

Deve, quindi, dichiararsi la inammissibilità della questione sollevata dal Pretore di Oderzo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 27 gennaio 1968, n. 35, sollevata, in riferimento all'art. 41 Cost., dal Pretore di Oderzo con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1985.

Guglielmo ROEHRSSEN - Alberto MALAGUGINI

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1985.