Ordinanza n.352 del 1985

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ORDINANZA N. 352

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Dott. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354 (ordinamento penitenziario) in relazione agli artt. 582 cod. proc. pen. e 76 cod. pen. promosso con ordinanza emessa il 14 febbraio 1985 dalla Sezione di Sorveglianza presso la Corte d'appello delle Marche nel procedimento di sorveglianza relativo a Serafini Piero, iscritta al n. 195 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 101 bis dell'anno 1985.

Visto l'atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1985 il Giudice relatore Alberto Malagugini.

Ritenuto che con l'ordinanza indicata in epigrafe la Sezione di sorveglianza presso la Corte d'appello delle Marche dubita della legittimità costituzionale: a) dell'art. 47, ultimo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (ordinamento penitenziario), assumendo che detta norma, nella parte in cui esclude che valga come espiazione di pena il periodo di affidamento in prova al servizio sociale in caso di revoca per inammissibilità sopravvenuta del provvedimento di ammissione, contrasti con gli artt. 3, 13, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost.; b) del medesimo art. 47 l. n. 354/1975 "in correlazione con gli artt. 582 c.p.p. e 76 c.p., per la parte in cui non é disciplinato, durante il periodo di affidamento, il concorso di altre pene, ed é precluso alla Sezione di sorveglianza (in caso di riarresto dell'affidato per l'espiazione di diversa condanna) di provvedere alla dichiarazione di estinzione della pena a termine dell'ultimo comma del medesimo art. 47": sostenendo al riguardo che la disciplina risultante dalle predette norme - in forza della quale, in caso di sopravvenienza di altra condanna, spetta al P. M. di provvedere al cumulo e di disporre il riarresto dell'affidato ove sia superato il limite di 30 mesi fissato per l'ammissibilità della misura dal citato art. 47 darebbe luogo a violazione:

- dell'art. 3 Cost., in quanto il completamento del periodo di prova (con conseguente estinzione della pena) o la sua interruzione dipenderebbero dalla maggiore o minore solerzia del P. M. nel provvedere all'unificazione delle pene concorrenti;

- con l'art. 25 Cost., in quanto l'attribuzione al P. M., anziché alla Sezione di sorveglianza, del potere di provvedere al cumulo (e di determinare, con ciò, la cessazione dell'affidamento), sottrarrebbe l'affidato al suo giudice naturale;

- con l'art. 13, secondo comma, Cost., in quanto la pena modificata in affidamento in prova non potrebbe considerarsi come pena della stessa specie, sicché sarebbe insuscettibile di cumulo e potrebbe ritradursi in detenzione in carcere non per mero provvedimento dell'organo di esecuzione ma solo con motivato provvedimento della Sezione di sorveglianza;

- con l'art. 27 Cost., in quanto il riarresto dell'affidato frustrerebbe la sua legittima aspettativa ad offrire una buona prova ed a conseguire così l'estinzione della pena.

Considerato che la questione sub a) é stata già decisa con la sentenza n. 312/1985 con la quale é stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, "nella parte in cui non prevede che valga come espiazione di pena il periodo di affidamento in prova al servizio sociale, nel caso di revoca del provvedimento di ammissione per motivi non dipendenti dall'esito negativo della prova"; che pertanto tale questione va dichiarata manifestamente infondata;

che con la questione sub b) il giudice a quo sostanzialmente assume che, ove con la pena in relazione alla quale sia stato disposto l'affidamento in prova al servizio sociale concorra altra pena che, cumulata con la prima, comporti il superamento dei limiti di ammissibilità della misura fissata dal primo comma del citato art. 47, non dovrebbe procedersi all'unificazione delle pene concorrenti secondo le regole ordinarie, ma dovrebbe dettarsi una speciale disciplina che consenta il completamento del periodo di affidamento (e, con esso, l'estinzione della pena) ed attribuirsi alla sezione di sorveglianza, anziché al P. M., la competenza a provvedere in merito;

che é peraltro evidente che, con siffatta prospettazione, si chiede alla Corte di introdurre, per l'ipotesi in questione, una nuova e complessa regolamentazione normativa, derogatoria rispetto a quella ordinaria sia in tema di disciplina del concorso di pene, che di attribuzione delle competenze nella fase esecutiva;

che pertanto, poiché - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte - l'innovazione al sistema normativo, nonché l'individuazione, tra i vari possibili, del tipo di rimedio che valga a realizzarla esulano dai poteri della Corte e rientrano, invece, nell'esclusiva competenza del legislatore, la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 47, ultimo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 - già dichiarato illegittimo nella parte impugnata, con la sentenza n. 312 del 1985 - sollevata in riferimento agli artt. 3, 13 e 27 Cost. dalla Sezione di sorveglianza presso la Corte d'appello delle Marche con l'ordinanza indicata in epigrafe (r.o. 195/85);

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del predetto art. 47, in relazione agli artt. 582 c.p.p. e 76 c.p., sollevata in riferimento agli artt. 3, 13, 25 e 27 Cost. con la medesima ordinanza.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1985.

Livio PALADIN - Alberto MALAGUGINI

Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1985.