Sentenza n.336 del 1985

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SENTENZA N. 336

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 345 cod. nav. e 1 e 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), promosso con l'ordinanza emessa il 25 novembre 1977 dal Pretore di Genova sul ricorso proposto da Mirabella Antonio contro S.p.a. Italia di Navigazione, iscritta al n. 30 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 81 dell'anno 1978.

Visto l'atto di costituzione della S.p.a. Italia di Navigazione;

udito nell'udienza pubblica del 22 ottobre 1985 il Giudice relatore Francesco Greco.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso al Pretore di Genova, Mirabella Antonio, premesso di essere stato assunto dalla S.p.a. Italia di Navigazione per l'esecuzione di servizi speciali connessi alla sosta della T/n Raffaello nel porto di detta città e, successivamente invitato a non ripresentarsi a bordo, sebbene i servizi stessi fossero ancora in corso, impugnava il licenziamento in tal guisa intimatogli dall'armatore, lamentandone l'illegittimità per carenza di giustificazioni.

Il giudice adito, con ordinanza emessa il 25 novembre 1977 (R.O. n. 30/78), ha sollevato l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 345 cod. nav. e degli artt. 1 e 10 della legge n. 604/66, nella parte in cui, in contrasto con gli artt. 3, 4 e 35 Cost., consentono all'armatore, di licenziare ad nutum marittimi assunti per lo svolgimento di lavori cosiddetti di "comandata" previsti dalla contrattazione collettiva di settore e categoria.

Il giudice a quo ha osservato che il lavoro di "comandata", pur dovendosi configurare come prestazione riconducibile al tipo normativo generico del rapporto di arruolamento e pur essendo, come ogni altro lavoro marittimo, finalizzato alla navigazione, costituisce tuttavia oggetto di una particolare specie nell'ambito di detto genere per il fatto che, alla stregua delle menzionate previsioni contrattuali, la prestazione stessa non si svolge a bordo di una nave in navigazione, ma su di una (nave) in sosta nel porto oppure in disarmo e perfino in magazzini e spazi portuali destinati ad operazioni di approntamento delle dotazioni e delle provviste della nave.

Ha quindi rilevato che, relativamente a questa particolare specie di rapporto, non può farsi corretta applicazione dei principi desumibili dalla sent. n. 129 del 1976 con la quale la Corte costituzionale ha ritenuto legittima l'esclusione dei rapporti di lavoro marittimo dall'ambito di applicazione della legge n. 604/66, in considerazione delle peculiarità dei medesimi che, per essere finalizzati alla sicurezza della navigazione ed improntati ad un carattere squisitamente fiduciario e personalistico, implicano la conseguenziale opportunità di attribuire all'armatore mezzi particolarmente efficaci di selezione e controllo dei lavoratori.

Il lavoro di "comandata", invece, facendo difetto il duplice requisito sia dell'allontanamento dalla terraferma sia dell'inserimento del lavoratore in quella particolare comunità viaggiante costituita dall'equipaggio di una nave in navigazione, non postula in alcun modo la tutela delle ricordate esigenze e non presenta, pertanto, alcuna sensibile differenza rispetto ad altri lavori non marittimi.

Ne consegue, ad avviso del giudice a quo, che l'assoggettamento anche del rapporto di lavoro di "comandata" ad un regime del licenziamento identico a quello vigente per gli altri rapporti di arruolamento accomuna illegittimamente in un medesimo trattamento situazioni diverse ed implica un'ingiustificata discriminazione in danno dei lavoratori titolari del suddetto rapporto rispetto a quelli che, in uguale situazione sostanziale, fruiscono della tutela limitativa dei licenziamenti apprestata dalla legge n. 604 del 1966.

Nel giudizio susseguente all'esposta ordinanza si é costituita la S.p.a. Italia di Navigazione, insistendo per la declaratoria di infondatezza della questione.

Innanzitutto ha osservato che il giudice remittente, dalla considerazione che la "comandata" é una particolare specie del contratto di arruolamento, non ha tratto la conseguenza della legittimità del regime di esclusione della medesima dall'ambito di operatività delle norme limitative dei licenziamenti, in conformità della ricordata sentenza n. 129/76 della Corte costituzionale.

Tanto più che la "comandata" rappresenta solo un modo di esecuzione del contratto di arruolamento e non già un diverso tipo contrattuale e la relativa prestazione presuppone lo status soggettivo di marittimo come proprio del lavoratore e quello oggettivo dell'arruolamento, entrambi disciplinati dal codice della navigazione. E proprio alla stregua del principio di ragionevolezza apparirebbe non corretto che un lavoratore avente tale status ed impiegato in forza di contratti di arruolamento soggiaccia a siffatta disciplina in più lunghi periodi di servizio in navigazione per esser poi ricondotto sotto quella comune esclusivamente nei periodi brevi e saltuari corrispondenti ai lavori di "comandata".

Infine, rileva che indubbiamente tali lavori sono funzionali alla sicurezza della navigazione e si presentano con accentuati aspetti di fiduciarietà, sì da implicare, a loro volta, l'operatività di strumenti normativi idonei ad assicurare la subordinazione, dovendosi, d'altra parte, tenere nel debito conto la circostanza che, anche per quanto riguarda i lavori di "comandata", la tutela del posto di lavoro non é esclusa in via di principio, bensì semplicemente rimessa dalla legge (art. 35, legge n. 300/70) all'autonomia collettiva.

L'ordinanza, regolarmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 81 dell'anno 1978.

 

Considerato in diritto

 

Il pretore a quo prospetta a questa Corte il dubbio di legittimità costituzionale degli artt. 345 cod. nav., 1 e 10 della legge n. 604 del 1966 sui licenziamenti individuali, nella parte in cui consentono all'armatore il licenziamento ad nutum di marittimi adibiti a lavori di "comandata" previsti dalle norme integrative allegate al contratto collettivo nazionale di lavoro dell'1 gennaio 1978 per i dipendenti della società di navigazione di Pubblico Interesse Nazionale in quanto, a suo avviso, violerebbero:

a) l'art. 3 Cost. per il trattamento discriminatorio così irragionevolmente riservato a detta categoria di lavoratori rispetto a quelli che, versando in situazione sostanzialmente analoga, fruiscono invece della tutela apprestata dalla legge contro i licenziamenti illegittimi;

b) l'art. 4 Cost. perché, in assenza di siffatta tutela, limita, nei confronti della medesima categoria, l'esercizio del diritto al lavoro;

c) l'art. 35 Cost. in quanto ne resta conseguentemente conculcato il principio della tutela del lavoro in tutte le sue forme.

Il giudice a quo ritiene che il rapporto di lavoro di "comandata" appartiene al più ampio genus del rapporto di arruolamento; che il personale é da inquadrarsi tra i marittimi in quanto il lavoro é finalizzato alla realizzazione dell'atto di navigazione; ma rileva che le prestazioni possono svolgersi sia su una nave in navigazione che su una nave in sosta nel porto o in disarmo o nelle strutture portuali e sostiene che in questi ultimi casi la posizione del prestatore di lavoro é analoga a quella del lavoratore subordinato di terra ferma, di guisa che, venendo meno la finalità della sicurezza della navigazione, essa possa essere disciplinata dalle stesse norme regolatrici del rapporto di lavoro subordinato di terra, donde l'applicazione della disciplina sui licenziamenti individuali prevista dalla legge n. 604/66 (per cui é richiesta o una giusta causa o un giustificato motivo) anziché dell'art. 345 cod. nav. (recesso ad nutum).

Tanto premesso, questa Corte osserva che, in sostanza, il giudice a quo le chiede un intervento che, lasciando inalterata la regolamentazione del rapporto allorché le prestazioni si svolgono su di una nave in navigazione, ne aggiunga, tuttavia, una nuova e diversa, per il caso in cui lo stesso lavoro venga prestato su di una nave in sosta nel porto.

Si richiede cioé una sentenza additiva che disciplini direttamente e diversamente, una specie di quel rapporto di lavoro regolato in via generale e normale, tra le altre, anche dalla norma impugnata, prevedendo l'operatività di nuovi e diversi mezzi di garanzia in relazione alla situazione esaminata: il che, però, costituirebbe una vera e propria innovazione normativa, con implicazione di scelte esorbitanti dai poteri della Corte ed affidate alla discrezionalità del legislatore, il quale soltanto può introdurre nell'ordinamento nuove norme.

Pertanto, la questione proposta va dichiarata inammissibile.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 345 cod. nav., 1 e 10 legge 15 luglio 1966, n. 604, sollevata dal Pretore di Genova, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 4, 35 Cost..

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1985.

Livio PALADIN - Francesco GRECO

Depositata in cancelleria il 13 dicembre 1985.