Ordinanza n.327 del 1985

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ORDINANZA N. 327

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 116, secondo comma, ultima parte, r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (Disposizioni sull'assegno bancario e sull'assegno circolare) promosso con ordinanza emessa il 26 luglio 1984 dal Pretore di Cosenza nel procedimento penale a carico di Salvatore Zaffino, iscritta al n. 1160 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 59 bis dell'anno 1985.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1985 il Giudice relatore Livio Paladin.

Ritenuto che con ordinanza emessa il 26 luglio 1984, nel corso di un procedimento penale per emissione di assegni a vuoto, il Pretore di Cosenza ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 116, secondo comma, del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (inserito dall'art. 139 della legge n. 689 del 1981), nella parte in cui prevede, "nei casi più gravi", che la condanna importi il "divieto di emettere assegni bancari o postali per un periodo da uno a tre anni";

che, secondo il giudice a quo, la norma impugnata contrasterebbe con l'art. 35, comma primo, in quanto penalizzerebbe ingiustificatamente il lavoro, impedendo l'esplicazione di una attività essenziale, con l'art. 41, perché comprometterebbe la libera iniziativa economica del condannato; con l'art. 27 cpv. (rectius: terzo comma), in quanto il divieto di sottoscrivere assegni risulterebbe "privo del carattere di emenda"; e con l'art. 3 Cost., atteso che si verrebbe a determinare una disparità di trattamento tra l'imputato di assegni a vuoto per cui é prevista la sanzione in esame e l'imputato dei reati di truffa, appropriazione indebita e insolvenza fraudolenta, per i quali tale previsione non sussiste;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, sostenendo l'infondatezza dell'impugnativa.

Considerato che, con recente sentenza n. 169 del 1985, questa Corte ha già dichiarato l'infondatezza di identiche questioni di costituzionalità dell'art. 116, secondo comma, ultima parte, del r.d. n. 1736 del 1933 (inserito dall'art. 139 della legge n. 689 del 1981), in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost.; e che la stessa pronuncia ha anche sottolineato la "intrinseca giustificatezza" della sanzione accessoria in parola (che, di per sé, non penalizza l'esplicazione dell'attività lavorativa, né la libera iniziativa economica) e l'ha definita "adegua(ta) in modo evidente alle caratteristiche dei delitti configurati dai nn. 1 e 2 del primo comma dell'articolo impugnato": con ciò implicitamente confutando anche le censure ora proposte con riguardo agli artt. 35 e 41 Cost.

Visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 116, secondo comma, del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (inserito dall'art. 139 della legge 24 novembre 1981, n. 689), sollevata dal Pretore di Cosenza, in riferimento agli artt. 3, 27, 35 e 41 Cost., con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 1985.

Livio PALADIN

Depositata in cancelleria l'11 dicembre 1985.