Sentenza n.283 del 1985

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SENTENZA N. 283

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 10 luglio 1960, n. 735 (riconoscimento del servizio sanitaio prestato dai medici italiani negli ospedali all'estero) promosso con ordinanza emessa il 10 marzo 1977 dal T.A.R. per l'Emilia-Romagna sul ricorso proposto da Strozzi Carlo c/ Commissione provinciale enti medici ambulatoriali di Ferrara ed altri, iscritta al n. 505 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4 dell'anno 1978;

visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 14 maggio 1985 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il T.A.R. per l'Emilia-Romagna, adito dal dr. Carlo Strozzi, il quale lamentava che nella graduatoria per il conferimento per l'anno 1968 degli incarichi di specialista cardiologo negli ambulatori a gestione diretta presso l'I.N.A.M. di Ferrara non si fosse tenuto conto del servizio sanitario da lui prestato all'estero, con ordinanza del 10 marzo 1977 ha sollevato d'ufficio, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 10 luglio 1960, n. 735, nella parte in cui limita la possibilità del riconoscimento dei servizi sanitari prestati all'estero ai soli concorsi banditi presso gli enti locali (implicitamente escludendola per i concorsi banditi presso enti di carattere nazionale).

Premesso che con decreto in data 23 giugno 1967, il Ministro della sanità aveva riconosciuto, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 735 del 1960, l'equipollenza a quelli prestati in Italia del servizio svolto all'estero dal ricorrente, il T.A.R. espone che lo stesso Ministero della sanità, rispondendo ad uno specifico quesito dell'interessato, con nota n. 300/113310 del 4 dicembre 1967 aveva espresso l'avviso che, benché la legge si riferisca a concorsi presso gli enti locali, tra i quali non possono ricomprendersi gli enti mutualistici a carattere nazionale, tuttavia il riconoscimento dei servizi prestati all'estero potesse "essere valutato anche nei concorsi e graduatorie presso questi ultimi enti".

Il giudice a quo, pur condividendo l'individuazione, operata nel parere in questione, dello spirito informatore della legge impugnata - che é quello di favorire il reinserimento nel contesto nazionale dei medici italiani che abbiano prestato la loro attività in un paese straniero - ritiene tuttavia che la lettera della legge non lasci adito a dubbi di sorta sulla sua effettiva portata, e conseguentemente non censurabile il rifiuto di un ente mutualistico nazionale - che non é un ente locale - di tener conto del servizio sanitario prestato all'estero nella formazione della graduatoria degli aspiranti ad un incarico.

2. - Rileva peraltro, il T.A.R. che la norma é ingiustificatamente discriminante e suscettiva di determinare condizioni di disparità di trattamento tra cittadini che versano in una situazione di par condicio, in violazione del principio di uguaglianza posto dall'art. 3 Cost.

Stabilendo che "agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso" l'art. 87 Cost. - si sostiene in ordinanza - ha inteso affermare l'unicità del sistema di copertura dei posti vacanti e, quindi, l'unicità della relativa disciplina, nel senso che, una volta scelto un tipo di concorso, la P.A. non può ignorare che esso "ha lo scopo di accertare la capacità del candidato" e di "operare una selezione tra una pluralità di candidati", sicché non può "trascurare aspetti che in quel tipo di concorso a tal fine sono rilevanti".

Ciò posto - continua l'ordinanza - e considerato che il titolo di servizio viene valutato perché é espressione di esperienza e dunque, di maggior attitudine all'espletamento di determinate mansioni, "non si vede perché un servizio medico specialistico prestato" (all'estero) "in reparto psichiatrico o in un consultorio di igiene mentale debba avere rilevanza per la copertura di un posto in ospedale psichiatrico o in un consultorio di quella natura gestito dall'Amministrazione provinciale e non lo debba avere se l'ospedale o il consultorio siano gestiti da un ente diverso". In relazione, insomma, all'identità delle caratteristiche del posto da ricoprire sembra al giudice a quo del tutto irragionevole la disparità di trattamento tra medici rimpatriati a seconda che la loro aspirazione di lavoro si indirizzi presso l'una o l'altra delle pubbliche amministrazioni che la Costituzione, nel garantire l'uguale diritto di tutti i cittadini al lavoro e all'impiego pubblico, ha unitariamente considerato.

3. - Nessuna delle parti si é costituita nel giudizio innanzi alla Corte.

É, invece, intervenuta l'Avvocatura dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha instato per la declaratoria di infondatezza della questione osservando, in primo luogo, che la previsione di agevolazioni e di titoli preferenziali per l'ammissione ai pubblici impieghi rientra nella discrezionalità del legislatore, al quale spetta ogni valutazione in ordine all'opportunità ed al contenuto della concreta disciplina; in secondo luogo che, essendo la valutabilità del titolo in questione riconosciuta o esclusa, a seconda che il concorso sia rispettivamente espletato da un ente locale o da un ente sanitario nazionale, per tutti i medici che abbiano prestato servizio sanitario all'estero, la norma denunciata non integra alcuna violazione del principio di uguaglianza.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia- Romagna ha ritenuto "non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata d'ufficio, in relazione all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 1 della legge 10 luglio 1960, n. 735, nella parte in cui limita il riconoscimento, nei modi affermati dalla legge medesima, dei servizi medici prestati all'estero, ai soli fini della valutabilità nei concorsi presso gli Enti locali della Repubblica".

2. - L'art. 1 della legge 10 luglio 1960, n. 735, dispone che "il servizio sanitario prestato all'estero da sanitari italiani... é riconosciuto ai fini dell'ammissione ai concorsi di posti di sanitario presso enti locali... e come titolo valutabile nei concorsi medesimi, analogamente a quanto previsto dalle vigenti disposizioni per i servizi prestati nel territorio nazionale".

Ad avviso del giudice a quo, la trascritta norma contrasterebbe con l'art. 3 Cost., in quanto, pur se non sia ravvisabile alcuna ragionevole differenza tra un reparto o ambulatorio gestito da un ente locale ed un reparto o ambulatorio gestito da un istituto mutualistico a carattere nazionale, consente che un medesimo titolo venga "valutato o non valutato, nella identità delle caratteristiche del posto da ricoprire, a seconda del tipo di amministrazione pubblica". E nella specie, il servizio sanitario prestato all'estero, che a sensi dell'impugnata norma sarebbe stato valutato in un concorso presso un ente locale, venne ritenuto non valutabile, a sensi della stessa legge, per il conferimento di un incarico di specialista presso un ambulatorio a gestione diretta dell'INAIL. La legge n. 735 del 1960 - si afferma ancora nell'ordinanza - contiene "una norma discriminante, suscettibile nella sua applicazione di determinare condizioni di disuguaglianza, di disparità di trattamento, tra cittadini in par condicio", "tra medici rimpatriati, a seconda che la loro aspirazione di lavoro si indirizzi presso l'una o l'altra delle pubbliche amministrazioni". E ciò, pur se la Costituzione garantisca "l'uguale diritto di tutti i cittadini al lavoro, all'impiego pubblico".

3. - La questione é fondata.

A giudizio di questa Corte, la disposizione impugnata crea effettivamente, come recita l'ordinanza "una disuguaglianza irragionevole che non trova alcuna giustificazione oggettiva, dipendendo da un’ingiustificata discriminazione tra enti pubblici e che diventa una ingiusta discriminazione tra cittadini che hanno gli stessi diritti, le stesse aspettative costituzionalmente garantite".

Del resto, la ratio della legge emerge dai lavori parlamentari: basta all'uopo ricordare che nella stessa relazione del Ministro della sanità, che accompagnava il disegno di legge, si affermava che questo mirava al riconoscimento (del servizio sanitario prestato all'estero) "presso le pubbliche amministrazioni del territorio nazionale", e perciò non solo presso gli enti locali. Conforta in tale conclusione il rilievo che la recentissima legge 8 novembre 1984, n. 752 (riconoscimento di titoli abilitanti all'esercizio delle professioni sanitarie ausiliarie, delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie e delle professioni sanitarie tecniche per le quali non sia richiesta la laurea) non riproduce la censurata discriminazione. Né può riconoscersi pregio all'obiezione dell'Avvocatura dello Stato, la quale si limita ad osservare genericamente che in materia la previsione rientra nella competenza del legislatore, "al quale spetta la valutazione della opportunità e del contenuto di tale previsione".

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 10 luglio 1960, n. 735 (riconoscimento del servizio sanitario prestato dai medici italiani negli ospedali all'estero) "nella parte in cui limita il riconoscimento, nei modi affermati dalla legge medesima, dei servizi medici prestati all'estero, ai soli fini della valutazione nei concorsi presso gli enti locali".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 novembre 1985.

Guglielmo ROEHRSSEN - Giuseppe FERRARI

Depositata in cancelleria il 13 novembre 1985.