Ordinanza n.258 del 1985

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ORDINANZA N. 258

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 2, quinto comma, seconda parte della legge 30 aprile 1976, n. 159 così come modificato dall'art. 3 della legge 8 ottobre 1976, n. 689 (Conversione in legge del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 543, concernente modifica dell'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159, nella quale é stato convertito, con modificazioni, il decreto-legge 4 marzo 1976, n. 31, contenente disposizioni penali in materia di infrazioni valutarie. Ulteriori modifiche al decreto-legge 4 marzo 1976, n. 31, e alla legge 30 aprile 1976, n. 159), promossi con due ordinanze emesse il 6 dicembre 1983 dalla Corte di Cassazione sui ricorsi proposti da Gambarino Carlo e Oliviero Antonio, iscritte ai nn. 945 e 946 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 19 bis e 13 bis dell'anno 1985.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 1985 il Giudice relatore Alberto Malagugini.

Ritenuto che con le ordinanze indicate in epigrafe la Corte di Cassazione dubita della legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, lett. d) e quinto comma, della legge 30 aprile 1976, n. 159, nel testo sostituito dall'art. 3 della legge 8 ottobre 1976, n. 689, in quanto tale norma da un lato impone ai cittadini italiani possessori di natanti non iscritti in pubblici registri nazionali l'obbligo penalmente sanzionato di dichiararne il possesso e di venderli ovvero importarli e nazionalizzarli a proprio nome, e dall'altro ricollega all'osservanza di tali prescrizioni l'esonero dalle sole sanzioni amministrative previste dalle norme valutarie e fiscali e non anche dalle sanzioni penali;

che ad avviso della Corte rimettente tale disciplina contrasterebbe con l'art. 24, secondo comma, Cost., sostenendosi che l'esecuzione dei predetti adempimenti darebbe necessariamente luogo ad un'autodenuncia per il delitto di contrabbando doganale del natante e che perciò il mancato esonero dalle relative sanzioni comprometterebbe il diritto di difesa, che non consente che alcuno sia tenuto a confessare di aver commesso un reato;

che l'Avvocatura dello Stato, intervenuta in entrambi i giudizi in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha chiesto che la questione, ove ritenuta ammissibile, sia dichiarata non fondata, essendo stata già decisa con la sentenza n. 236 del 1984.

Considerato che in effetti tale questione, già sollevata nei medesimi termini e rispetto a fattispecie analoghe da altri giudici, é stata da questa Corte dichiarata inammissibile con la citata sentenza: e ciò essenzialmente sul rilievo - peraltro condiviso dalla stessa Corte rimettente (ord. 945/84) - che non vi é alcun rapporto di conseguenzialità necessaria tra il possesso illecito del natante all'estero da parte del residente ed il reato di contrabbando doganale, il quale rappresenta invece una semplice eventualità di fatto conseguente all'introduzione dell'imbarcazione ed alla sua utilizzazione nel territorio dello Stato in epoca precedente alla dichiarazione di cui all'art. 2, quarto comma della legge n. 159 del 1976;

che, conseguentemente, le dichiarazioni e gli adempimenti di cui all'art. 3 della legge n. 689 del 1976 attengono a fatti diversi da quelli costitutivi del delitto di contrabbando e non possono quindi essere considerati, di per sé, autodenuncia del reato medesimo, eventualmente commesso in epoca precedente;

che non essendo gli imputati, nei giudizi a quibus, chiamati a rispondere del reato omissivo di cui al quinto comma, secondo periodo, dell'art. 2 della legge n. 159 del 1976, nel testo sostituito dall'art. 3 della legge n. 689 del 1976, la Corte rimettente non é chiamata a fare applicazione delle norme da essa censurate, sicché la questione dedotta si appalesa irrilevante;

che pertanto essa va dichiarata manifestamente inammissibile, non essendo state addotte argomentazioni o profili nuovi rispetto a quelli già esaminati nella precedente decisione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, lett. d) e quinto comma della legge 30 aprile 1976, n. 159, nel testo sostituito dall'art. 3 della legge 8 ottobre 1976, n. 689, sollevata in riferimento all'art. 24, secondo comma, Cost. dalla Corte di Cassazione con le due ordinanze in data 6 dicembre 1983 indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 1985.

Livio PALADIN - Alberto MALAGUGINI

Depositata in cancelleria il 4 novembre 1985.