Sentenza n.236 del 1985

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SENTENZA N. 236

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 32, comma quarto, legge 3 aprile 1958 n. 460 (Stato giuridico ed avanzamento dei sottufficiali del corpo delle guardie di pubblica sicurezza) promosso con ordinanza emessa l'11 giugno 1979 dalla Corte dei Conti sul ricorso proposto da Giannelli Pietro, iscritta al n. 401 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 208 dell'anno 1980.

Udito nella camera di consiglio del 1 ottobre 1985 il Giudice relatore Ettore Gallo.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ord. 15 maggio 1974, la Corte dei Conti - Sez. III Giurisdizionale per le pensioni civili - nel giudizio promosso da Giannelli Pietro, ex-brigadiere di P.S., sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 32 comma quarto, l. 3 aprile 1958 n. 460, in riferimento all'art. 3 Cost.

Nell'ordinanza il giudice a quo osservava che, mentre gli ufficiali di P.S. dispensati dal servizio d'autorità o rimossi dal grado o cessati dal servizio per effetto di condanna penale, possono valersi, al pari degli ufficiali delle altre forze armate, dell'art. 12 r.d. 18 novembre 1920 n. 1626 che consentiva loro di conseguire la pensione con l'anzianità minima di quindici anni di servizio utile, la norma impugnata, invece, limitando il beneficio di tale minore anzianità ai soli sottufficiali che vengano dispensati per inidoneità o per scarso rendimento, esclude da quella favorevole previsione i sottufficiali che - come il ricorrente - fossero stati rimossi o dispensati a causa di condanna penale, e determina, perciò, manifesta e non giustificata disparità di trattamento.

Nelle more del giudizio dinanzi a questa Corte, entrava in vigore, il 1 giugno 1974, il T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendente civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, che all'art. 52 pacificava tutte le posizioni elevando ad anni venti di servizio effettivo il limite minimo per conseguire comunque la pensione, mentre l'art. 254 abrogava tutte le norme di quiescenza precedentemente vigenti e l'art. 256 disponeva che le nuove norme dovessero applicarsi anche ai casi in corso di trattazione, amministrativa o giurisdizionale, alla predetta data del 1 giugno 1974.

A seguito di ciò, questa Corte, con ordinanza 23 aprile 1976 n. 113, restituiva gli atti al primo giudice per un nuovo esame circa la rilevanza della sollevata questione.

La Corte dei Conti, richiamando pacifica propria giurisprudenza, secondo cui eventuali disposizioni più favorevoli preesistenti sopravvivono alla meno favorevole legge successiva, quando si tratti di applicarle a situazioni maturate sotto l'impero della legge precedente, riteneva altresì che siffatto principio dovesse conservare il suo valore anche a fronte di disposizioni abrogate che, nei cennati limiti di applicabilità, più favorevoli potrebbero diventare ove su di esse potesse ancora esercitarsi il sindacato di legittimità costituzionale.

Pertanto, riteneva quella Corte tuttora proponibile questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, comma quarto, l. 3 aprile 1958 n. 460, così come precedentemente sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., e rimetteva quindi nuovamente gli atti a questa Corte Costituzionale per la decisione, con ordinanza 11 giugno 1979.

 

Considerato in diritto

 

La Corte si é già pronunziata nel senso della sindacabilità anche di norme abrogate ogniqualvolta si tratti di "efficacia" e di "applicazione" della legge, "indipendentemente dalla sua avvenuta abrogazione", e sempre che si tratti di situazioni maturate anteriormente alla data in cui la norma ha cessato di avere vigore (sentenze n. 255/82, 77/63 e 4/59).

Passando, quindi, al merito della controversia, va osservato che, anche in ordine ad esso la Corte si é favorevolmente espressa dichiarando l'illegittimità di trattamenti differenziati in materia di pensione, quando si tratti di persone appartenenti alle stesse forze armate che abbiano analoghi doveri e versino nelle stesse condizioni: e ciò in quanto la differenza di grado non può avere alcuna rilevanza rispetto agli anni di servizio necessari per conseguire il diritto a pensione (Sentenze n. 255/82 e 114/71).

Nella specie la disparità di trattamento appare evidente dato che, all'epoca, quando le forze di P.S. erano inquadrate nelle Forze armate dello Stato, mentre l'ufficiale, rimosso dal grado a seguito di condanna penale, poteva conseguire la pensione purché avesse compiuto comunque quindici anni di servizio, il sottufficiale, invece, non poteva conseguirla se non fosse stato in servizio almeno vent'anni.

Talché, limitatamente agli effetti di applicazione della norma denunziata alla fattispecie nella quale rientra l'ipotesi in esame, va dichiarata l'illegittimità della norma in parte qua.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 32, comma quarto, della l. 3 aprile 1958 n. 460 (Stato giuridico ed avanzamento dei sottufficiali del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza), nella parte in cui non prevedeva che anche i sottuficiali di P.S. potessero conseguire la pensione al compimento di quindici anni di servizio se dispensati dal servizio di autorità, o rimossi dal grado o cessati comunque dal servizio per effetto di condanna penale.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 1985.

Livio PALADIN -  Ettore GALLO

Depositata in cancelleria il 25 ottobre 1985.