Sentenza n.199 del 1985

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SENTENZA N. 199

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della Convenzione tra la Repubblica Italiana e la Repubblica federale di Germania in materia di assicurazioni sociali, conclusa in Roma il 5 maggio 1953 e resa esecutiva con legge 17 luglio 1954, n. 823, promosso con ordinanza emessa il 20 gennaio 1980 dal Pretore di Avellino nel procedimento civile vertente tra Iantosca Felice e l'INAIL, iscritta al n. 162 del registro ordinanze del 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 172 dell'anno 1981.

Visto l'atto di costituzione dell'INAIL nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 maggio 1985 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari;

uditi l'avv. Carlo Monaco per l'INAIL e l'Avvocato dello Stato Giorgio Zagari per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza in data 20 gennaio 1980 il Pretore di Avellino esponeva che i genitori viventi a carico di un lavoratore italiano deceduto nella Repubblica federale tedesca a seguito di infortunio sul lavoro avevano convenuto in giudizio l'INAIL affinché, a norma della legge 8 aprile 1976, n. 174, ripristinasse la rendita loro erogata dal Comitato delle rendite della RFT sino al 25 giugno 1976. A tale data, infatti, ogni versamento era stato sospeso sul presupposto dell'avvenuta decadenza dal diritto ai sensi della legislazione germanica, la quale prevede che nulla più sia dovuto ai genitori superstiti dal giorno in cui il lavoratore deceduto avrebbe compiuto, se fosse sopravvissuto, il trentacinquesimo anno di età. L'INAIL aveva chiesto il rigetto della domanda deducendo, tra l'altro, che in virtù del principio della territorialità della legislazione sociale - nella specie previsto dall'art. 2 della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica federale di Germania in materia di assicurazioni sociali, ratificata con legge 17 luglio 1954, n. 823 - andava applicata la legge dello Stato nel cui territorio il lavoratore si trovava.

Sulla scorta di tali premesse, il Pretore di Avellino, ritenuto che in virtù dell'art. 2 della menzionata Convenzione e dell'art. 3 della legge di ratifica n. 823 del 1954 "i cittadini italiani nella Repubblica federale di Germania e i cittadini tedeschi nella Repubblica italiana sono sottoposti alla legislazione dello Stato contraente nel cui territorio si trovano" e che nella specie la legislazione tedesca applicabile effettivamente escludeva il beneficio della rendita a favore dei ricorrenti all'atto in cui il defunto avrebbe compiuto il trentacinquesimo anno di età, mentre, per converso, la corrispondente norma italiana di cui all'art. 85, n. 3, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, prevede che la rendita venga liquidata ai genitori che vivevano a carico del lavoratore deceduto per infortunio sul lavoro sino all'epoca della loro morte, ha sollevato, su eccezione dei ricorrenti, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale "dell'art. 2 dell'allegato 2 alla legge 17 luglio 1954, n. 823 e art. 3 della stessa legge" nella parte in cui non prevedono, in caso di infortunio mortale di un lavoratore italiano all'estero, "l'applicazione a favore dei congiunti superstiti residenti in Italia dell'eventuale legislazione sociale italiana che sia più favorevole; e, partitamente, che per i genitori superstiti a carico debba trovare applicazione il disposto dell'art. 85, n. 3, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124".

Ad avviso del giudice a quo, la circostanza che "due identiche situazioni giuridiche e di fatto che vedono coinvolti cittadini italiani siano disciplinate da diversa normativa" darebbe luogo ad un'evidente disparità di trattamento in violazione del disposto di cui all'art. 3 Cost. e non realizzerebbe pienamente quella tutela che l'art. 35 (ultimo comma) Cost. prescrive per il lavoro italiano all'estero.

2. - L'INAIL si é costituito in giudizio instando, senza peraltro svolgere alcuna argomentazione, per la declaratoria "della irrilevanza e della manifesta infondatezza" della sollevata questione di legittimità costituzionale.

3. - L'Avvocatura dello Stato, intervenuta per il Presidente del Consiglio dei ministri, ha chiesto che la questione venga dichiarata infondata assumendo, in primo luogo, che le diverse norme in materia non sono state poste entrambe dallo stesso legislatore italiano, al quale solo la Costituzione evidentemente si rivolge, sicché difetterebbero gli stessi presupposti per addurre una violazione del principio di uguaglianza; in secondo luogo, che, comunque, la denunziata disparità di trattamento si giustifica in base ad una differenza di situazioni e di regimi previdenziali che non possono riduttivamente valutarsi solo sotto l'aspetto considerato dal giudice a quo; in terzo luogo, che sarebbe contrario ad ogni ragionevolezza pretendere che la Repubblica federale tedesca assicuri ai superstiti dei lavoratori italiani un trattamento più favorevole di quello riservato ai propri cittadini; da ultimo, che l'art. 35 Cost. é disposizione sicuramente programmatica che, in parte de qua, può venire attuata solo attraverso gli accordi internazionali.

4. - L'INAIL, nell'imminenza della discussione, ha poi depositato memoria istando per la declaratoria d’inammissibilità per irrilevanza e, in subordine, di infondatezza della sollevata questione di legittimità costituzionale.

Quand'anche - si afferma in memoria - si pervenisse alla conclusione che la norma esecutiva del trattato italo-germanico sia incostituzionale, la disposizione di cui all'art. 13 del regolamento della CEE n. 1408 del 1971 (che é immediatamente applicabile negli Stati membri) disciplinerebbe comunque allo stesso modo il rapporto previdenziale sottoposto all'esame del giudice a quo: in ogni caso, cioé, dovrebbe ritenersi applicabile la legislazione previdenziale tedesca.

Nel merito, si nega recisamente che la diversità di trattamento fra situazioni di fatto profondamente differenti possa integrare alcuna violazione del principio di uguaglianza; e si afferma, anzi, che proprio in ottemperanza al disposto di cui all'art. 35 Cost. l'Italia ha stipulato con la Germania federale la Convenzione del 1953, grazie alla quale il rigore del principio della territorialità del regime previdenziale é stato attenuato, garantendosi il pagamento delle prestazioni dovute ai superstiti anche quando questi risiedano in uno Stato diverso da quello nel cui territorio l'attività lavorativa fu prestata.

5. - Alla pubblica udienza del 21 maggio 1985 le parti insistevano per l'accoglimento delle rispettive conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinamento previdenziale germanico prevede che, in caso d’infortunio mortale sul lavoro, ai superstiti a carico del lavoratore sia corrisposta, anche se residenti in altro Stato, una rendita sino al virtuale compimento del 35 anno del defunto. Tale disciplina si applica anche ai lavoratori italiani in Germania per effetto dell'art. 2 della Convenzione italo-tedesca (ratificata con la legge 17 maggio 1954, n. 823), il quale, infatti, stante la natura pubblicistica della normativa sociale, su cui poggia il principio c.d. della "territorialità " della normativa in parola, riconosciuto dai Paesi membri della CEE, sancisce l'assoggettamento dei lavoratori alla legislazione dello Stato in cui lavorano e subiscono l'infortunio. Nella specie, in seguito al decesso per infortunio di tal Iantosca Carmine - il cui rapporto di lavoro, alle dipendenze di una ditta tedesca, era sorto ed ebbe esecuzione in Germania, ove pure avvenne l'evento mortale - , l'ente assicuratore tedesco erogò ai genitori superstiti, residenti in Italia e già a carico del deceduto, la prescritta rendita, ma solo sino al 25 giugno 1976. Da ciò, l'azione dei genitori superstiti dinanzi al Pretore di Avellino quale giudice del lavoro, con richiesta all'INAIL di volere ripristinare, a norma della legge 8 aprile 1976, n. 174, la rendita della quale sino ad allora avevano goduto.

Il giudice a quo, dopo avere rilevato che per la identica fattispecie, mentre la legislazione tedesca dispone la decadenza dalla rendita al virtuale compimento del 35 anno del defunto lavoratore, quella italiana, viceversa, ne dispone l'erogazione sino alla morte dei superstiti a carico (art. 85, n. 3, d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), denuncia la violazione degli artt. 3 e 35 Cost., per disparità di trattamento e non adeguata tutela del lavoro italiano all'estero, ad opera dell'art. 2 dell'allegato 2 alla menzionata legge di ratifica 823/1954 e dell'art. 3 della stessa legge, "nella parte in cui non prevede... l'applicazione dell'eventuale legislazione sociale italiana che sia più favorevole...". É appena il caso di rilevare al riguardo che l'impugnazione dell'inesistente art. 3 della legge di ratifica é evidente errore materiale, dovendosi più esattamente ritenere impugnato l'art. 3 della menzionata Convenzione.

2. - Una questione sostanzialmente affine - trattavasi della misura di contributi per l'assicurazione obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia a favore di un lavoratore italiano in Olanda - é stata giudicata irrilevante da questa Corte (sent. n. 122 del 1976) sulla base della considerazione che "quand'anche... si pervenisse a dichiarazione d'incostituzionalità della norma nazionale impugnata, rimarrebbe sempre ferma la norma comunitaria a disciplinare nell'identico modo il rapporto previdenziale". La riportata motivazione vale a maggior ragione nel caso in esame, in cui il lavoratore italiano era alle dipendenze di una ditta tedesca ed il rapporto di lavoro era sorto ed ebbe svolgimento in Germania, sicché la questione dev'essere dichiarata inammissibile.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica federale di Germania in materia di assicurazioni sociali, resa esecutiva con legge 17 luglio 1954, n. 823, sollevata dal Pretore di Avellino, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione, con ordinanza in data 20 gennaio 1980 (reg. ord. n. 162 del 1981).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1985.

Guglielmo ROEHRSSEN - Giuseppe FERRARI

Depositata in cancelleria il 3 luglio 1985.