Sentenza n.198 del 1985

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SENTENZA N. 198

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 18 dicembre 1960, n. 1561 (Norme relative all'indennità di anzianità spettante agli impiegati privati) promosso con ordinanza emessa il 14 aprile 1977 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Di Giosia Antonio e Soc. italiana per le condotte d'acqua, iscritta al n. 262 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 190 dell'anno 1977.

Visti gli atti di costituzione della Soc. italiana per le condotte d'acqua, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 maggio 1985 il Giudice relatore Francesco Saja;

udito l'Avvocato dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso del 10 luglio 1976 Di Giosia Antonio e Fierro Giovanni chiedevano al Pretore di Roma, quale giudice del lavoro, che la s.p.a. "Società italiana per le condotte d'acqua" - alle cui dipendenze essi avevano lavorato come operai dal 23 luglio 1971 al 20 dicembre 1972 - fosse condannata al pagamento dell'indennità di anzianità calcolata nella misura di una mensilità di retribuzione per ogni anno di servizio prestato, secondo la previsione dell'art. 1 l. 18 dicembre 1960 n. 1561; o, in subordine, nella misura minore stabilita dall'art. 51 del contratto collettivo nazionale di lavoro per l'edilizia del 1 gennaio 1970.

Costituitasi la convenuta, la quale eccepiva l'infondatezza della domanda degli attori, il Pretore, con ordinanza del 14 aprile 1977 (reg. ord. n. 262 del 1977), rilevava che la cit. l. 18 dicembre 1960 n. 1561 limitava la sua previsione agli impiegati e non concerneva anche gli operai, ai quali, quindi, poteva spettare, in base ad una speciale disposizione normativa ovvero in base alla contrattazione collettiva o individuale, un'indennità in misura minore: lo stesso Pretore dubitava che tale diversità di trattamento determinasse la violazione del principio di eguaglianza e pertanto sollevava questione di legittimità costituzionale del cit. art. 1 l. n. 1561 del 1960 per contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione.

2. - La Presidenza del Consiglio dei ministri interveniva chiedendo che la questione fosse dichiarata non fondata, giacché la disciplina censurata era giustificata dalla diversa qualità delle prestazioni, a cui corrispondeva una differente retribuzione.

Si costituiva la s.p.a. "Società italiana per le condotte d'acqua", la quale eccepiva l'infondatezza della questione sostanzialmente per la medesima ragione addotta dalla Presidenza del Consiglio.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza di rimessione dubita della legittimità costituzionale dell'art. 1 l. 18 dicembre 1960 n. 1561, il quale dispone che l'indennità di anzianità spettante agli impiegati privati deve essere corrisposta in misura non inferiore all'importo di tante mensilità di retribuzione per quanti sono gli anni di servizio prestati.

Secondo il giudice a quo, detta norma sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3, primo comma, Cost., in quanto la sua previsione é limitata agli impiegati e non comprende anche gli operai, nei cui confronti é quindi possibile un trattamento meno favorevole in base a una speciale disposizione di legge ovvero per effetto di una contrattazione collettiva o individuale.

2. - La questione concerne dunque la legittimità, al fine della indennità suddetta, della distinzione tra operai e impiegati, la quale non é influenzata dalla recente l. 13 maggio 1985 n. 190 sul riconoscimento giuridico della categoria dei "quadri intermedi" (traduzione letterale dell'espressione francese cadre), in quanto questi ultimi rientrano pur sempre nell'ambito impiegatizio lato sensu inteso.

Da altro angolo visuale si deve poi osservare che la normativa censurata é stata sostituita dalla l. 29 maggio 1982 n. 297, la quale ha disposto una nuova disciplina della predetta indennità, adottando una diversa denominazione ("trattamento di fine rapporto") e apportandovi profonde trasformazioni nel metodo del calcolo e nei vari profili funzionari: detta legge però non si applica, come testualmente si ricava dal suo art. 5, ai rapporti esauriti, come quello in esame, che rimangono soggetti alla disciplina preesistente, sicché la rilevanza della proposta questione risulta tuttora immutata nei termini indicati nell'ordinanza di rimessione.

3. - Del problema relativo alla legittimità di un trattamento differenziato tra impiegati e operai la Corte ha avuto modo di occuparsi più volte, risolvendolo costantemente nel senso che sussiste in proposito una discrezionalità normativa, la quale consente di porre delle discriminazioni soltanto se esse sono conseguenti a caratteristiche particolari del rapporto di lavoro considerato, mentre non permette una disciplina differenziata rispetto a situazioni e bisogni comuni ai lavoratori di entrambe le categorie.

Così, é stata ritenuta legittima la discriminazione disposta in tema d’indennità di anzianità, in un caso previsto da un contratto collettivo (sent. 30 gennaio 1974 n. 18) e, in un altro, oggetto della legge 2 aprile 1958 n. 339 relativa al lavoro domestico (sent. 20 maggio 1976 n. 117). In entrambe le fattispecie la Corte, considerando - secondo la sua stessa giurisprudenza e il conforme orientamento dei giudici ordinari - l'indennità di anzianità come retribuzione differita, ha ritenuto che la diversità della disciplina non fosse di per sé irrazionale: e ciò perché consentiva di determinare più realisticamente, rispetto ai singoli rapporti, la parte di retribuzione di cui il lavoratore (operaio) poteva sopportare la corresponsione differita, anche in relazione alle probabili e peculiari esigenze che si sarebbero presentate alla fine del rapporto di lavoro.

Per contro, la Corte ha considerato illegittima la distinzione rispetto alla misura dell'invalidità pensionabile (sent. 6 luglio 1971 n. 160), all'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria (sent. 18 giugno 1975 n. 177), alla Cassa per il trattamento di richiamo alle armi (sent. 4 maggio 1984 n. 136) nonché alla durata minima dell'assenza per malattia ai fini della conservazione del posto di lavoro (sent. 5 novembre 1984 n. 247).

In tali casi, tenendo conto, ove applicabile, anche di una raccomandazione approvata il 27 settembre 1966 dalla CEE e relativa allo stato di invalidità del prestatore d'opera (operaio o impiegato), la Corte giudicò trattarsi di situazioni non suscettibili di differente trattamento e perciò ritenne ingiustificata ogni distinzione, dichiarando, di conseguenza, la illegittimità costituzionale delle disposizioni di legge impugnate.

4. - Seguendo la ricordata giurisprudenza, dalla quale non vi é motivo di discostarsi - né l'ordinanza di rimessione fornisce alcun nuovo argomento in proposito - non sembra dubbio che anche nell'ipotesi considerata debba ritenersi come la normativa in questione non sia in contrasto con il precetto dell'art. 3 Cost.

In realtà, la fattispecie del giudizio a quo é analoga a quelle esaminate con le richiamate decisioni (n. 18 del 1974, n. 117 del 1976) perché si tratta di indennità di anzianità fissata in un contratto collettivo in misura diversa per gli operai rispetto a quella stabilita per gli impiegati dalla legge n. 1561 del 1960, sicché valgono le medesime considerazioni contenute nelle decisioni stesse (si veda pure la cit. sent. n. 136 del 1984, in motivazione) per escludere la denunziata violazione della norma costituzionale.

5. - Né in proposito può influire l'equiparazione tra operai e impiegati accolta, quanto al trattamento di fine rapporto, dalla cit. l. n. 297 del 1982, la quale appunto nell'art. 4, quarto comma, ha stabilito una completa parità tra le due categorie, ma graduandola nel tempo, in modo che essa verrà a realizzarsi integralmente con il 31 dicembre 1989 (art. 5, quinto comma).

Invero la recente attuazione della detta equiparazione, avvenuta con la citata legge del 1982, non può avere incidenza su una normativa che la precede di oltre un ventennio, in quanto l'innovazione é conseguente alla natura della materia, soggetta a continua evoluzione per il sopravvenire di nuove concezioni economico-sociali e di tecniche diverse, di cui il legislatore tiene conto seguendone le linee di sviluppo ed apportando correlativamente le conseguenti modificazioni normative: e qui in particolare va osservato come la discriminazione tra operai e impiegati sia diventata con il tempo sempre più labile e incerta, sicché razionalmente il legislatore - in corrispondenza anche alle richieste delle organizzazioni sindacali - non l'ha ritenuta più idonea a fornire un valido criterio discriminante nella materia in cui si tratta.

Inoltre é dubbio che il carattere retributivo dell'indennità di anzianità, il quale costituiva, come si é detto, l'indispensabile presupposto della ricordata disciplina differenziata, possa essere con certezza riferito anche all'attuale "trattamento", congegnato in maniera affatto diversa, sì da indurre parte della dottrina a formulare nuove e diverse teorie sulla sua natura giuridica. Pertanto é da ritenere che, anche sotto questo profilo, la richiesta equiparazione potrebbe collegarsi nel nuovo assetto normativo ad un presupposto logico-giuridico non riscontrabile nella precedente legislazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 l. 18 dicembre 1960 n. 1561, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. dal Pretore di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1985.

Guglielmo ROEHRSSEN - Francesco SAJA

Depositata in cancelleria il 3 luglio 1985.