Sentenza n.193 del 1985

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SENTENZA N. 193

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 273 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 27 giugno 1984 dalla Corte d'Assise di Palermo nei procedimenti penali riuniti a carico di Busà Vittorio Maria, iscritta al n. 1023 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19 bis dell'anno 1985.

Udito nell'udienza pubblica del 19 marzo 1985 il Giudice relatore Ettore Gallo.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel processo penale contro Busà Vittorio Maria, imputato del delitto di cui all'art. 273 cod. pen. per avere promosso, costituito, organizzato e diretto nel territorio dello Stato, senza autorizzazione del Governo, due associazioni di carattere internazionale (l'una denominata "Parlamento mondiale per la sicurezza e la pace", l'altra Sezione della "Confederation Europeenne de l'Ordre Judiciaire"), la Corte d'Assise di Palermo, con ordinanza 27 giugno 1984, sollevava questione di legittimità costituzionale del citato articolo per contrasto con gli artt. 2, 11 e 18 della Costituzione.

L'ordinanza premette che, sulla base del principio di cui all'art. 2 che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, l'art. 18 della Costituzione consente ai cittadini di associarsi liberamente, e senza alcuna autorizzazione, purché i fini dell'associazione non sieno vietati ai singoli dalla legge penale, e non si tratti di scopi politici perseguiti mediante organizzazioni militari, oppure di associazioni segrete.

Non sussistono, dunque, nella Carta fondamentale, altri limiti alla libertà di associarsi - soggiungono i giudici rimettenti -, e tuttavia gli artt, 273 e 274 del cod. pen., nonché l'art. 211 T.U. leggi P.S., subordinano la liceità delle associazioni internazionali ad autorizzazione governativa. Fra l'altro, una tale limitazione, esclusa dall'art. 18, contrasta anche con l'art. 11 Cost. che prevede addirittura la promozione e il favore da parte dell'Italia delle organizzazioni internazionali rivolte ad assicurare la pace e la giustizia fra i popoli.

La questione, pertanto, non sembrando manifestamente infondata, ed essendo evidentemente rilevante dato che il Busà é imputato proprio del delitto previsto e punito dall'art. 273 cod. pen., viene rimessa al giudizio della Corte.

Nessuno si é costituito o é intervenuto nel giudizio.

 

Considerato in diritto

 

1. - Non può esservi dubbio sull'incompatibilità della disposizione di cui all'art. 273 cod. pen. rispetto al principio proclamato dall'art. 18 Cost..

L'illiceità, infatti, sancita dalla citata norma del codice penale non ha altra ragione se non appunto la carenza di quell'autorizzazione del Governo alla promozione, alla costituzione, all'organizzazione o alla direzione di associazioni, enti o istituti di carattere internazionale, o sezioni di essi, che l'art. 18 Cost. espressamente invece esclude. Vero é che quest'ultimo articolo non fa esplicito riferimento ad associazioni internazionali, ma basterebbe già il fatto della garenzia costituzionale accordata genericamente al "diritto di associarsi liberamente" per ritenervi implicito il più ampio diritto di associarsi. Tanto più poi che la norma costituzionale, tanto nello stesso primo comma quanto nel secondo, indica i limiti espressi che circoscrivono quel diritto: sì che non può essere consentito al legislatore ordinario di aggiungerne altri che il Costituente non ha previsti.

D'altra parte, l'art. 11 Cost. toglie ogni possibile dubbio sul punto, avvertendo, nell'ultimo inciso, che l'Italia "promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte, fra l'altro, allo scopo di ripudiare la guerra ... come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e di affermare (persino limitando la propria sovranità) un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Ebbene, l'idea di un "Parlamento mondiale per la sicurezza e la pace" e di una "Confederazione europea dell'ordine giudiziario", oggetto dell'imputazione, nel processo penale da cui é sorto l'incidente di legittimità in esame, sembra effettivamente corrispondere - indipendentemente dalla sua effettiva efficacia - allo scopo che la Costituzione tutela.

Ne consegue che effettivamente anche nei confronti dell'art. 11 Cost. si verifica il conflitto della norma impugnata, senza che sia necessario a questo punto invocare anche l'art. 2 come norma fondamentale, attesa l'esistenza di ben due espresse disposizioni specifiche.

2. - Parte della dottrina, ma anche qualche pronunzia giurisprudenziale di merito, hanno ritenuto che l'art. 273 cod. pen. debba considerarsi abrogato per il solo fatto dell'instaurazione dell'ordinamento della Repubblica democratica. Ora, che si tratti di fattispecie effettivamente ispirata allo spirito di ben altra stagione politico-istituzionale non può essere messo in dubbio: ritiene, però, la Corte che, una volta entrata in vigore la legge fondamentale dello Stato repubblicano, ogni questione concernente la compatibilità rispetto ad essa delle leggi ordinarie, sieno esse preesistenti o successive, debba essere decisa secondo le indicazioni di cui all'art. 134 Cost. (Sent. n. 1/1956).

D'altra parte, il riconoscimento dell'avvenuta abrogazione di una norma rientra nella competenza del giudice ordinario. Se la Corte d'Assise di Palermo ha ritenuto, invece, di rimettere la questione a questa Corte, nonostante l'impropria espressione usata dall'ordinanza nella parte conclusiva (... "ove la Corte costituzionale non dovesse abrogare l'art. 273 cod. pen.") si é evidentemente inteso di non riconoscere l'intercorsa abrogazione della norma.

L'illegittimità costituzionale della denunziata fattispecie dev'essere, perciò, dichiarata.

3. - Una volta, però, adottata, nei limiti dell'impugnazione, la predetta decisione, ne deriva altresì, come immediata conseguenza, ai sensi dell'art. 27 della l. 11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità dell'art. 274 cod. pen. nonché dell'art. 211 T.U. leggi Pubblica sicurezza.

Quanto al primo, perché eleva ad oggetto della qualificazione la partecipazione nel territorio dello Stato a quegli stessi enti, associazioni o istituti, o sezioni di essi, contemplati nell'articolo precedente, di cui contestualmente viene riconosciuta l'illegittimità costituzionale. Quanto al secondo, perché contempla comprensivamente ambe le stesse situazioni descritte negli artt. 273 e 274 cod. pen..

Pari declaratoria d'illegittimità dev'essere, dunque, estesa anche alle due indicate norme.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 273 cod. pen.;

dichiara altresì, ai sensi dell'art. 27 l. 11 marzo 1953 n. 87 l'illegittimità costituzionale degli artt. 274 cod. pen. e 211 r.d. 18 giugno 1931 n. 773 (T.U. leggi di Pubblica sicurezza).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1985.

Guglielmo ROEHRSSEN - Ettore GALLO

Depositata in cancelleria il 3 luglio 1985.