Sentenza n.188 del 1985

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SENTENZA N. 188

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 17 luglio 1974, n. 31 (norme di adattamento al personale regionale di alcune disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1970, n. 1077), promosso con l'ordinanza emessa il 19 gennaio 1977 dal TAR per il Friuli-Venezia Giulia sui ricorsi riuniti proposti da Altobelli Vito ed altri contro Regione Friuli-Venezia Giulia ed altri, iscritta al n. 414 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 293 dell'anno 1977.

Visti gli atti di costituzione di Altobelli e Benedetti nonché gli atti di intervento del Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia;

udito nell'udienza pubblica del 7 maggio 1985 il Giudice relatore Francesco Greco;

udito l'avv. Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

 

Ritenuto in fatto

 

Vito Altobelli, Giovanni Vezil, Luigi Benedetti, direttori di servizio di II classe, impugnavano dinanzi al TAR del Friuli-Venezia Giulia - Trieste i decreti nn. 0275/Pres. e 0276/Pres. del 6 febbraio 1975, con i quali erano stati promossi direttori di servizio di I classe il dr. Francesco Udina e il dr. Salvatore Anfuso (dec. 1 gennaio 1974) ed il dr. Gioacchino Tringale (dec. 1 luglio 1974).

La difesa dei ricorrenti Altobelli e Benedetti sollevava preliminarmente eccezione d’illegittimità costituzionale della legge regionale 17 luglio 1974, n. 31 che aveva mutato la disciplina normativa delle promozioni suddette per contrasto con gli artt. 4 e 68 dello Statuto per la Regione Friuli-Venezia Giulia (L.C. 31 gennaio 1963, n. 1).

Sosteneva che la legge regionale suddetta n. 31/74, in quanto rinviava alla data di entrata in vigore della legge regionale sul riordinamento delle carriere l'applicazione degli artt. 36, 37, 38 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077 (recepiti già dalla legge regionale n. 46 del 9 novembre 1971), violava gli artt. 4 e 68 dello Statuto regionale che disponevano il rispetto dei principi generali dell'ordinamento statale anche per quanto riguarda lo stato giuridico ed il trattamento economico del personale di ruolo regionale.

L'Avvocatura dello Stato, per la Regione, ed il ricorrente Vezil contestavano l'eccezione.

L'Avvocatura dello Stato rilevava che il legislatore regionale era vincolato ai soli principi generali in materia di pubblico impiego i quali non risultavano violati dal semplice rinvio dei termini di decorrenza; che la norma del 1970, alla quale la Regione non si sarebbe uniformata, era un decreto legislativo delegato il quale, in quanto tale non può contenere principi e criteri nuovi se la legge di delega non li prevede specificamente e la legge di delega 18 marzo 1968, n. 249, modificata con la legge 28 ottobre 1970, n. 775, non contiene una previsione del genere.

La difesa del Vezil osservava che, se era vero che l'art. 4 dello Statuto regionale per il Friuli-Venezia Giulia si richiama "ai principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato", tali limiti non erano superati né con la legge 31/1974 né con le altre leggi regionali; e che, comunque, le norme contenute nel d.P.R. 1077/70 erano solo di dettaglio.

Il TAR, con ordinanza depositata il 29 marzo 1977, sollevava la questione di illegittimità costituzionale dell'articolo unico della legge regionale 17 luglio 1974, n. 31 in relazione agli artt. 4 e 68, secondo comma, dello Statuto regionale approvato con L.C. 31 gennaio 1963, n. 1, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata e la sottoponeva al giudizio di questa Corte.

Considerava che la decisione dei ricorsi richiedeva il giudizio sull'applicabilità o meno ai dipendenti regionali delle norme del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077; che la norma dell'art. 68 dello Statuto regionale, che imponeva l'obbligo di uniformarsi, nella disciplina del rapporto del pubblico impiego regionale, alle norme statali, obbligava il legislatore regionale di rendere noto all'interprete lo scopo di pubblico interesse che aveva determinato la divergente normazione; che detto scopo non era percepibile in quanto la norma statale derogata riguardava il punteggio da attribuire all'anzianità di servizio nelle promozioni per merito comparativo e che essa era stata recepita dalla legge regionale n. 46 del 9 novembre 1971; che la valutazione del legislatore regionale si inseriva in una prospettiva generale di riforma della burocrazia regionale di cui non erano enunciate le linee direttive.

L'ordinanza, regolarmente comunicata e notificata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 272 del 5 ottobre 1977.

Nel susseguente giudizio si sono costituiti i dott.ri Vito Altobelli e Luigi Benedetti, parti ricorrenti nel giudizio a quo, i quali hanno depositato memorie di contenuto adesivo alle argomentazioni con le quali l'esposta ordinanza motiva la non manifesta infondatezza della questione.

Ha proposto intervento il Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, osservando, all'opposto, l'infondatezza della questione: in quanto la normativa statale derogata con l'impugnata legge non contiene alcun principio fondamentale dell'ordinamento in materia di pubblico impiego, tutto riducendosi ad un marginale problema di decorrenza dell'applicabilità di una determinata disciplina sulla cui sostanziale ricezione nell'ordinamento regionale non vi sono dubbi. D'altra parte, mentre é erroneo ritenere che la sussistenza di un pubblico interesse costituisca un prius rispetto ad una determinata legge e non, piuttosto, il portato e la conseguenza della medesima, le motivazioni di fondo dell'impugnata norma emergono dal suo stesso contesto; essendo prevista una legge organica di ristrutturazione della burocrazia regionale, era apparso congruo che l'ugualmente prevista ricezione della normativa statale in materia di promozioni - peraltro, già disposta con la recente legge regionale n. 46 del 1971 - avesse effetto unitamente alle devisate innovazioni organizzative.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il TAR del Friuli-Venezia Giulia dubita della legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge 17 luglio 1974, n. 31 della Regione Friuli-Venezia Giulia il quale ha statuito che le disposizioni di cui agli artt. 36, 37 e 38 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077 avessero effetto dalla data di entrata in vigore della legge regionale, concernente il riordinamento delle carriere e la ristrutturazione della burocrazia regionale. Ed ha posto il dubbio di costituzionalità in riferimento all'art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), il quale articolo, anche in materia di stato giuridico ed economico del personale della Regione (n. 1), subordina la potestà legislativa della suddetta Regione al rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato ed all'art. 68, secondo comma, della stessa legge costituzionale, il quale, nella menzionata materia, stabilisce il principio secondo cui le norme regionali devono uniformarsi a quelle dettate per il personale statale.

2. - La questione non é fondata.

La Regione Friuli-Venezia Giulia, siccome a statuto speciale, ha potestà legislativa autonoma, primaria o esclusiva, in un numero determinato di materie e di vasti settori di intervento tra cui l'ordinamento degli Uffici e degli Enti dipendenti dalla Regione e dello stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto.

Detta potestà, però, é soggetta a dei limiti, tra i quali, per quello che interessa la fattispecie, vi sono quelli dell'osservanza dei principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato (art. 4 dello Statuto Regionale) e della uniformità alle norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale statale (art. 68 dello Statuto Regionale).

Queste due norme costituzionali, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 100/67; n. 8/67), s’integrano a vicenda ed in particolare la norma dettata dall'art. 68 Stat. Reg., di natura accessoria, chiarisce la portata del precedente art. 4 dello stesso statuto; e più propriamente, come quella contenuta nel precedente art. 67 dello stesso statuto, tutela piuttosto rigorosamente l'esigenza del contenimento delle spese regionali in materia di impiego pubblico regionale.

Del resto, proprio perché la Regione ha autonomia legislativa primaria, non può assolutamente ritenersi che la legislazione da essa creata debba, pedissequamente ed integralmente, recepire quella statale in materia. Se ciò fosse, la legislazione regionale verrebbe ad assumere inammissibilmente contenuto meramente integrativo e l'autonomia legislativa, costituzionalmente assicurata, risulterebbe irreparabilmente compromessa.

In tale situazione, quindi, i principi generali dell'ordinamento statale sullo stato giuridico degli impiegati che in materia di progressione della carriera dei propri dipendenti la Regione doveva osservare ed ai quali doveva uniformarsi, erano quelli essenziali dell'attribuzione dei posti in parte per concorso interno ed in parte per scrutinio per merito comparativo.

E tali limiti, nella fattispecie, la Regione ha osservato avendo fatto ricorso, per la promozione di alcuni dipendenti, allo scrutinio per merito comparativo. Solo che, per effetto della norma impugnata, non ha utilizzato rapporti informativi redatti secondo le modalità stabilite dall'art. 36, integrato dagli artt. 37 e 38 del d.P.R. n. 1077 del 1970.

In definitiva, quindi, la difformità o l’inosservanza ha riguardato un mero dettaglio del tutto trascurabile, come ha riconosciuto lo stesso giudice a quo, che non poteva certamente vincolare l'autonomia legislativa della Regione.

Del resto, la legge impugnata ha solo sospeso l'attuazione della legge statale in punti non importanti e non rilevanti ma secondari, per un breve periodo di tempo e cioé dal 17 luglio 1974 al 5 agosto 1975, data di entrata in vigore della legge regionale che ha riordinato le carriere e ristrutturato la burocrazia regionale.

Peraltro, lo stesso legislatore statale aveva rinviato l'attuazione dei predetti articoli (36, 37, 38) al 1 gennaio 1973 (art. 153, quarto comma, d.P.R. n. 1077 del 1970).

Va anche osservato che il riordino delle carriere e la ristrutturazione della burocrazia regionale é avvenuta in armonia con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di impiego pubblico, valorizzandosi la professionalità ed attuandosi la responsabilizzazione del personale mentre la progressione é fondata su criteri diversi dalle risultanze dei rapporti informativi e cioé, in ispecial modo, sull'anzianità e consiste nell'attribuzione di livelli funzionali progressivi.

3. - Né può essere condivisa la ragione sulla quale il giudice a quo ha, in definitiva, principalmente fondato la denunciata violazione dei principi costituzionali e cioé la mancanza di chiarezza e di manifestazione dello scopo di pubblico interesse che, a suo parere, avrebbe determinato la legiferazione regionale in modo diverso da quella statale.

Anzitutto, detta ragione non integra un vero e proprio principio costituzionale da osservarsi dalla Regione. Inoltre, non si é trattato di un diverso modo di legiferare ma di una sospensione di breve durata di una norma statale di mero dettaglio.

Infine, la Regione ha manifestato la ragione della norma di sospensione e cioé l'opportunità di attendere l'attuazione della radicale riforma della disciplina del rapporto di impiego pubblico regionale e dello stato giuridico dei propri dipendenti che, in armonia con la disciplina statale, anche essa in via di riforma, avrebbe dovuto tendere verso modelli capaci di offrire una maggiore rispondenza dell'azione amministrativa ai bisogni ed alle esigenze di ordine sociale e collettivo, per un migliore utilizzo delle attitudini e delle capacità professionali del personale.

La norma impugnata, quindi, oltre a rientrare nell'esercizio dell'autonomia legislativa di cui la Regione gode, risulta avere una propria razionalità ed una ragionevole giustificazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 17 luglio 1974, n. 31 (norme di adattamento al personale regionale di alcune disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1970, n. 1077) in riferimento agli artt. 4 e 68 dello Statuto regionale, sollevata dal TAR Friuli-Venezia Giulia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 giugno 1985.

Guglielmo ROEHRSSEN - Francesco GRECO

Depositata in cancelleria il 28 giugno 1985.