Sentenza n.116 del 1985

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SENTENZA N. 116

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

AVV. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

AVV. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 15 commi primo e secondo, legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari ed amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 30 ottobre 1981 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Pezzana Aldo ed altro e Ministero del Tesoro ed altri, iscritta al n. 812 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 96 del 1982;

2) ordinanza emessa il 9 dicembre 1981 dal T.A.R. per il Lazio sul ricorso proposto da Imperatrice Giovanni c/Presidente del Consiglio di Stato ed altri, iscritta al n. 106 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 192 del 1982;

3) ordinanza emessa il 7 ottobre 1983 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Pezzana Aldo e Ministero del Tesoro, iscritta al n. 1097 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 134 del l984;

4) ordinanza emessa il 26 novembre 1983 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Delli Priscoli Mario e Ministero del Tesoro, iscritta al n. 502 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 266 del 1984.

Visti gli atti di costituzione di Pezzana Aldo e De Simone Felice;

udito nell'udienza pubblica del 19 marzo 1985 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

udito l'avv. Filippo Bracci per Pezzana Aldo.

 

Ritenuto in fatto

 

1.1. - Con ordinanza emessa il 30 ottobre 1981 (comunicata il 26 e notificata il 28 del successivo novembre; pubblicata nella G.U. n. 96 del 7 aprile 1982 e iscritta al n. 812 R.O. 1981) nel giudizio promosso da Pezzana Aldo (presidente di sezione del Consiglio di Stato) e De Simone Felice (consigliere di corte d'appello), membri del collegio arbitrale costituito ai sensi del capitolato generale per gli appalti delle opere pubbliche per la risoluzione della controversia tra l'Impresa Vito Bonaccorso e il Consorzio di Bonifica Borgo Cascino, che avevano anche nei confronti del Min. Tesoro chiesto liquidare secondo giustizia gli onorari di arbitri e condannare - previa, ove occorresse, rimessione degli atti alla Corte Costituzionale - le parti in solido a versare per intero gli onorari, salve le ritenute IRPEF, ad essi attori e non al Min. Tesoro, il Tribunale di Roma, Sez. 1.a civ., giudicò rilevante e, in riferimento agli artt. 3, 53 e 36 Cost., non manifestamente infondata la questione d'illegittimità costituzionale dell'art. 15, comma primo e, per conseguenzialità, comma secondo l. 2 aprile 1979, n. 97 sul riflesso I) in riferimento all'art. 3 che non sarebbe razionalmente giustificata la discriminazione operata ai danni dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato nei confronti degli altri arbitri in genere e, in particolare, di quelli che sono dipendenti dello Stato o dipendenti pubblici perché Ia) nel particolare status dei magistrati e degli avvocati dello Stato non si ravviserebbe alcun elemento che possa avere interferenza con la attribuzione dei compensi per l'eventuale attività arbitrale, Ib) né giustificazione si rinverrebbe nel trattamento economico spettante a magistrati e avvocati dello Stato, che non sarebbe il più elevato tra quelli dei pubblici dipendenti, Ic) né rappresenterebbe utile spiegazione l'attività svolta nei due campi "giacché - a parte il rilievo che l'affinità é insussistente per gli avvocati e i procuratori dello Stato - non appare giustificabile, comunque, per tale considerazione il quasi totale esproprio del compenso (all'80% di ritenute va aggiunta, poi, l'applicazione dell'IRPEF con aliquote, in genere, tra il 30 e il 40% sul residuo 20%)", Id) nella più parte delle controversie di solito compromesse per arbitri "il singolo magistrato, nominato arbitro, o la categoria cui appartiene non avrebbe giurisdizione o competenza per giudicare", Ie) né, infine, sarebbe ragionevole evocare la opportunità di "disaffezionare" i magistrati e gli avvocati e procuratori dello Stato dall'attività arbitrale "sia perché in molti casi, come il presente, la partecipazione dei magistrati ai collegi arbitrali é imposta dalla legge, sia perché non potrebbe ritenersi ammissibile al fine uno strumento del genere, tanto più che il sistema delle preventive autorizzazioni degli organi competenti esclude ogni possibilità di abuso", II) in riferimento all'art. 53 che l'afflusso delle ritenute nel conto entrate del Tesoro senza una particolare destinazione rappresenterebbe un'anormale forma d'imposizione che prescinde dalla entità dei compensi, III) in riferimento all'art. 36, comma primo che non sarebbe proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro degli arbitri una retribuzione coattivamente ridotta ad un quinto di quella liquidata o liquidabile come congrua per lo stesso lavoro ad un soggetto non rientrante nella previsione dell'impugnato art. 15.

1.2. - Avanti la Corte non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri e delle parti del giudizio a quo si sono costituiti i soli Pezzana e De Simone con memoria depositata il 16 novembre 1982 e, pertanto, fuori termine.

2.1. - Con ordinanza emessa il 9 dicembre 1981 (comunicata l'11 e notificata il 15 gennaio 1982; pubblicata nella G.U. n. 192 del 14 luglio 1982 e iscritta al n. 106 R.O. 1982) sul ricorso proposto da Giovanni Imperatrice (presidente di sezione del Consiglio di Stato) con atto notificato il 17 luglio 1981 avverso il decreto 16 maggio 1981 con cui il Presidente del Consiglio di Stato lo aveva nominato quinto membro, con funzioni di presidente, del collegio arbitrale da costituirsi su istanza dell'ATAC di Roma e dell'impresa Pessina s.p.a., che (parti nel contratto di appalto per la costruzione della rimessa Magliana) avevano stipulato clausola compromissoria nella quale avevano richiamato il capitolato generale di appalto per le opere pubbliche appr. con d.P.R. 16 maggio 1962, n. 1063, il T.A.R. Lazio Sez. l.a, ritenuti la propria giurisdizione e l'interesse dell'Imperatrice a proporre ricorso, reputò rilevante la questione d'illegittimità costituzionale dei commi primo e secondo dell'art. 15 l. 97/1979 - proposta dall'Imperatrice - che giudicò manifestamente infondata in riferimento all'art. 36 comma primo e agli artt. 3 e 24, e non manifestamente infondata I) in riferimento agli artt. 3 e 36 comma primo Cost. a motivo della irrazionale discriminazione operata in danno del personale di cui alla legge 24 maggio 1951, n. 392 e dei magistrati amministrativi regionali rispetto ad altre categorie di soggetti e in particolare agli altri dipendenti della pubblica Amministrazione, con specifico riferimento all'art. 45 d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (Approvazione del capitolato generale di appalto), e II) in riferimento agli artt. 3 e 53, comma primo Cost. per non tenersi conto dei criteri di cui all'art. 53 comma primo in danno del personale di cui alla l. 392/1951.

2.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti del giudizio a quo si é costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

3.1. - Con ordinanza emessa il 7 ottobre 1983 (notificata il 21 novembre e comunicata il 6 dicembre 1983; pubblicata nella G.U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 1097 R.O. 1983) sulla domanda, proposta con atto notificato i 5, 7 e 9 aprile 1983 alla s.p.a. Cantieri Navali Riuniti e ai Ministeri della Difesa e del Tesoro con la quale Aldo Pezzana, che aveva presieduto il collegio arbitrale costituito per dirimere le controversie tra la s.p.a. Cantieri Riuniti di Genova e il Min. Difesa per la revisione prezzi e conseguente risarcimento dei danni in dipendenza di contratto di appalto della costruzione di quattro fregate, aveva chiesto accertarsi - previa dichiarazione di non manifesta infondatezza della questione d'incostituzionalità dell'art. 15, commi primo e secondo l. 2 aprile 1979, n. 97 - il diritto a percepire l'intero compenso per l'opera di arbitro, il Tribunale di Roma giudicò rilevante e, in riferimento agli artt. 3, 36 e 53 Cost., non manifestamente infondata la proposta questione.

3.2. - Avanti la Corte non ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri; si é costituito per il Pezzana l'avv. Filippo Bracci giusta delega in margine alla memoria depositata il 21 dicembre 1983, con la quale, richiamate la C. cost. 141/1980, resa dalla Corte in merito alla l. 10 dicembre 1976, n. 797, e la C. cost. 42/1980 dichiarativa dell'illegittimità dell'ILOR a carico dei lavoratori autonomi, ha posto in rilievo la inidoneità della qualità di magistrato a giustificare il trattamento discriminatorio, ad es., nel campo degli arbitrati in materia di opere pubbliche, la violazione dell'art. 36, ha richiamato la C. cost. 130/1982 dichiarativa dell'esclusione del diritto a compenso dei componenti delle commissioni tributarie che siano impiegati amministrativi dello Stato e, infine, la dec. 12 dicembre 1972, n. 1302 con la quale il Cons. Stato sez. IV giurisd. riconobbe spettare ai magistrati (ordinari e amministrativi) l'indennità mensile prevista per i componenti il Trib. sup. acque pubbliche dalla l. 1 agosto 1959, n. 704. Nella memoria depositata il 5 marzo 1985 la difesa del Pezzana si é soffermata sulla rilevanza della questione nell'esame della domanda di rilievo.

4.1. - Con ordinanza emessa il 26 novembre 1983 (comunicata il 24 febbraio e notificata il 2 aprile del 1984; pubblicata nella G.U. n. 266 del 26 settembre 1984 e iscritta al n. 502 R.O. 1984) nel giudizio promosso con atto notificato il 14 febbraio 1982, con il quale Delli Priscoli Mario, magistrato di Cassazione in sevizio presso il Tribunale di Roma, che ebbe ad espletare funzioni di presidente del collegio arbitrale, costituito per dirimere la vertenza insorta tra s.p.a. "Alpina" e l' "A.N.A.S." aveva chiesto - previa rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per la risoluzione della questione d'illegittimità costituzionale dell'art. 15, comma primo e, per conseguenzialità, comma secondo l. 2 aprile 1979, n. 97 - condannare il Min. Tesoro al pagamento, a favore di esso attore, della somma di lire 88.000.000 con la rivalutazione monetaria e gli interessi, il Tribunale di Roma giudicò rilevante e non manifestamente infondata la questione d'illegittimità dell'art. 15 l. 97/1979 I) in riferimento all'art. 3 Cost. per essere ingiustificato il trattamento discriminatorio riservato al personale di cui alla l. 392/1951 e ai magistrati amministrativi regionali, e II) in riferimento all'art. 53 Cost. perché la norma impugnata, con prevedere il diretto versamento dell'80% dei compensi in conto entrate del Tesoro dello Stato, ha introdotto nell'ordinamento una imposizione di carattere fiscale che non risponde ad alcuno dei requisiti prescritti dalla norma costituzionale.

4.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti del giudizio a quo si é costituita né ha spiegato intenento il Presidente del Consiglio dei ministri.

5. - Nella pubblica udienza del 19 marzo 1985 il giudice Andrioli ha svolto la relazione dei quattro incidenti e l'avv. Bracci nell'interesse del Pezzana ha illustrato la conclusione di fondatezza della questione.

 

Considerato in diritto

 

6.1. - Oggetto dei quattro incidenti sono i commi primo ("Le somme dovute al personale di cui alla legge 24 maggio 1951, n. 392, ed ai magistrati amministrativi regionali a titolo di compenso per lo svolgimento delle funzioni di arbitro debbono essere versate da coloro che sono tenuti ad erogarle direttamente in conto entrate del tesoro, nella misura dell'ottanta per cento") e secondo ("Degli avvenuti versamenti é data di volta in volta comunicazione all'ufficio di appartenenza del magistrato ovvero dell'avvocato e procuratore dello Stato interessato") dell'art. 15 (Devoluzione all'erario dei compensi per gli arbitrati) della legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari ed amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato), e, sebbene non tutti i giudici a quibus abbiano assunto a parametro, senza esclusione, gli artt. 3, 36 e 53 Cost., se ne impone la riunione ai fini di unica deliberazione

6.2. - La constatazione - desunta dai lavori preparatori relativi all'art. 15, commi primo e secondo - che non solo i conditores non avvertirono la esigenza di porre la nascitura disposizione a raffronto con i dettami costituzionali, ma non pochi si dolsero di ciò che soltanto l'80 per cento dei compensi fosse da versare in conto entrate del Tesoro, non impedisce alla Corte di procedere allo scrutinio di costituzionalità che sarebbe per contro superfluo in ordinamenti stranieri nei quali non s'incontrano, per quanto consta, norme che impongano né interpretazioni che consiglino falcidia dei compensi dovuti a magistrati per l'esplicazione di funzioni arbitrali.

7. - Dei tre parametri, cui han fatto in varia guisa capo il Tribunale di Roma (supra 1.1., 3.1., 4.1.) e il T.A.R. Lazio (supra 2.1.), é sufficiente a corroborare la proposta questione l'art. 3 perché del tutto priva di razionalità é la sottrazione dell'80 per cento dei compensi arbitrali comminata dai due primi commi dell'art. 15 a carico di magistrati ordinari, del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e della Giustizia militare e degli avvocati e procuratori dello Stato (del personale - si vuol dire - di cui alla l. 392/1951) e dei magistrati amministrativi regionali: sul piano obiettivo la naturale identità di opera spiegata da costoro e da altri che non rientrino nelle specie delineate nella l. 392/1951 ne esplichino funzioni di magistrati amministrativi regionali non consente che il compenso dovuto ai primi sia sol pari ad un quinto del compenso cui possono aver diritto gli altri; sul piano soggettivo, poi, lo status di magistrati e di difensori dello Stato, in punto a legittimazione a spiegare funzioni arbitrali, non giustifica la falcidia dei compensi di cui non sono per contro fatti segno gli esercenti di altre pubbliche funzioni e, addirittura, i dipendenti pubblici di qualsiasi genere.

Né a conferire una qualche ragionevolezza alla disposizione impugnata giova una sorta di "disaffezione" dall'esercizio di funzioni arbitrali che a magistrati e a difensori dello Stato potrebbe rivenire dal prelievo pecuniario vuoi perché - a tacer d'altro - unica "disaffezione" valida sarebbe il divieto di esercitare funzioni arbitrali (che, a quanto consta, nessun ordinamento straniero commina), vuoi perché non può senza contraddizione il potere legislativo per un verso dissuadere i magistrati dall'arbitrato e per altro verso chiamarli a far parte dei collegi arbitrali previsti nell'art. 45 del Capitolato generale di appalto per le opere pubbliche di competenza del Ministero dei lavori pubblici (appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063) in una con un componente tecnico del Consiglio superiore dei LL.PP. e di un funzionario della carriera direttiva, amministrativa e tecnica del Ministero dei lavori pubblici i cui compensi non sono assoggettati a prelievo di sorta.

Né, infine, va lasciata in ombra la discrasia tra avvocati e procuratori dello Stato e avvocati e procuratori degli uffici legali organicamente costituiti presso le province, i comuni, le istituzioni di beneficenza e, in genere, qualsiasi altra amministrazione o istituzione pubblica, soggetta a tutela o a vigilanza dello stato, delle province e dei comuni, iscritti in un albo speciale, annesso all'albo ordinario, che sono retribuiti con stipendio e rivestono quindi qualità di impiegati e - pur essendo soggetti alla disciplina forense - non di professionisti.

Sancendo l'incostituzionalità dei due primi commi dell'art. 15 questa Corte mantiene ferma la ratio decidendi, che la indusse a dichiarare con la sent. 130/1982 l'incostituzionalità dell'art. 12 ultimo comma d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 nella parte in cui escludeva dal diritto ai compensi per la partecipazione alla decisione dei ricorsi in materia tributaria i componenti di commissioni tributarie impiegati amministrativi dello stato con trattamento onnicomprensivo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti gli incidenti iscritti ai nn. 812/1981, 106/1982, 1097/1983,502/1984,

dichiara l'illegittimità costituzionale dei commi primo e secondo dell'art. 15 (Devoluzione all'erario dei compensi per gli arbitrati) della l. 2 aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari ed amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello stato).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 aprile 1985.

Leopoldo ELIA - Virgilio ANDRIOLI

Depositata in cancelleria il 23 aprile 1985.