Sentenza n.115 del 1985

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SENTENZA N. 115

ANNO 1985

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

AVV. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

AVV. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, ultimo comma, e 4, limitatamente all'inciso "per quanto riguarda le spese di cui all'art. 1 si applica anche per le forniture effettuate in previsione delle consultazioni previste per la primavera 1980" del disegno di legge approvato dall'Assemblea regionale siciliana il 23 maggio 1980, recante "Norme sul regime delle spese elettorali e sugli onorari ed indennità da corrispondere in occasione di elezioni regionali, provinciali e comunali", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Sicilia, notificato il 31 maggio 1980 e depositato in cancelleria il 5 giugno successivo ed iscritto al n. 13 del registro ricorsi 1980.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione Sicilia;

udito nell'udienza pubblica del 5 febbraio 1985 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

uditi l'avv. Antonino Sansone per la Regione Sicilia e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso del 31 maggio 1980, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ha impugnato gli artt. 1, ultimo capoverso e 4 del disegno di legge approvato dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 23 maggio 1980, recante "Norme sul regime delle spese elettorali e sugli onorari ed indennità da corrispondere in occasione di elezioni regionali, provinciali e comunali".

L'art. 1, ultimo capoverso, di detto disegno di legge, statuisce che il parere previsto al secondo comma dell'"art. 6 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, sarà richiesto solo per le forniture d'importo superiore a lire duecento milioni. L'esecuzione dei contratti per le stesse forniture può avere luogo anche in pendenza del controllo della Corte dei conti sul decreto di approvazione degli stessi contratti".

Il Commissario dello Stato, rileva che l'art. 6 del r.d. n. 2440 del 1923 richiede il parere del Consiglio di Stato sui progetti di contratto, da concludere a trattativa privata, il cui importo sia superiore a diciotto milioni di lire: parere che a norma del d. leg.vo n. 654 del 1948 (recante norme di attuazione dello Statuto siciliano), per i contratti dell'Amministrazione regionale siciliana, deve essere richiesto al Consiglio di giustizia amministrativa.

L'art. 1, ultimo capoverso, del disegno di legge impugnato, secondo il Commissario dello Stato, elevando a duecento milioni l'importo dei contratti al di sopra del quale occorre acquisire il parere del Consiglio di giustizia amministrativa, interferirebbe illegittimamente sulla normativa statale che disciplina le attribuzioni di tale organo, costituendo una palese violazione delle norme di attuazione dello Statuto speciale concernente l'esercizio, nella Regione siciliana, delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato. Infatti i decreti di attuazione non possono essere modificati se non mediante altri decreti, aventi i medesimi caratteri formali e le disposizioni in essi contenute costituiscono un limite che la Regione é tenuta ad osservare anche nelle materie in cui ha competenza legislativa esclusiva.

Parimenti, per gli stessi motivi, il su detto art. 1 sarebbe illegittimo nella parte in cui prevede la possibilità di dare esecuzione ai contratti per le forniture elettorali in pendenza del controllo della Corte dei conti, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 18 del t.u. delle leggi sulla Corte dei conti e dell'art. 117 del regolamento per l'amministrazione e la contabilità generale dello Stato - richiamati per quanto riguarda la Regione siciliana dal d. leg.vo n. 655 del 1948 - a norma dei quali é prevista la registrazione di tutti i decreti con i quali si approvano contratti per importo superiore a lire 4.800.000. E tale registrazione costituisce condizione sospensiva della loro esecuzione.

Sempre per gli stessi motivi, infine, sarebbe illegittimo l'art. 4 dello stesso disegno di legge, nella parte in cui rende applicabile l'impugnato disposto dell'art. 1 anche per le forniture effettuate in relazione alla già avvenuta consultazione elettorale del 1980 e cioé, con efficacia retroattiva, al fine di sanare irregolarità già avvenute.

Dinanzi a questa Corte si é costituita la Regione siciliana chiedendo che il ricorso sia rigettato.

Secondo l'atto di costituzione, dal d. leg.vo n. 654 del 1948 deriverebbe solo che la legge regionale non può sottrarre i contratti dell'Amministrazione regionale al parere preventivo del Consiglio di giustizia amministrativa, demandandoli ad un organo diverso. La Regione, invece, con la sua legge, ben potrebbe mutare l'importo dei contratti per i quali tale parere é richiesto. Inoltre, secondo la Regione, la regola generale dell'art. 6 del r.d. n. 2440 del 1923, secondo la quale é richiesto il parere del Consiglio di Stato sui progetti di contratti a trattativa privata d'importo superiore ai diciotto milioni, non sarebbe più vigente, tenuto conto della successiva legislazione statale.

Norme analoghe a quelle impugnate, del resto - si osserva - erano state già emanate dalla regione Sicilia, senza dar luogo ad alcuna questione di legittimità costituzionale.

Identiche considerazioni si prospettano in relazione alla disposizione che prevede la possibilità di dare esecuzione ai contratti per forniture elettorali in pendenza del controllo della Corte dei conti.

Quanto poi alla dedotta illegittimità costituzionale dell'art. 4 nella parte in cui dispone l'applicazione delle procedure indicate dall'art. 1, anche alle forniture effettuate in previsione delle elezioni dell'8-9 giugno 1980, la Regione sostiene che la norma, lungi dall'essere retroattiva, riguarda procedimenti non ancora esauriti sotto l'imperio della antecedente normativa.

Comunque, secondo la Regione, le norme impugnate sono norme di contabilità, nella quale essa ha una potestà legislativa primaria, cosicché l'applicabilità delle leggi di contabilità dello Stato nell'ambito della Regione é subordinata al mancato esercizio della potestà regionale in materia.

Successivamente, con memoria 22 gennaio 1985, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ha chiesto che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere, essendo stata la legge promulgata il 4 giugno 1980, con omissione delle parti impugnate.

Nella discussione orale, la Regione siciliana vi si é opposta.

 

Considerato in diritto

 

1. - Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la promulgazione, da parte del Presidente della Regione siciliana di una legge regionale, con omissione delle parti impugnate dal Commissario dello Stato, comporta che le parti omesse non possano essere più promulgate e, quindi, la cessazione della materia del contendere nel giudizio promosso dal Commissario stesso, relativamente alle parti impugnate e non promulgate (sentenze n. 142 del 1981; nn. 13 e 54 del 1983). Infatti, in pendenza dell'impugnazione, il Presidente della Regione siciliana può - ai sensi dell'art. 29 dello Statuto siciliano - promulgare o non promulgare, sino alla decisione della Corte, l'intera legge, secondo una scelta discrezionale e, in tal senso, la mancata promulgazione non influisce sulla materia del contendere. Viceversa la promulgazione con omissione delle parti impugnate esaurisce il potere di promulgazione del Presidente della Regione e non lascia sussistere alcuna possibilità di una successiva ed autonoma promulgazione delle norme omesse, determinando, perciò, la cessazione della materia del contendere.

2. - Nel caso di specie, la legge regionale approvata dall'Assemblea siciliana il 23 maggio 1980, é stata promulgata il 4 giugno 1980 dal Presidente della Regione - dopo che il 31 maggio precedente era stata impugnata in alcune sue parti dal Commissario dello Stato - con omissione delle parti impugnate ed espressa menzione che le omissioni erano determinate da detta impugnazione.

Ne deriva che, in applicazione dei principi dianzi enunciati, essendo ormai impossibile la promulgazione delle norme impugnate, la materia del contendere deve ritenersi cessata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso 31 maggio 1980 col quale il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, ultimo capoverso, e 4 della legge approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 23 maggio 1980, recante: "Norme sul regime delle spese elettorali e sugli onorari ed indennità da corrispondere in occasione di elezioni regionali, provinciali e comunali", sollevata in riferimento agli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale e ai decreti legislativi 6 maggio 1948, nn. 654 e 655.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 aprile 1985.

Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN

Depositata in cancelleria il 23 aprile 1985.