Sentenza n.108 del 1985

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SENTENZA N. 108

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 17, primo comma, del R.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali), promosso con ordinanza emessa l'8 marzo 1976 dalla Corte dei Conti sul ricorso proposto da Vaccari Iris, iscritta al n. 459 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 334 dell'anno 1977.

Udito nella camera di consiglio del 20 febbraio 1985 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa l'8 marzo 1976 la Corte dei conti, Sez. III giurisdizionale, nel giudizio proposto da Vaccari Iris, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 36 Cost., dell'art. 17, primo comma, del R.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 (convertito nella legge 9 gennaio 1939, n. 41), che esonera le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza da ogni contributo per il personale in servizio che appartenga a quelle categorie per le quali leggi o regolamenti prevedano altro trattamento di quiescenza obbligatorio o facoltativo che non sia di guerra o privilegiato.

Con decreto 18 luglio 1970 n. 14451 della Dir. Gen. degli Istituti di previdenza era stata conferita alla signora Vaccari Iris, quale vedova dell'ex dipendente dell'ECA di Modena, Rossi Ettore, la pensione indiretta, con esclusione dal computo del servizio utile per il trattamento di quiescenza, del periodo dal 9 settembre 1944 al 29 giugno 1951, durante il quale il Rossi aveva prestato servizio alle dipendenze dell'ECA contemporaneamente a quello prestato quale ufficiale in S.P.E..

Avverso tale provvedimento l’interessata proponeva ricorso alla Corte dei conti deducendo che, ai fini del trattamento di quiescenza spettantele, avrebbe dovuto essere computabile l'intero servizio prestato all'ECA dal defunto marito.

Nel corso del giudizio, in accoglimento dell'eccezione del Procuratore Generale, la detta Sezione III sollevava questione di legittimità costituzionale del precitato art. 17, osservando che l'esonero previsto da questa disposizione comporta la mancata iscrizione del dipendente alla Cassa pensioni enti locali, per il periodo in cui lo stesso ha prestato un simultaneo servizio pensionabile e la non utilizzazione, ai fini pensionistici, del servizio reso dallo stesso dipendente agli istituti di beneficenza.

Il giudice a quo, dopo aver ricordato che secondo la stessa Corte Costituzionale (sent. 3 del 1966 e successive) la retribuzione dei lavoratori, ivi compresa quella corrisposta sotto forma di trattamento di liquidazione o di quiescenza, forma oggetto di particolare protezione in riferimento all'art. 36 Cost., ritiene che sussista pertanto una incompatibilità fra il menzionato art. 17, primo comma, del decreto n. 680 del 1938 e l'indicato parametro costituzionale.

Premesso che il caso in esame si presenta in maniera assolutamente identica a quello già risolto dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 176 del 1975, l'ordinanza osserva altresì, in punto di rilevanza della questione proposta, che all'eventuale dichiarazione di incostituzionalità della norma impugnata - rendendosi obbligatorio, da parte dell'ECA di Modena, l'onere del versamento delle contribuzioni per il periodo di servizio simultaneo reso dal dipendente dello Stato, all'ECA stesso (9 settembre 1944-29 giugno 1951) - conseguirebbe la valutazione in pensione del servizio stesso, così come preteso dalla ricorrente.

Davanti a questa Corte non si é costituita alcuna delle parti né é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri; pertanto, ai sensi dell'art. 26, secondo comma, della l. 11 marzo 1953, n. 87 e dell'art. 9, primo comma, delle norme integrative 16 marzo 1956, la causa é stata fissata per la decisione in camera di consiglio.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe viene sollevata, in riferimento all'art. 36, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, primo comma, del R.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali).

2. - La questione é fondata nei limiti in prosieguo precisati.

L'art. 17 del R.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 esonera le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza da ogni contributo pensionistico per il personale in servizio che appartenga a quelle categorie per le quali le leggi prevedano altro trattamento di quiescenza non di guerra né privilegiato.

Questa Corte, con sentenza 18 giugno 1975 n. 176, ha già dichiarato l'illegittimità dell'art. 11 l. n. 1035 del 1939 che, con formulazione letterale analoga a quella della norma ora impugnata, disponeva che a "le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza sono esonerate da ogni contributo per i medici in servizio già provvisti di pensione, che non sia di guerra né privilegiata ordinaria, o che appartengano a quelle categorie per le quali leggi o regolamenti prevedano un trattamento di quiescenza obbligatorio o facoltativo".

Le motivazioni poste a fondamento di quest'ultima declaratoria di illegittimità costituzionale, per contrasto della norma impugnata con l'art. 36 della Costituzione, ben possono valere anche per l'ipotesi in esame. Il trattamento preferenziale che il legislatore ha riservato agli istituti di assistenza e beneficenza, esonerandoli dal pagamento dei contributi assicurativi per i dipendenti che si trovino in particolari condizioni, non può riversare, infatti, i propri effetti a danno dei dipendenti stessi.

Una volta riconosciuto che, ai sensi del disposto dell'art. 36 Cost., é garantita al lavoratore una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la pensione va considerata una forma di retribuzione differita, ogni diversa statuizione limitativa degli oneri - quale é appunto quella oggetto dell'odierno esame - si infrange a fronte dei principi costituzionali sopraccennati.

D'altronde, anche per la fattispecie in esame, attesa l'identità di formulazione delle norme, soccorre quanto ulteriormente considerato nella precedente citata sentenza n. 176, nel senso che la soluzione normativa (art. 17, comma secondo R.d.l. n. 680) di far corrispondere dal prestatore d'opera - facoltativamente - anche i contributi che sono a carico del datore di lavoro contrasta con la struttura del sistema previdenziale e rappresenta, altresì, un’imposizione incidente non ragionevolmente, all'atto pratico, sul trattamento economico del lavoratore.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 17, primo comma, del R.d.l. 3 marzo 1938, n. 680 (convertito nella legge 9 gennaio 1939 n. 41) nella parte in cui esonera gli enti ivi indicati da ogni contributo per i personali in servizio che appartengano a quelle categorie per le quali leggi o regolamenti prevedano un trattamento di quiescenza.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 1985.

Leopoldo ELIA - Giuseppe BORZELLINO

Depositata in cancelleria il 17 aprile 1985.