Sentenza n.95 del 1985

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SENTENZA N. 95

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 5 bis legge 26 febbraio 1977, n. 39 di conversione del d.l. 23 dicembre 1976, n. 857 (Modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 14 dicembre 1977 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra la Soc. S.I.D.A. ed altra e Bartoli Giorgio ed altro, iscritta al n. 279 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 del 1978;

2) ordinanza emessa il 28 giugno 1978 dal Tribunale di Salerno nel procedimento civile vertente tra Cavallero Alfonso ed altro e Di Martino Donato e altro, iscritta al n. 363 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 182 del 1979.

Visti gli atti di costituzione della S.I.D.A. e della E.P.L.E.S. nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri

udito nell'udienza pubblica del 29 gennaio 1985 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

uditi l'avv. Carmine Punzi per la S.I.D.A. e l'Avvocato dello Stato Giacomo Mataloni per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1.1. - Con sentenza 30 settembre-9 ottobre 1976 il Pretore di Roma, in accoglimento di domanda proposta da Giorgio Bartoli e da Enrico Mancinelli con atto 16 settembre 1972, dichiarò la S.r.l. EPLES responsabile dell'incidente stradale verificatosi in Roma il 30 agosto 1971 e la condannò, in solido con la S.p.a. Italiana di Assicurazioni - SIDA, al risarcimento dei danni, liquidati in favore del Bartoli in lire 694.000 e in favore del Mancinelli in lire 62.400.

Gli appellati, costituitisi nel giudizio d'appello introdotto dalle due società avanti il Tribunale di Roma con atto notificato il 30 dicembre 1976, chiesero che la sentenza pretorile, ai sensi dell'art. 5 bis della sopravvenuta legge 26 febbraio 1977 n. 39 di conversione del d.l. 23 dicembre 1976 n. 857 ("Le sentenze che pronunciano condanna a favore del danneggiato per il pagamento delle indennità spettanti a norma della presente legge e della legge 24 dicembre 1969, n. 990 sono provvisoriamente esecutive") fosse dichiarata provvisoriamente esecutiva; alla quale istanza obiettarono le società appellanti, con le note autorizzate 2 luglio 1977, che l'art. 5 bis, pur coinvolgendo materia di natura processuale, non poteva, a motivo del suo carattere eccezionale, spiegare efficacia retroattiva, ma il giudice istruttore, con ordinanza riservata del 7 luglio 1977, dichiarò la sentenza provvisoriamente esecutiva. Spiegarono, ai sensi dell'art. 357 c.p.c., reclamo al collegio le società appellanti chiedendo la revoca dell'ordinanza e, in via subordinata, la sospensione o la limitazione della provvisoria esecuzione.

Il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa il 14 dicembre 1977 (comunicata il 7 e notificata l'8 del successivo marzo 1978; pubblicata nella G. U. n. 250 del 6 settembre 1978 e iscritta al n. 279 R.O. 1979), in accoglimento di eccezione sollevata dalle reclamanti, ha giudicato rilevante e, in riferimento agli artt. 3 e 24 comma secondo Cost., non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 5 bis l. 26 febbraio 1977 n. 39, per la discriminazione, ad avviso del giudice a quo irragionevole ed arbitraria, del credito da risarcimento di danni da sinistro stradale rispetto ad altri crediti e per la violazione dell'esercizio del diritto di difesa; ha pertanto disposto la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte.

1.2. - Avanti la Corte si sono costituiti a) per la SIDA, giusta procura speciale con firma autentica il 10 aprile 1978 per not. A. de Martino di Roma, l'avv. Gian Antonio Micheli, che, con atto di deduzioni difensive depositato il 15 luglio 1978, concluse per l'accoglimento della questione, e, a seguito del decesso del Micheli, giusta procura speciale con firma autenticata il 9 gennaio 1981 per not. A. de Martino di Roma, l'avv. Franco Gallo e, giusta procura con firma autenticata il 28 settembre 1982 per not. P. Davia di Roma, l'avv. Carmine Punzi, b) per la s.r.l. EPLES, giusta delega in calce alla memoria depositata il 23 ottobre 1978, l'avv. Antonio Cardillo, che ha concluso per la declaratoria di fondatezza della questione. La difesa della SIDA ha depositato memoria dt. 14 gennaio 1985.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato l'8 agosto 1978 con il quale l'Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l'inammissibilità per difetto di rilevanza e, nel merito, ha concluso per l'infondatezza della proposta questione.

2.1. - Con ordinanza emessa il 28 giugno 1978 (pervenuta alla Corte il 9 aprile 1979; comunicata l'11 settembre 1978 e notificata il 16 febbraio 1979; pubblicata nella G. U. n. 182 del 4 luglio 1979 e iscritta al n. 363 R.O. 1979) nel giudizio introdotto da Alfonso Cavallero in qualità di esercente la patria potestà sul minore figlio Giuseppe e, proseguito - una volta conseguita la maggiore età - da questo in persona contro Donato Di Martino e la Compagnia Levante Assicurazioni s.p.a., peraltro rimasta contumace, per conseguirne la condanna in solido al risarcimento dei danni subiti da Giuseppe Cavallero nel sinistro stradale avvenuto l'8 settembre 1974 in Giffoni Valle Piana, il Tribunale di Salerno - assunta la sola prova testimoniale richiesta dall'attore e espletata consulenza tecnica - ha sollevato d'ufficio e giudicato, in riferimento agli artt. 3 e 24 comma secondo Cost., non manifestamente infondata la questione d'illegittimità costituzionale dell'art. 5 bis della l. 26 febbraio 1977 n. 39 (di conversione del d.l. 23 dicembre 1976 n. 857).

2.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita; ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato il 10 luglio 1979 con il quale l'Avvocatura generale dello Stato ha riprodotto argomentazioni esposte e conclusioni formulate nel precedente incidente.

3. - Alla pubblica udienza del 29 gennaio 1985, nella quale il giudice Andrioli ha svolto la relazione in ambo gli incidenti, l'avv. Punzi nell'interesse della SIDA ha motivato la conclusione di fondatezza della proposta questione; nell'interesse del Presidente del Consiglio dei ministri l'avvocato dello Stato Mataloni ha illustrato l'eccezione d'irrilevanza della questione sul riflesso che la sentenza di primo grado é esecutiva di diritto e non per pronuncia del giudice e nel merito si é intrattenuto sulla particolare posizione della impresa assicuratrice.

 

Considerato in diritto

 

4.1. - I due incidenti, per avere ad oggetto la stessa questione d'incostituzionalità (non manifestamente infondato contrasto tra l'art. 5 bis aggiunto, in sede di conversione disposta con l. 26 febbraio 1977 n. 39, al d.l. 23 dicembre 1976 n. 857 ("Le sentenze che pronunciano condanna a favore del danneggiato per il pagamento delle indennità spettanti a norma della presente legge e della legge 24 dicembre 1969 n. 990, sono provvisoriamente esecutive") e gli artt. 3 e 24 comma secondo Cost.), giustifica unica deliberazione anche se si appalesa a prima vista inammissibile l'incidente proposto dal collegio del Tribunale di Salerno, il quale non ha temuto di sospettare d'ufficio d'illegittimità l'art. 5 bis ancor prima di affrontare l'esame del merito della controversia che avrebbe pur potuto sfociare in una pronuncia diversa dalla condanna dei convenuti.

4.2. - La eccezione d'inammissibilità della questione sollevata dal Tribunale di Roma, che l'interveniente Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, non merita ingresso perché l'ambiente procedurale in cui é sorta ha per oggetto non il merito della controversia ma la conformità della esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado ai dettami costituzionali della quale si é sospettato nella fase sommaria del giudizio di appello che non può essere confusa con il processo d'impugnazione a cognizione ordinaria del merito della sentenza di primo grado. La C. cost. 16/1977, poi, non conforta l'eccezione dell'Avvocatura erariale perché in quell'incontro la Corte giudicò inammissibile la questione d'incostituzionalità del novellato art. 431 c.p.c. perché sollevata (non nella fase riservata allo scrutinio di ritualità e di opportunità della provvisoria esecuzione sibbene) nel giudizio di merito.

5.1. - L'art. 3 Cost. non somministra valido parametro alla proposta questione nei confronti non solo della normativa dettata per i due gruppi d'ipotesi, descritte nel comma primo e nel comma secondo dell'art. 282 c.p.c., ai quali non é lecito riconoscere valore di precetto inderogabile mediante altri atti aventi forza di legge ordinaria, ma anche del novellato art. 431 c.p.c. perché la scelta tra i diversi criteri cui i conditores di leggi speciali si sono ispirati per apportare deroga ai precetti generali del codice di rito civile rientra nella discrezionalità dei medesimi, che la Corte non é legittimata a sindacare perché anche al giudice delle leggi non é dato sciogliere il dubbio sul se sia da sacrificare l'art. 5 bis all'art. 431 o viceversa (in tali sensi sent. 168/1982 num. 14.2., che giudicò infondata la questione d'illegittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 l. 8 febbraio 1948 n. 47 (disposizioni sulla stampa) e 57 c.p.).

5.2. - Né più valido parametro si appalesa l'art. 24 comma secondo Cost. che il Tribunale di Roma ha ritenuto violato per ciò che ne l'art. 5 bis né alcun altra disposizione processuale della l. 990/1969 del d.l. 857/1976 e della l. 39/1977, a differenza dell'art. 351 c.p.c., prevedono la revoca in via sommaria della esecuzione provvisoria della condanna di prime cure, né, a differenza dell'or menzionato art. 351 e del ripetuto art. 431, né prevedono la sospensione in via sommaria.

5.3. - Di vero la revocabilità merce sommaria cognizione di esecuzione provvisoria imposta dalla legge senza lasciar adito ad apprezzamenti variamente disegnati del giudice non é consentita da ciò che la esecuzione provvisoria ape legis non può formare oggetto di cognizione sommaria né va lasciato in non cale che la concessione della stessa in fattispecie astratte diverse da quelle assunte dalla legge, per contestare il diritto a procedere ad esecuzione forzata - pur non ancora iniziata -, può formare oggetto della opposizione all'esecuzione, di cui agli artt. 615 e 624 c.p.c..

5.4. - Non diverso discorso esige il dubbio d'incostituzionalità dell'art. 5 bis nella parte in cui la norma non prevederebbe ricorso inteso a conseguire in via sommaria la sospensione dell'esecuzione provvisoria di sentenza di primo grado per gli stessi motivi esposti supra 5.1.. In disparte il rilievo che sarebbe il dubbio insorto al livello di interpretazione, né la constatazione del mancato consolidarsi di communis opinio lo eleverebbe al piano di problema di costituzionalità o meno del mancato affiancamento espresso dell'art. 351 all'art. 282.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti gli incidenti iscritti ai nn. 279/1978 e 363/1979,

I) dichiara inammissibile per irrilevanza l'incidente iscritto al n. 363/1979,

II) dichiara non fondata la questione d'illegittimità costituzionale dell'art. 5 bis aggiunto con la l. 26 febbraio 1977 n. 39 di conversione al d.l. 23 dicembre 1976 n. 857 (Modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti) sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 comma secondo Cost., con ordinanza 14 dicembre 1977 del Tribunale di Roma nelle parti IIa) in cui prevede l'esecuzione provvisoria ope legis delle sentenze, rese da giudice di primo grado, di condanna a favore del danneggiato per il pagamento delle indennità spettanti a norma delle leggi 24 dicembre 1969 n. 990 e 26 febbraio 1977 n. 39, IIb) nella parte in cui non prevede la facoltà di revocare l'esecuzione iniziata per l'istruttore e il collegio di primo grado e IIc) nella parte in cui non consente all'istruttore e al collegio di appello di sospendere l'esecuzione provvisoria prevista dalla disposizione impugnata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 marzo 1985.

Leopoldo ELIA - Virgilio ANDRIOLI

Depositata in cancelleria il 1 aprile 1985.