Sentenza n.57 del 1985

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 57

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

AVV. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

AVV. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 281, secondo comma, del codice di procedura penale (Facoltà d’impugnazione delle ordinanze sulla libertà provvisoria), come sostituito dall'art. 16 della legge 12 agosto 1982, n. 532 (Disposizioni in materia di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e dei provvedimenti di sequestro - Misure alternative alla custodia cautelare), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 18 novembre 1983 dal Tribunale per i minorenni di Napoli nel procedimento penale a carico di Mazzanti Bruno ed altro, iscritta al n. 31 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 141 dell'anno 1984;

2) ordinanza emessa il 14 dicembre 1983 dal Tribunale per i minorenni di Napoli nel procedimento penale a carico di Pace Raffaele, iscritta al n. 138 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 197 dell'anno 1984.

Udito nella camera di consiglio del 16 gennaio 1985 il Giudice relatore Giovanni Conso.

 

Ritenuto in fatto

 

Il minore Mazzanti Bruno, in stato di custodia preventiva perché imputato di rapina aggravata, presentava istanza diretta ad ottenere il beneficio della libertà provvisoria sulla quale il Pubblico Ministero presso il Tribunale per i minorenni di Napoli esprimeva parere negativo, trasmettendo gli atti al Tribunale per i minorenni di Napoli che concedeva il richiesto beneficio.

Avverso tale provvedimento il Pubblico Ministero proponeva appello al "Tribunale della libertà", competente ai sensi dell'art. 16 della legge 12 agosto 1982, n. 532, integralmente sostitutivo. oltre che dell'art. 281 cod. proc. pen., dell'art. 5 del regio decreto-legge n. 1404 del 1934 e dell'art. 58 dell'Ordinamento giudiziario in relazione all'art. 281, primo comma, cod. proc. pen..

Investito del gravame, il Tribunale per i minorenni di Napoli, con ordinanza del 18 novembre 1983, ha sollevato questione di legittimità, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 281, secondo comma, cod. proc. pen., "nella parte in cui non prevede che sull'appello contro le ordinanze che decidono sulla libertà provvisoria, emesse dal Tribunale per i minorenni ai sensi dell'art. 280, ultimo comma, cod. proc. pen. e 13 del regio decreto-legge n. 1404 del 1934, decide la Corte di appello sezione minorenni".

Rileva il giudice a quo che, mentre a decidere sull'appello avverso le ordinanze emesse dal giudice istruttore in materia di libertà personale é sempre un giudice "diverso", a decidere sull'appello avverso le ordinanze emesse dal tribunale per i minorenni é sempre lo stesso giudice che emise il provvedimento impugnato (essendo giurisprudenza pacifica che "tribunale della libertà" per i provvedimenti del pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni é il tribunale per i minorenni), il quale diviene contemporaneamente giudice di primo e di secondo grado relativamente ai provvedimenti istruttori sulla libertà provvisoria (oltre che ai provvedimenti di scarcerazione, ai sensi degli artt. 270, secondo comma, e 272-bis, terzo comma, cod. proc. pen.). Una simile "concentrazione" di funzioni di primo e di secondo grado in uno stesso "ufficio" e relativamente allo stesso oggetto sarebbe "del tutto singolare ed anomala, oltre che immotivata"; ad essa non si potrebbe ovviare nemmeno con un’eventuale diversità delle persone fisiche dei giudici, non essendo riscontrabile, nella specie, alcuna causa né di "incompatibilità" (l'art. 61, primo comma, cod. proc. pen. - norma di carattere eccezionale e, quindi, non suscettibile di applicazione analogica - fa riferimento solo alle "sentenze"), né di ricusazione (il parere sull'oggetto del procedimento da parte del giudice fu manifestato nell'esercizio delle funzioni giudiziarie), né di astensione (non ricorrerebbe l'estremo della grave ragione di convenienza, "né il sottoscritto Presidente comunque intende astenersi").

Poiché peraltro, condizione essenziale per l'utilità dell'appello é la "diversità del giudice che deve giudicare in sede d'impugnazione da quello che pronunciò il provvedimento impugnato", ne deriverebbe che una tale "utilità" - diversamente da quanto avviene per gli "imputati maggiori degli anni 18" - non si realizza in sede di appello avverso i provvedimenti istruttori sulla libertà personale emessi dal tribunale per i minorenni, con conseguente "disparità di trattamento tra maggiori e minori degli anni 18" e "contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione", contrasto superabile soltanto prevedendo che, "sull'appello contro le ordinanze in materia di libertà provvisoria emesse dal tribunale per i minorenni, decida la Corte d'appello sezione per i minorenni".

Una identica questione il Tribunale per i minorenni di Napoli ha sollevato nel corso del procedimento di appello promosso dal Pubblico Ministero presso quel Tribunale a seguito di concessione del beneficio della libertà provvisoria al minore Pace Raffaele, imputato di concorso in ricettazione.

Le ordinanze, ritualmente notificate e comunicate, sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 141 del 13 maggio 1984 e n. 197 del 18 luglio 1984.

In entrambi i giudizi non vi é stata costituzione delle parti private né intervento della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due ordinanze in epigrafe, emanate con identica motivazione dal Tribunale per i minorenni di Napoli in funzione di tribunale della libertà, sottopongono alla Corte la medesima questione di legittimità costituzionale: i relativi giudizi vanno, pertanto, riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.

2. - Oggetto comune di censura é l'art. 281, secondo comma, cod. proc. pen., come sostituito dall'art. 16 della legge 12 agosto 1982, n. 532, "nella parte in cui non prevede che sull'appello contro le ordinanze che decidono sulla libertà provvisoria emesse dal Tribunale per i minorenni ai sensi degli artt. 280, ultimo comma, cod. proc. pen. e 13 R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404, decide la Corte di appello sezione minorenni". Tale norma viene denunciata per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. a causa della disparità di trattamento che essa comporterebbe "tra i maggiori ed i minori degli anni diciotto nella disciplina dell'appello avverso i provvedimenti sulla libertà provvisoria emessi in istruzione" dall'organo giurisdizionale.

L'assunto muove dalla premessa, fuori discussione, che, per quanto concerne i procedimenti relativi a reati commessi da maggiorenni, l'art. 281, secondo comma, cod. proc. pen., nel testo novellato dall'art. 16 della legge 12 agosto 1982, n. 532, stabilisce che le ordinanze sulla libertà provvisoria emesse dal giudice istruttore ai sensi dell'art. 280, ultimo comma, cod. proc. pen. sono appellabili davanti al "tribunale competente ai sensi dell'art. 263-ter cod. proc. pen." (cosiddetto tribunale della libertà) e, perciò, davanti ad un giudice "diverso". Per quanto concerne, invece, i procedimenti relativi a reati commessi da minorenni, lo stesso art. 281, secondo comma, non prevedendo che siano appellabili alla sezione per i minorenni della corte d'appello le ordinanze sulla libertà provvisoria emesse durante l'istruzione dal tribunale minorile ai sensi degli artt. 280, ultimo comma, cod. proc. pen. e 13, ultimo comma, del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, darebbe adito a due interpretazioni, così sintetizzate dalle ordinanze di rimessione: o "nessun appello per i minori", nel qual caso la disparità di trattamento con i maggiori non avrebbe bisogno di alcun commento, tanto risulterebbe palese; oppure "appello" al giudice indicato nell'art. 281, secondo comma, cod. proc. pen., cioé appello al tribunale della libertà, giudice che, trattandosi di procedimenti minorili, é lo "stesso" tribunale per i minorenni (v. anche la sentenza di questa Corte n. 56 del 1985) da cui il provvedimento oggetto d’impugnazione é stato emesso, nel qual caso la "diversità" del giudice chiamato a decidere sull'appello rispetto al giudice del provvedimento impugnato, assicurata dalla legge agli imputati maggiorenni (al momento del fatto reato), verrebbe dalla legge medesima negata agli imputati minorenni .

3. - Alla stregua della ricostruzione normativa effettuata dalle due ordinanze di rimessione - comunque sintetizzabile, sotto il profilo negativo, nel senso che il nuovo testo dell'art. 281, secondo comma, cod. proc. pen. escluderebbe l'appellabilità davanti alla sezione per i minorenni della corte di appello delle ordinanze sulla libertà provvisoria emesse dal tribunale minorile nel corso dell'istruzione - si deve riconoscere che la censura di illegittimità costituzionale conseguentemente formulata sarebbe tutt'altro che priva di fondamento. Anche a prescindere da ogni considerazione sui rapporti tra appello e "diversità" del giudice di secondo grado rispetto al giudice competente in primo grado, sarebbe sufficiente ad accreditare un epilogo in termini di accoglimento il contrasto con l'art. 3 Cost., emergente da un trattamento troppo sensibilmente differenziato fra maggiorenni e minorenni.

Ma, pur essendosi in presenza di una ricostruzione piuttosto diffusa sia nell'ambito della giurisprudenza sia nell'ambito della dottrina - e ciò non tanto con riguardo all'interpretazione che conclude nel senso di "nessun appello per i minori", quanto con riguardo all'interpretazione che conclude nel senso dell'"appello allo stesso" tribunale per i minorenni in funzione di tribunale della libertà - più di una circostanza permette di dubitare che, almeno per il momento, si sia di fronte ad un sicuro "diritto vivente".

La prima circostanza si ricollega alla stessa alternativa prospettata nelle ordinanze di rimessione, che toglie loro perentorietà di scelta. La seconda trae spunto dalla constatazione che, stando ai precedenti finora conosciuti, la Corte di cassazione si é pronunciata per l'appellabilità al tribunale per i minorenni delle ordinanze emesse dal medesimo tribunale ai sensi dell'art. 280, ultimo comma, cod. proc. pen. soltanto attraverso obiter dicta, enunciati in occasione di conflitti o di ricorsi nella materia, senza dubbio ben diversa (v. sentenza n. 56 del 1985 di questa Corte), delle richieste di riesame contro provvedimenti del pubblico ministero minorile. Non va, infine, dimenticata la non unanimità delle voci riscontrabili in dottrina.

4. - Proprio da una qualificata dottrina é stata sostenuta la tesi che l'art. 5, primo comma, del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, e l'art. 58, primo comma, parte prima, dell'ordinamento giudiziario approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 - cioé, le disposizioni che, prima della riforma del 1982, avevano unanimemente condotto, come ricordano anche le ordinanze di rimessione, ad individuare nella sezione per i minorenni della corte d'appello il giudice dell'appello contro le ordinanze sulla libertà provvisoria emesse in istruzione dal tribunale minorile - conservano tuttora pieno vigore.

La novellazione dell'art. 281 cod. proc. pen. da parte dell'art. 16 della legge 12 agosto 1982, n. 532, allo stesso modo, del resto, della precedente novellazione da parte dell'art. 13 della legge 18 giugno 1955, n. 517, non ha per nulla ridotto la forza espansiva del principio generale sancito dal comma iniziale dell'art. 5 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404 ("Sull'appello alle decisioni del Tribunale per i minorenni, nei casi in cui é ammesso dalle leggi, giudica una sezione della Corte d'appello ..."), e dall'art. 58 dell'Ordinamento giudiziario ("Una sezione della Corte giudica sulle impugnazioni dei provvedimenti del tribunale per i minorenni") Se anteriormente alla legge 12 agosto 1982, n. 532 - quando, cioé, l'art. 281 cod. proc. pen. demandava alla sezione istruttoria l'appello contro le ordinanze del giudice istruttore sulla libertà provvisoria - l'appello contro le analoghe ordinanze del tribunale minorile s’intendeva devoluto alla sezione per i minorenni della corte d'appello, anche ora, che il nuovo art. 281 cod. proc. pen. demanda al tribunale della libertà l'appello contro le ordinanze sulla libertà provvisoria del giudice istruttore, può ritenersi pur sempre operante il principio secondo cui qualunque appello contro decisioni del tribunale minorile "ammesso dalle leggi" si intende devoluto alla sezione della corte d'appello per i minorenni.

Nei riguardi del procedimento minorile l'art. 281 cod. proc. pen. incide soltanto ai fini dell'ammissibilità dell'appello, in combinato disposto con gli artt. 13, ultimo comma, e 34 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404; all'individuazione del giudice ad quem continua, invece, a provvedere unicamente l'art. 5, primo comma, del regio decreto-legge n. 1404 del 1934, ribadito dall'art. 58, primo comma, prima parte, dell'ordinamento giudiziario. La sua portata generale - là dove individua come giudice ad quem dell'"appello sulle decisioni del Tribunale per i minorenni" la sezione per i minorenni della corte d'appello, essendo resa tassativa dal predetto art 34 (solo "in quanto non sia disposto o modificato dal decreto medesimo" si osservano le norme dei codici e delle altre leggi) - é rimasta intatta proprio a causa del completo silenzio che la legge 12 agosto 1982, n. 532, fa riscontrare a proposito dei procedimenti minorili.

5. - La tesi ora esposta, pervenendo in via di interpretazione della normativa vigente allo stesso risultato perseguito dalle ordinanze di rimessione e, quindi, assicurando la "diversità" dell'organo d'appello anche nei procedimenti relativi a reati commessi da minorenni, ha, per ciò stesso, il pregio di evitare la lamentata disparità di trattamento con i procedimenti relativi a reati commessi da maggiorenni, senza, peraltro, sacrificare le esigenze, pur rilevanti, della specializzazione. Con il che vengono, nel medesimo tempo, contenuti gli inconvenienti, anch'essi lamentati dal giudice a quo, che - nella mancanza, allo stato della legislazione, di apposite previsioni in tema d’incompatibilità, ricusazione ed astensione - discenderebbero da un’eccessiva reiterazione d’interventi del tribunale per i minorenni nel corso di un medesimo procedimento. É pur vero che anche per la sezione minorile della corte d'appello non possono essere esclusi inconvenienti dello stesso genere, ma, a parte la piena corrispondenza di tale situazione a quella in atto prima della riforma del 1982, si tratterebbe di una reiterazione d’interventi suscettibile di verificarsi in misura assai minore che per il tribunale minorile e, per giunta, in momenti ben più lontani nel tempo. Comunque, pure qui (v. già sentenze n. 50 e n. 56 del 1985), i rimedi sono da ricercare in adeguate misure d'ordine organizzativo ed in opportuni aggiornamenti della disciplina delle cause d'incompatibilità.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 281, secondo comma, cod. proc. pen., come sostituito dall'art. 16 della legge 12 agosto 1982, n. 532, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di Napoli con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 7 marzo 1985.

Leopoldo ELIA - Giovanni CONSO

Depositata in cancelleria l'8 marzo 1985.