Sentenza n.33 del 1985

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SENTENZA N. 33

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai Signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 58 e 65 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni degli immobili urbani), promossi con ordinanze emesse l'8 giugno 1983 dal Pretore di Roma, il 4, il 7 novembre e il 7 dicembre 1983 dal Pretore d’Aversa (n. 4 ord.), il 14 dicembre 1983 dal Pretore di Milano (n. 2 ord.), il 21 dicembre 1983 dal Pretore d’Aversa (n. 5 ord.), il 15 dicembre 1983 dal Pretore di S. Severo, il 23 gennaio 1984 dal Pretore d’Aversa, il 6 dicembre 1983 dal Pretore d’Alessandria, il 26 settembre e il 31 ottobre 1983 dal Pretore di Palermo (n. 3 ord.), il 10, 18 e il 27 gennaio 1984 dal Pretore di Piacenza (n. 5 ord.), il 25 gennaio 1984 dal Pretore d’Aversa (n. 2 ord.), iscritte ai nn. 825, 1077, 1101 del registro ordinanze 1983, e ai nn. 59, 142, 217, 218, da 225 a 229, 240, 247, 266, 284, 285, 286, da 307 a 311, 352 e 353 del registro ordinanze 1984 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 60, 141, 148, 155, 162, 176, 183, 197, 224, 231, 238, 245 del 1984.

Visti gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 dicembre 1984 il Giudice relatore Francesco Saja;

udito l'Avvocato dello Stato Renato Carafa per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un procedimento vertente tra De Cataldo Lucio e Ferlazzo Elsa ed avente ad oggetto licenza per finita locazione di un immobile abitativo, il Pretore di Roma con ordinanza dell'8 giugno 1983 (reg. ord. n. 825 del 1983) sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt. 58 e 65 l. 27 luglio 1978 n. 392, in quanto il primo di essi, per i contratti in corso alla data d’entrata in vigore della stessa legge e soggetti a proroga secondo la legislazione precedente, non prevede il rinnovo tacito del rapporto locativo in assenza della previa disdetta del locatore, di cui all'art. 3 st.l., mentre l'art. 65 per i contratti non soggetti a proroga richiama espressamente l'art. 3 cit. La differenza di trattamento, in quanto non giustificata, sembrava dar luogo a contrasto con l'art. 3 Cost.

Osservava, in particolare, il Pretore come a suo avviso la Corte costituzionale, con la sentenza n. 22 del 1980, avesse ritenuto strettamente analoghe le due categorie di contratti di cui all'art. 58 e all'art. 65 citt., contenendo quest'ultimo, sostanzialmente, una proroga legale. Di qui la lamentata disparità di trattamento, che consentiva solo ai conduttori con contratto "non prorogato" di raggiungere la certezza circa l'ulteriore corso del rapporto sei mesi prima della scadenza.

2. - La stessa questione veniva sollevata dai Pretori: di Aversa con ordinanze nn. 1077, 1101 del 1983, 59, 142, da 225 a 229, 247, 352, 353 del 1984; di Milano, con ordinanze nn. 217, 218 del 1984; di San Severo, con ordinanza n. 240 del 1984; di Alessandria, con ordinanza n. 266 del 1984; di Palermo, con ordinanze nn. 284, 285, 286 del 1984; di Piacenza, con ordinanze nn. da 307 a 311 del 1984. I Pretori di Milano, di Piacenza e di San Severo richiamavano anch'essi la sentenza n. 22/1980 di questa Corte; i primi due, anzi, vi aggiungevano anche il richiamo alla sent. n. 250/1983.

Il Pretore di Aversa, pur senza un'espressa citazione delle dette sentenze, sosteneva che entrambe le categorie di contratti, dell'art. 58 e dell'art. 65 citati, dovevano sostanzialmente ritenersi prorogate dalla legge n. 392/1978. Egli insisteva sull'irrazionale disparità di trattamento delle due categorie, non sembrandogli giustificato che i conduttori con contratti già prorogati (art. 58) dovessero perdere la disponibilità dell'abitazione senza preavviso del locatore.

Lo stesso Pretore notava infine che l'art. 56 della legge n. 392 del 1978 permette di differire l'esecuzione del provvedimento di rilascio fino a dodici mesi: tale disposizione, in quanto operante soltanto sul piano del diritto processuale, non eliminava tuttavia l'ingiustificata disparità di trattamento sul piano del diritto sostanziale a sfavore dei conduttori con contratto "prorogato".

Le ordinanze del Pretore di Palermo sono prive di qualsiasi motivazione sulla rilevanza della questione nei giudizi a quibus.

3. - La Presidenza del Consiglio dei ministri interveniva nelle cause nn. 1077 e 1101 del 1983, da 225 a 229, 240, 247, 266 e da 307 a 311 del 1984, prospettando l'eventualità che le norme denunciate potessero essere interpretate nel senso che anche per i contratti "prorogati" fosse necessaria la disdetta prima della scadenza. Essa però escludeva poi tale possibilità.

Secondo l'interveniente non era parimenti ravvisabile alcuna violazione del principio di eguaglianza, stante l'eterogeneità delle due categorie di rapporti locativi: infatti quelli "non prorogati", di cui all'art. 65 l. cit., erano dal legislatore destinati ad essere in poco tempo equiparati a quelli disciplinati dal regime definitivo della legge sull'equo canone (d'onde la previsione, anche per essi, della disdetta di cui all'art. 3 st. l.), mentre quelli "prorogati", di cui all'art. 58, continuavano ad essere soggetti al principio già espresso nelle precedenti leggi di proroga, secondo cui la scadenza determinata per legge non richiede la disdetta da parte del locatore.

 

Considerato in diritto

 

1. - Tutte le ordinanze in epigrafe sollevano la medesima questione di legittimità costituzionale degli artt. 58 e 65 l. 27 luglio 1978 n. 392, concernente la disciplina delle locazioni di immobili urbani: pertanto i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. - Si osserva anzitutto che le ordinanze del Pretore di Palermo (nn. 284, 285, 286 reg. ord. 1984) non fanno alcun riferimento alla fattispecie concreta e quindi non contengono nessun cenno sulla rilevanza della questione nel giudizio principale.

Pertanto, non risultando osservata la prescrizione dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, che impone al giudice a quo di indicare nell'ordinanza di rinvio i termini e i motivi dell'impugnativa, va dichiarata, conformemente alla costante giurisprudenza di questa Corte (sentt. nn. 127 del 1983 e 281 del 1984, ordd. nn. 164, 196 e 227 del 1984), l'inammissibilità della questione sollevata con detti provvedimenti.

3. - Gli altri giudici a quibus muovono dalla premessa - corrispondente alla prevalente giurisprudenza di merito, non risultando ancora alcuna pronuncia specifica della Corte di cassazione - che le norme anzidette pongono una disciplina differenziata in tema di rinnovazione dei contratti di locazione di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione. Invero, mentre l'art. 58 - relativo a quelli già soggetti a proroga e da esso ulteriormente prorogati - non richiede la disdetta per la cessazione del rapporto alla scadenza, per contro, l'art. 65 - concernente i contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge e non soggetti a proroga - dispone che a questi si applica la disciplina generale delle nuove locazioni, prevista dalla cit. l. n. 392 del 1978 negli artt. 1 e 3: quest'ultimo stabilisce che il contratto si intende rinnovato in mancanza di disdetta, da comunicare sei mesi prima della scadenza.

La rilevata diversità del regolamento giuridico sembra ai giudici suddetti violare - stante la sostanziale identità che, a loro avviso, esisterebbe tra le situazioni considerate dalle suddette norme - il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3, primo comma, della Costituzione; pertanto essi prospettano l'esigenza di una parificazione mediante la dichiarazione di illegittimità costituzionale del cit. art. 58 nella parte in cui non prevede la disdetta anche per i contratti in esso considerati.

4. - Ciò posto, la Corte osserva che la questione non é fondata.

Invero le norme impugnate si riferiscono a due categorie di contratti intrinsecamente differenti, come questa Corte ha avuto modo recentemente di rilevare (sent. n. 281 del 1984). L'art. 65 considera i contratti non soggetti a proroga, che il legislatore riconduce nell'alveo della nuova disciplina, sicché applicandosi anche l'art. 3 della stessa legge n. 392/1978, consegue la necessità della disdetta. L'art. 58 per contro, riferendosi ai contratti soggetti a proroga ed ulteriormente prorogati (a data fissa), contiene una sua propria speciale disciplina, molto più favorevole al locatario, nella quale il legislatore non ha ritenuto di introdurre anche l'istituto della disdetta.

5. - Tale diversa disciplina non può ritenersi priva di razionale fondamento, in quanto la rinnovazione tacita, conseguente alla mancata disdetta, presuppone, di norma, la sussistenza di un rapporto liberamente voluto dalle parti secondo la loro autonomia negoziale, sicché, in mancanza di una manifestazione di volontà contraria, il legislatore può ragionevolmente presumere che ricorra il comune intento di protrarre ulteriormente il rapporto medesimo: per contro, in caso di intervento autoritativo che sposti il termine di scadenza del contratto, disponendone la proroga, la ricordata presunzione non può intuitivamente sussistere ed é logico quindi che il contratto, indipendentemente dalla disdetta, cessi con lo spirare del termine finale. Il che trova precisa conferma nei numerosi provvedimenti di legislazione vincolistica, in cui, salve due sole eccezionali e anomale ipotesi, non é stata mai prevista la disdetta, escludendosi con ciò la rinnovazione tacita del contratto.

Né può condividersi il rilievo, contenuto in alcune ordinanze, che, così argomentando, ne risulterebbe un trattamento deteriore per i titolari di contratti previsti nell'art. 58 l. cit. La situazione deve infatti essere considerata con una valutazione complessiva, dalla quale si evince agevolmente che tali contratti risultano di certo maggiormente protetti perché il conduttore fruisce sempre di una proroga di notevole entità. Tale certezza non sussiste invece per i rapporti di cui all'art. 65, in quanto la loro protrazione, dovendosi detrarre dalla durata stabilita dall'art. 1 il tempo già trascorso dall'inizio della locazione (o, in caso di intervenuto rinnovo contrattuale, dalla data di esso), può ridursi, nella multiforme varietà di casi concreti, ad una misura minima ed eventualmente trascurabile. Se così é, non si può accusare la normativa di irrazionalità, in quanto la disciplina ex art. 58 risulta di certo più favorevole al conduttore ed appunto per tale maggior favore é stata sollevata la questione della sua estensione ai contratti previsti nel cit. art. 65 (e su ciò la Corte si é pronunciata negativamente con la ricordata sent. n. 281/1984 sul rilievo della eterogeneità delle due categorie).

6. - I giudici a quibus aggiungono però che la diseguaglianza delle due situazioni, considerate rispettivamente dai citt. artt. 58 e 65, anche se esistente originariamente, sarebbe venuta meno in conseguenza delle decisioni di questa Corte nn. 22 del 1980 e 250 del 1983. Queste, avendo esteso alle locazioni di cui all'art. 65 la facoltà di recesso prevista dall'art. 59 l. cit. per i contratti di cui al precedente art. 58, avrebbero in realtà stabilito un'identità ontologica tra le due categorie di locazioni, identità che non consentirebbe più un diverso trattamento ai fini della disdetta.

Non é però possibile seguire tale ragionamento.

Invero con le due richiamate decisioni la Corte ha ritenuto che il cit. art. 59 aveva limitato irrazionalmente la rilevanza delle circostanze straordinarie, giustificative di un recesso anticipato, ai contratti indicati nel precedente art. 58 in quanto esse, per l'identità della ratio, consistente nelle urgenti e inderogabili necessità del locatore, dovevano valere in tutti i casi di protrazione coattiva del rapporto. La Corte, quindi, non parificò a tutti gli effetti - né poteva ovviamente farlo - situazioni intrinsecamente differenziate, ma ritenne soltanto, sotto un profilo del tutto particolare, che le gravi esigenze del locatore non fossero razionalmente suscettibili del diverso trattamento disposto dal legislatore. Tale essendo il contenuto delle ricordate decisioni, é evidente come nessuna conseguenza possa da esse derivare in tema di disdetta. Questa, invero, non ha nessuna correlazione con l'estensione della disposizione dell'art. 59 anche ai contratti di cui all'art. 65 l. cit., dovendosi ricercare altrove, come già si é detto, il fondamento della mancata previsione di essa rispetto ai contratti previsti nell'art 58.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi:

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 58 e 65 l. 27 luglio 1978 n. 392, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. dal Pretore di Palermo con le ordinanze indicate in epigrafe;

2) dichiara non fondata la medesima questione di legittimità costituzionale, sollevata dai Pretori di Roma, Aversa, Milano, San Severo, Alessandria e Piacenza con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 1985.

Leopoldo ELIA - Francesco SAJA

Depositata in cancelleria il 6 febbraio 1985.