Ordinanza n. 29 del 1985

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ORDINANZA N. 29

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo  ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 91, comma settimo, d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Codice della strada), promosso con ordinanza emessa il 5 ottobre 1981 dal Pretore di Domodossola nel procedimento penale a carico di Profazio Giuseppe, iscritta al n. 777 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 75 dell'anno 1982.

Visto l'atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 1984 il Giudice relatore Ettore Gallo.

Ritenuto che il Pretore di Domodossola, nel procedimento penale a carico di Profazio Giuseppe, imputato di lesioni colpose gravi, ripropone con ordinanza 5 ottobre 1981 la questione di legittimità costituzionale dell'art. 91, comma settimo, codice stradale, in relazione all'art. 3 Cost.;

che i profili sotto cui la questione é prospettata non sono diversi da quelli già presi in esame dalla Corte con sent. 20 gennaio 1977 n. 47, e recentemente con ordinanza 22 novembre 1984 n. 267;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, la quale ha chiesto che la questione sollevata sia dichiarata infondata.

Considerato che, a parte quanto già é stato rilevato dalla citata sentenza di questa Corte in punto infondatezza, e quant'altro é stato in proposito aggiunto, sia pure incidenter tantum, colla richiamata ordinanza, il Pretore solo apparentemente ha motivato sulla rilevanza, in quanto i motivi addotti attengono esclusivamente ad una maggiore celerità del rito (possibilità di concludere il processo con decreto penale, anziché attraverso tre gradi di giudizio), mentre l'art. 23, secondo comma l. 11 marzo 1953 n. 87 non consente che una questione di legittimità costituzionale possa essere sollevata dall'autorità giurisdizionale se non ricorre la condizione inderogabile secondo cui "il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale";

che peraltro s'aggiunge a quanto sopra un ulteriore motivo d’inammissibilità, già rilevato nella citata ordinanza di questa Corte, e su cui il Pretore argomenta in modo contraddittorio. Infatti, mentre sostiene il remittente che la maggiore gravità del danno criminale cagionato dal reato atterrebbe esclusivamente alla funzione della pena, lamenta che la pena accessoria non risponderebbe nella specie alla diversa sua funzione essendo anche le lesioni personali gravi punite (ma solo in via alternativa) "con pena pecuniaria", e quindi riferendosi egli stesso ancora una volta alla pena;

che, in realtà, il legislatore non ha trascurato la possibile incidenza del grado della colpa sulla commisurazione della pena accessoria, affidando al magistrato il suo apprezzamento discrezionale entro limiti edittali di minimo e di massimo; ma quand'anche questa Corte accogliendo l'auspicio del Pretore, dichiarasse l'illegittimità del comma denunziato, nella parte in cui non prevede che il giudice possa astenersi dall'infliggere la pena accessoria nei casi in cui il grado della colpa sia assolutamente minimo, mai il Pretore avrebbe potuto farne applicazione al caso di specie. Come risulta, infatti, dall'imputazione, si tratta non soltanto di colpa generica (peraltro già di per sé espressione di grave imprudenza), ma anche di colpa specifica per violazione di una norma fondamentale del comportamento di guida, avendo l'imputato, che viaggiava alla guida della sua autovettura su di un rettifilo, svoltato a sinistra mentre sopravveniva in senso opposto altra autovettura cui non dava precedenza, e alla quale perciò tagliava la strada cagionando pericolosissima collisione con le conseguenze enunciate nel capo d'accusa.

che, pertanto, anche sotto tale riguardo viene manifestamente a mancare la rilevanza della sollevata questione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara manifestamente inammissibile per carenza di rilevanza la questione di legittimità costituzionale dell'art. 91, comma settimo, d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393, sollevata dal Pretore di Domodossola, con ordinanza 5 ottobre 1981, in riferimento all'art. 3 Cost..

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 1985.

LEOPOLDO ELIA - ETTORE GALLO

Depositata in cancelleria il 30 gennaio 1985.