Ordinanza n.13 del 1985

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ORDINANZA N. 13

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

AVV. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

AVV. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANTTI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 27, 28, 29 e 31 legge 16 giugno 1927, n. 1766; art. 1 legge 10 luglio 1930, n. 1078 (Definizione delle controversie in materia di usi civici), promosso con l'ordinanza emessa il 7 maggio 1980 dal pretore di Montefiascone nel procedimento civile vertente tra Ercolani Maria ed altri e Università Agraria di Tarquinia, iscritta al n. 805 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzella Ufficiale della Repubblica n. 34 dell'anno 1981.

Visti gli atti di costituzione dell'Università Agraria di Tarquinia, di Enzo Ercolani ed altri e di Maria Ercolani nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 1984 il Giudice relatore Livio Paladin.

Ritenuto che il Pretore di Montefiascone, con l'ordinanza in epigrafe (emessa in un giudizio di opposizione all'esecuzione dell'obbligo di rilascio di un terreno, avente titolo nella sentenza 22 giugno 1968 del Commissario agli usi civici di Roma), ha denunciato gli artt. 27 e 28 l. 16 giugno 1927, n. 1766 e 1 l. 10 luglio 1930, n. 1078 (secondo cui i commissari per gli usi civici vanno "nominati con decreto reale" - ora del Ministero dell'agricoltura - e "scelti fra magistrati" ordinari, previa collocazione fuori ruolo), prospettando il contrasto di detta normativa con gli artt. 102, 103, 104, 105 e VI disp. trans. della Costituzione, in base alla considerazione che - dopo l'entrata in vigore della legge (195/1958) istitutiva del Consiglio superiore della magistratura (cui la Costituzione riserva le assunzioni e gli altri provvedimenti relativi allo status dei magistrati) - il legislatore avrebbe dovuto prevedere una "ratifica" dello stesso Consiglio per quei magistrati, ai quali l'incarico di giudice degli usi civici era stato già conferito da altro organo;

che lo stesso Pretore ha anche impugnato gli artt. 29 e 31 della predetta l. 1766/1927, in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 42, 43, 44, 101, 102, 104, 108 e VI disp. trans. Cost., argomentando che, nel suo complesso, la disciplina degli usi civici sarebbe "anacronistica, superata ed in contrasto con la moderna politica economico-sociale della Nazione, che protegge il coltivatore diretto" e "l'accorpamento delle proprietà";

che innanzi alla Corte si sono costituite le parti opponenti ed opposte del giudizio a quo, che hanno concluso, rispettivamente, per l'accoglimento e per la reiezione dell'impugnativa, ed é altresìintervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, per chiedere alla Corte di dichiarare l'inammissibilità della prima e l'infondatezza della seconda questione.

Considerato che la ratifica ex nunc, di cui é stata prospettata l'esigenza, in relazione a nomine commissariali effettuate (come nella specie) da organo diverso dal C.S.M., sarebbe assolutamente ininfluente nel giudizio di esecuzione a quo, che trae titolo da una sentenza del Commissario agli usi civici di Roma la quale é - per ammissione dello stesso Pretore - ormai assistita dalla forza del giudicato, onde sarebbe insuscettibile di essere in alcun modo raggiunta dagli effetti di un’eventuale pronuncia della Corte sull’illegittimità del giudice; e che, per tale motivo, la prima questione é manifestamente inammissibile;

che la seconda questione - motivata con riferimento (pressoché esclusivo) agli artt. 42 e 44 Cost. (al di là dell’enunciazione del tutto apodittica di una serie ulteriore di altri parametri) é a sua volta manifestamente infondata, poiché il formulato giudizio di anacronismo della disciplina degli usi civici (là dove non travalica in una non consentita valutazione di politica legislativa) é contraddetto e smentito dalla successiva normativa (artt. 1, terzo comma, e 4, lett. l del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; artt. 66 e 71 lett. i del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) che ha trasferito alle Regioni le funzioni amministrative e confermato allo Stato le funzioni giurisdizionali nella predetta materia degli usi civici; e perché comunque la questione di costituzionalità della giurisdizione del Commissario per gli usi civici, in riferimento agli artt. 108 e 25 Cost., é stata già dichiarata non fondata con sentenza della Corte n. 73/1970.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1. - dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 27 e 28 della l. 16 giugno 1927, n. 1766 (sul riordinamento degli usi civici) e dell'art. 1 della l. 10 luglio 1930, n. 1078 (sulla definizione delle controversie in materia di usi civici), in riferimento agli artt. 102, 103, 104, 105 e VI disp. trans. della Costituzione, sollevata dal Pretore di Montefiascone con l'ordinanza in epigrafe.

2. - dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 29 e 31 della predetta l. 1766/1927, in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 42, 43, 44, 101, 102, 104, 105, 108 e VI disp. trans. Cost., sollevata dallo stesso Pretore con l'ordinanza indicata.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 gennaio 1985.

Leopoldo ELIA -  Livio PALADIN

Depositata in cancelleria il 23 gennaio 1985.