Sentenza n.1 del 1985

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 1

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 21, sesto comma, legge 20 dicembre 1973 n. 831 (Modifiche dell'ordinamento giudiziario per la nomina a magistrato di Cassazione e per il conferimento degli uffici direttivi superiori) promosso con ordinanza emessa l'8 novembre 1983 dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Lucentini Sergio ed altri contro Ministero Grazia e Giustizia ed altri, iscritta al n. 438 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 127 dell'anno 1984.

Visto l'atto di costituzione di Lucentini Sergio ed altri nonché l'atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 27 novembre 1984 il giudice relatore Livio Paladin;

uditi l'avv. Umberto Coronas per Lucentini e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa l'8 novembre 1983, il Consiglio di Stato - sezione IV giurisdizionale ha riproposto alla Corte, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 21, sesto comma, della legge 20 dicembre 1973. n. 831, nella parte in cui dispone che per i magistrati astenutisi dagli scrutini "la promozione" decorre dall'entrata in vigore della legge (30 dicembre 1973) anziché dalla data (necessariamente anteriore) da cui decorre la promozione del più favorito dei magistrati di cui al quinto comma dello stesso articolo, e non prevede che i primi mantengano rispetto ai secondi l'anteposizione in ruolo".

Analoga questione era già stata sollevata da parte del medesimo giudice, con ordinanza del 2 dicembre 1977; ma la Corte ritenne la questione stessa inammissibile - con sentenza n. 86 del 1982 - in quanto proposta in subordine rispetto ad altra questione, concernente l'intero sistema delle nomine a magistrato di Cassazione, che venne considerata irrilevante ai fini del giudizio a quo. Per altro, traendo lo spunto da una diversa ordinanza di rimessione, la citata sentenza ha comunque annullato parte delle norme dettate in materia dalla legge n. 831 del 1973. Ed a questo punto, avendo i ricorrenti rinnovato l'originaria eccezione di legittimità costituzionale, il Consiglio di Stato ha nuovamente impugnato l'art. 21, sesto comma, della legge stessa.

Secondo il Consiglio, la rilevanza della questione non sarebbe venuta meno per effetto della sentenza n. 86 del 1982: sia perché tale decisione non inciderebbe "sull'efficacia delle nomine già attribuite, né, tanto meno, sulle rispettive decorrenze e sull'ordine di ruolo"; sia perché, in ogni caso, la nuova pronuncia richiesta alla Corte potrebbe ripercuotersi sul "conseguimento della classe superiore di stipendio". Nel merito, la questione stessa non sarebbe manifestamente infondata, dal momento che i "valori costituzionali dell'eguaglianza e della ragionevolezza" risulterebbero lesi dalle norme transitorie per la nomina a magistrato di Cassazione, dettate dall'impugnato art. 21 quanto ai "magistrati che per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcun scrutinio pure avendo l'anzianità necessaria".

Il giudice a quo riconosce, in effetti, che i magistrati astenutisi dal sottoporsi a giudizio non possono pretendere di essere trattati al pari di coloro che abbiano invece superato il giudizio medesimo; ma contesta l'ingiustificata equiparazione della prima categoria di magistrati a coloro che abbiano riportato in sede di scrutinio giudizio sfavorevole. Inoltre, l'ordinanza in esame censura l'"inversione di posizione in carriera, tra i magistrati attualmente ricorrenti, e i loro colleghi meno anziani": i quali possono vedersi promossi in Cassazione "agli effetti giuridici", prima della data d’entrata in vigore della legge n. 831, pur non essendosi mai sottoposti agli scrutini ne avendo conseguito l'anzianità richiesta a tal fine dalla legge 4 gennaio 1963, n. 1.

2. - Nel presente giudizio si sono costituiti i ricorrenti, contestando anch'essi la legittimità della previsione normativa per cui "tutti i magistrati che, pur avendo l'anzianità prescritta dal vecchio ordinamento, non avevano partecipato agli scrutini, sono stati sfavoriti e posposti rispetto a tutti i loro colleghi meno anziani che al 30 dicembre 1973 avevano maturato sette anni nella qualifica d'appello, ma non avevano raggiunto l'anzianità prescritta per partecipare agli scrutini" stessi. Sarebbero infatti irragionevoli sia la scelta di "equiparare totalmente gli astenuti ai bocciati", tenuto conto che la partecipazione agli scrutini non era obbligatoria, sia il deteriore trattamento degli astenuti nel confronto con coloro che "avevano anzianità di magistrati d’appello fra i 7 e i 9 anni". Per contro, l'unica soluzione conforme al principio d’eguaglianza consisterebbe nel "riconoscere a tutti egualmente, in caso di partecipazione con esito favorevole al nuovo scrutinio, l'anzianità dal compimento del settimo anno nella qualifica di magistrato d’appello": senza di che la posizione e l'anzianità verrebbero "travolte in nome di criteri ingiustificati e di circostanze casuali".

3. - L'intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri ha invece concluso nel senso dell'infondatezza. Pur riconoscendo che la norma denunciata risente delle "difficoltà" peculiari di tutte le disposizioni transitorie, l'Avvocatura dello Stato ha infatti escluso che nella specie ricorra "una vera e propria irrazionalità dei criteri seguiti dalla legge". Anziché affidarsi a dati arbitrari, il legislatore avrebbe assunto "come orientamento di base, per diversificare i trattamenti, i dati certi di cui disponeva per le varie posizioni prese in considerazione: in particolare, l'atteggiamento tenuto dal magistrato dinanzi alla facoltà di domandare e sottomettersi ad uno scrutinio per il passaggio alla qualifica superiore". E non sarebbe dunque irragionevole l'aver negato decorrenza anteriore all'entrata in vigore della legge n. 831, relativamente a chi "prima di tale data aveva manifestato una carenza d’interesse alla promozione".

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza di rimessione osserva giustamente che la proposta questione conserva rilevanza nel giudizio a quo, malgrado la Corte abbia in parte annullato - con sentenza n. 86 del 1982 - l'art. 7 e l'art. 10 della legge 20 dicembre 1973, n. 831 (recante "Modifiche dell'ordinamento giudiziario per la nomina a magistrato di Cassazione e per il conferimento degli uffici direttivi superiori").

Vero é che l'art. 7 é stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui prevedeva che la conseguita valutazione favorevole comportasse la nomina a magistrato di Cassazione, indipendentemente dal conferimento delle relative funzioni; e che l'art. 10 ha formato, a sua volta, l'oggetto di una pronuncia d’accoglimento, nella parte in cui non prevedeva che la nomina a magistrato di Cassazione, circa i magistrati dichiarati idonei ai sensi dell'art. 7, fosse contestuale al conferimento delle relative funzioni. Ma non si può dire che, per effetto di tali decisioni, siano ormai divenuti del tutto inapplicabili tanto l'impugnato sesto comma dell'art. 21 l. cit. (là dove si dispone che "i magistrati che per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcun scrutinio per la nomina a magistrato di Cassazione, pure avendo l'anzianità necessaria, a... sono sottoposti, a domanda, alla valutazione con i criteri indicati dall'art. 1 e, in caso di valutazione favorevole, conseguono la nomina agli effetti giuridici ed economici con decorrenza dall'entrata in vigore della presente legge") quanto il quinto comma del medesimo articolo, che il Consiglio di Stato utilizza come tertium comparationis. In ogni caso, infatti, rimangono fermi i rapporti ormai esauriti; e resta che l'art. 7 della legge n. 831 conserva vigore nella parte concernente l'attribuzione di un trattamento economico corrispondente a quello che compete ai magistrati di Cassazione. Sicché, per tali aspetti, continua ad operare - nei giudizi riguardanti "i magistrati che per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcun scrutinio..." - l'art. 21, sesto comma, della legge stessa.

2. - In sostanza, secondo il giudice a quo la norma impugnata viola il principio costituzionale d'eguaglianza, dal momento che essa equipara i magistrati in questione a "coloro che abbiano riportato in sede di scrutinio giudizio sfavorevole", anziché farli beneficiare del miglior trattamento previsto per i magistrati meno anziani di cui al quinto comma. in ordine ai quali si é stabilito che essi conseguano la nomina a magistrati di Cassazione, limitatamente agli "effetti giuridici", non già dall'entrata in vigore della legge n. 831 ma sin dal compimento dell'anzianità prevista nell'articolo 4 (sette anni dalla nomina a magistrato di Corte d'appello), indipendentemente dalla maggiore anzianità richiesta ai sensi dell'art 27 primo comma, della previdente legge 4 gennaio 1963, n. 1, per la partecipazione al relativo scrutinio (nove anni dalla promozione a magistrato di Corte d'appello). In tale prospettiva, dunque, il quinto comma dell'art. 21 vale non soltanto per fornire argomenti per l'accoglimento dell'impugnativa, ma funge da norma che questa Corte dovrebbe rendere applicabile al caso in esame, per sanare la denunciata disparità di trattamento.

Ciò posto, la questione si dimostra fondata. Giova premettere, in tal senso, che la precedente disciplina delle promozioni a magistrato di Corte di cassazione non collocava sul medesimo piano i magistrati astenutisi dagli scrutini ed i magistrati scrutinati con giudizio sfavorevole: al contrario, l'art. 30, secondo comma, della legge n. 1 del 1963 regolava unicamente la seconda di queste situazioni, disponendo che "i magistrati di Corte d’appello che in due scrutini consecutivi non hanno ottenuto la qualifica di merito distinto non possono partecipare ad altro scrutinio per la promozione a magistrato di Corte di cassazione se non sono decorsi almeno due anni dall'ultima deliberazione emessa nei loro confronti" (ed aggiungendo che, "se nemmeno nel terzo scrutinio conseguono tale qualifica, non possono partecipare ad altro scrutinio"). Pertanto, la norma impugnata non trova una ragione giustificativa nell'assunto che i magistrati astenutisi dagli scrutini siano stati parificati ai magistrati sfavorevolmente scrutinati, poiché per entrambi il legislatore avrebbe ritenuto dimostrata l'inadeguatezza ad esser nominati magistrati di Cassazione.

In effetti, nel difendere la legittimità costituzionale della norma impugnata, l'Avvocatura dello Stato non ha argomentato in questi termini, limitandosi invece a sostenere che i magistrati astenutisi dagli scrutini avrebbero con ciò manifestato "una carenza d’interesse alla promozione", ragionevolmente presa in considerazione dal legislatore stesso. Ma anche un tale assunto si presenta inadeguato allo scopo. Da un lato, il passivo atteggiamento tenuto in precedenza dai soggetti in questione non basta a giustificare la norma impugnata, dati i criteri affatto nuovi che la legge n. 831 introduce nel disciplinare la valutazione dei magistrati di Corte d'appello: dal momento che cessa di vigere il sistema degli scrutini, aventi ad oggetto - accanto ad altre doti - lavori giudiziari, pubblicazioni ed ulteriori titoli; e subentra invece un sistema di progressione a ruolo aperto, mediante valutazioni vertenti sulla "preparazione e capacità tecnico-professionale", sulla "laboriosità e diligenza dimostrate nell'esercizio delle funzioni", sui "precedenti relativi al servizio prestato" (cfr. l'art. 1, primo comma, l. cit.). D'altro lato, non può essere sottovalutata la circostanza che, in base all'art. 9 della legge n. 831, "i magistrati di Cassazione continuano ad esercitare le funzioni precedenti fino a quando non siano assegnati ad un ufficio corrispondente alle nuove funzioni": il che comporta un mutamento di tale portata, da generare un interesse alla progressione anche in capo a coloro che precedentemente non avessero ambito a venire promossi.

3. - Ne segue che la norma in esame dev'essere annullata, per contrasto con il principio costituzionale d'eguaglianza. Nella situazione or ora descritta, non trova infatti giustificazione l'aver discriminato fra i magistrati rispettivamente considerati dal quinto e dal sesto comma, prima parte, del citato art. 21, nessuno dei quali si era sottoposto agli scrutini previsti dalla legge n. 1 del 1963. Ed anzi l'ingiustificatezza emerge con tanto maggiore evidenza, in quanto i meno anziani si sono visti promossi agli effetti giuridici - non appena ottenuta la valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura - al compimento del settimo anno dalla nomina a magistrato di Corte d'appello, con un’anticipazione di due anni rispetto al periodo richiesto dall'art. 27, primo comma, della previgente legge n. 1; laddove i più anziani, pur avendo maturato i nove anni dapprima prescritti, non hanno ottenuto la corrispondente nomina se non dall'entrata in vigore della legge n. 831.

La conseguente pronuncia d’accoglimento deve, però, contenersi nei termini fissati dall'ordinanza di rimessione, mediante la quale il Consiglio di Stato ha giustamente tenuto in considerazione l'esigenza di evitare che i magistrati astenutisi dagli scrutini siano trattati alla medesima stregua o vengano addirittura privilegiati rispetto a chi abbia superato la prova, beneficiando di quanto disposto dal quarto comma dell'art. 21. Per un primo verso, dunque, va ribadito che anche in questa sede vale la previsione dell'art. 15 della legge n. 831: per cui "coloro che conseguono la nomina per effetto delle disposizioni contenute negli articoli precedenti non possono in alcun caso essere collocati nel ruolo d’anzianità prima dei magistrati che abbiano conseguito la nomina a magistrato di Cassazione anteriormente all'entrata in vigore della presente legge". Per un secondo verso, l'impugnato sesto comma dell'art. 21 va dichiarato illegittimo - stando al petitum del Consiglio di Stato - nella parte in cui fa decorrere il conseguimento dei relativi benefici dall'entrata in vigore della legge predetta, anziché anticiparlo, agli effetti giuridici, sin dal momento della nomina del più anziano fra i magistrati considerati nel precedente quinto comma, poiché, se tale anticipazione avesse comunque riguardo al compimento dell'anzianità di sette anni quale magistrato d'appello, ai sensi dell'art. 4 l. cit., il quinto comma verrebbe fatto operare al di là dei limiti oggettivi che ne segnano il naturale ambito d’applicazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 21, sesto comma, della legge 20 dicembre 1973, n. 831, nella parte in cui dispone che i magistrati che per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcun scrutinio per la nomina a magistrato di Cassazione, pure avendo l'anzianità necessaria, conseguono agli effetti giuridici i benefici previsti nel precedente articolo (Adde: "7" (v., infra, ord. n. 66/1985) - in caso di valutazione favorevole - dal momento dell'entrata in vigore della medesima legge, anziché con l'anteriore decorrenza spettante al più anziano fra i magistrati di cui al quinto comma, mantenendo rispetto ai magistrati stessi il precedente collocamento in ruolo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 gennaio 1985.

Leopoldo ELIA - Livio PALADIN

Depositata in cancelleria il 14 gennaio 1985.