Sentenza n.295 del 1984

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SENTENZA N. 295

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Albero MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

          Prof. Giuseppe BORZELLINO,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20, p.c., l. 21 giugno 1975, n. 287 (Modifiche alla legge 4 novembre 1965, n. 1213, concernente provvedimenti a favore della cinematografia); dell'art. unico, lett. b, del d.P.R. 28 aprile 1968, n. 1339, promosso con ordinanza emessa il 5 giugno 1978 dal TAR per il Lazio sui ricorsi riuniti proposti dalla S.r.l. Medusa Distribuzione ed altre c/ Ministero del turismo e dello spettacolo ed altra, iscritta al n. 16 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 80 del 1979.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 novembre 1984 il Giudice relatore Antonio La Pergola;

udito l'avvocato dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Alcune società di produzione e distribuzione cinematografica proponevano ricorso nel marzo 1978 al TAR del Lazio avverso i decreti con i quali il Ministero del turismo e dello spettacolo aveva annullato d'ufficio i provvedimenti con i quali in precedenza aveva dichiarato di nazionalità italiana ed ammesso alla programmazione obbligatoria alcuni films realizzati dalle ricorrenti in regime di coproduzione italo-francese.

Le ricorrenti, fra le altre censure proposte, denunciavano la violazione degli artt. 19 della legge 4 novembre 1965, n. 1213 (Provvedimenti a favore della cinematografia), che disciplina le coproduzioni, 20 della legge 21 giugno 1975, n. 287 (recante modifiche alla predetta legge n. 1213/65) e dell'art. 5, par. IV, dell'accordo di coproduzione italo-francese del 1 agosto 1966, recepito in Italia dapprima con l'articolo unico lett. b) del d.P.R. 28 aprile 1968, n. 1339 e poi con l'art. 20 della predetta legge n. 287.

L'Avvocatura generale, costituitasi per il Ministero, chiedeva il rigetto del ricorso.

Il TAR, ritenuto che la controversia si incontrava sull'interpretazione del citato art. 5 dell'accordo di coproduzione cinematografica tra l'Italia e la Francia del 1 agosto 1966 (in quanto il Ministero aveva annullato i provvedimenti con i quali aveva ammesso i films ai benefici previsti dalla legge proprio sulla base di una diversa interpretazione della detta norma), si é posto innanzitutto il problema " se l'accordo in questione sia stato validamente recepito nell'ordinamento italiano, in conformità delle norme costituzionali che regolano la materia".

Il giudice a quo premette che l'art. 19 della citata legge n. 1213 del 1965 estende il riconoscimento della nazionalità (e i benefici che ne conseguono) ai lungometraggi realizzati in coproduzione con imprese estere purché la quota di partecipazione artistica, tecnica e finanziaria del coproduttore italiano non sia inferiore al 30 per cento del costo del film, "salvo deroghe eccezionali previste negli accordi internazionali", e che l'art. 5 dell'accordo italo-francese del 1 agosto 1966 prevede per i films di " indubbio valore artistico " e per quelli " di carattere spettacolare " che il coproduttore di minoranza deve partecipare con una quota non inferiore al 20 per cento del costo del film (par. IV). Dopo di che il giudice a quo solleva d'ufficio, ritenendola rilevante in re ipsa e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, penultimo comma, della legge 21 giugno 1975, n. 287, nella parte in cui ha dato piena e integrale esecuzione, sin dalla data della sua entrata in vigore, all'accordo internazionale in questione, già, peraltro, come detto, reso esecutivo dal d.P.R. 28 aprile 1968, n. 1339, ritenuto evidentemente dal legislatore inidoneo allo scopo.

La questione é sollevata in riferimento:

a) all'art. 80 della Costituzione, in quanto non é stata emanata una legge che recasse esplicita autorizzazione alla ratifica dell'accordo, pur importando il trattato oneri alle finanze e modificazioni alla legge n. 1213 del 1965;

b) all'art. 72, ultimo comma, Cost., in quanto, ove si dovesse ritenere che l'autorizzazione sia implicitamente contenuta nello stesso art. 20 censurato, la legge doveva essere approvata dalle Camere con la procedura normale e non con il c.d. procedimento decentrato, com'é avvenuto nel caso di specie;

c) all'art. 87, ottavo comma, Cost., in quanto non vi é stata la previa autorizzazione delle Camere alla ratifica del trattato da parte del Presidente della Repubblica; d) in estremo subordine, e nel caso in cui si ritenga che la norma in esame, "avendo rango pari alla legge n. 1213 del 1965, può tuttavia recare ad essa modificazione ed essere considerata come contenente sostanzialmente le statuizioni dell'accordo, indipendentemente dalla ratifica di questo", la norma é censurata dal giudice a quo in riferimento all'art. 81, quarto comma, Cost., in quanto non contiene l'indicazione dei mezzi destinati a far fronte alle maggiori spese derivanti dal fatto che l'accordo internazionale in esame amplia i casi di assegnazione di sovvenzioni e premi alle coproduzioni rispetto a quelli previsti dall'art. 19 della legge n. 1213 del 1965.

Il TAR del Lazio, infine, solleva, come derivata, ex art. 27 legge 11 marzo 1953, n. 87, dalla dichiarazione di fondatezza di una delle questioni prospettate, questione di legittimità costituzionale dell'articolo unico, lett. b), del d.P.R. 28 aprile 1968, n. 1339.

2. - É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

Questa eccepisce, in primo luogo, l'inammissibilità della questione per irrilevanza, deducendo che la verifica costituzionale degli ordini di esecuzione del trattato " si pone al di sopra del thema decidendum"; d'altra parte essa stessa afferma che la controversia di cui é investito il TAR " verte unicamente "sull'interpretazione dell'art. 5 dell'accordo italo- francese del 1966, che, a suo avviso, non consente forme di coproduzione nelle quali l'apporto minoritario sia esclusivamente finanziario.

L'Avvocatura generale chiede, inoltre, che sia dichiarata inammissibile la questione relativa al d.P.R. n. 1339 del 1968, essendo tale decreto privo di forza di legge.

Nel merito, l'Avvocatura, senza considerare i dubbi di costituzionalità che lo stesso giudice a quo, a suo avviso " si dà carico di fugare " (cioé quelli sollevati in riferimento agli artt. 80, 87 e 72 Cost.), eccepisce l'infondatezza della questione in riferimento all'art. 81, quarto comma, Cost., sostenendo che i maggiori oneri previsti nella norma censurata erano stati già contemplati nella legge del 1965, la quale, nell'art. 19, non fissava limiti alla partecipazione italiana alle coproduzioni e, nell'art. 60, prevedeva i mezzi per far fronte alle maggiori spese. La norma denunciata, pertanto, ad avviso dell'Avvocatura, attinge da quest'ultima disposizione la garanzia costituzionale della copertura della spesa.

Considerato in diritto

1. - La legge 4 novembre 1965, n. 1213 - modificata con la legge 21 giugno 1975, n. 287 - reca provvedimenti a favore della cinematografia e fra l'altro contempla, in ordine ai lungometraggi " nazionali": la relativa ammissione alla programmazione obbligatoria (art. 5); incentivi agli esercenti delle sale cinematografiche (art. 6); sovvenzioni ai produttori (art. 7); premi di qualità al produttore e agli autori dei films; ulteriori abbuoni di diritti erariali agli esercenti delle sale cinematografiche (art. 9). La stessa legge prevede (art. 19) che detti benefici siano estesi a films realizzati, secondo speciali accordi internazionali di reciprocità, in coproduzione con imprenditori stranieri. Il film risultante dalla coproduzione deve, a questo riguardo, esser dichiarato " nazionale". É prescritto che la quota minima di partecipazione non sia inferiore al 30% del costo del film, salvo deroghe eccezionali, le quali vanno prevedute negli accordi internazionali di reciprocità e concesse previo parere di apposita sottocommissione, istituita in seno alla commissione centrale per la cinematografia presso il Ministero per il turismo e lo spettacolo. L'art. 5 dell'accordo di coproduzione italo-francese del 1 agosto 1966 pone, a sua volta, nei paragrafi dal I al III, talune condizioni per l'applicabilità del regime di coproduzione, con riferimento al costo del film, all'entità della partecipazione minoritaria, alle caratteristiche qualitative prescritte per l'apporto del coproduttore minoritario; esso stabilisce tuttavia, al paragrafo IV, che derogbe eccezionali alle previsioni dei paragrafi precedenti possano essere accordate dalle autorità dei due Paesi per films di indubbio valore artistico o di carattere spettacolare. In relazione a quest'ultima categoria, é previsto che la partecipazione del coproduttore minoritario non possa essere in alcun caso inferiore al 20% del costo del film. L'accordo internazionale in parola ha ricevuto attuazione nell'ordinamento italiano per mezzo di due atti distinti e successivi: prima con il decreto presidenziale 28 aprile 1968, n. 1339, poi con l'art. 20, penultimo comma, della legge n. 287 del 1975. Quest'ultima norma dà esecuzione, dalla data della loro entrata in vigore, all'accordo bilaterale in esame e ad altri consimili, stretti fra l'Italia e vari paesi, disponendo inoltre che la ratifica di ogni ulteriore accordo, introduttivo delle deroghe previste dall'art. 19 della legge 4 novembre 1965, n. 1213, va autorizzata con legge.

2. - La presente questione di legittimità costituzionale trae origine dal procedimento instaurato, davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, III Sezione, dalla S.r.l. Medusa Distribuzione e da altre società (S.p.A. Fonoroma; S.a.s. Vides Cinematografica; S.p.A. Produzione Intercontinentale Cinematografica; S.r.l. Selenia Cinematografica). Tutte le ricorrenti hanno impugnato innanzi al giudice a quo il provvedimento ministeriale con il quale erano state annullate le dichiarazioni di nazionalità di films da esse realizzati in regime di coproduzione italo-francese, nonché il decreto di ammissione degli stessi films alla programmazione obbligatoria.

Le società promotrici del giudizio a quo hanno dedotto avanti al TAR che, ai sensi delle disposizioni regolatrici della specie - artt. 19 legge 4 novembre 1965, n. 1213, 20 legge 2 giugno 1975, n. 287 e 5 paragrafo IV dell'accordo di coproduzione italo-francese (1 agosto 1966) - la partecipazione del coproduttore minoritario può anche essere soltanto finanziaria, e dunque prescindere da apporti di natura tecnica ed artistica. Questo motivo del ricorso, soggiunge il giudice a quo, precede, in ordine logico, tutti gli altri sottoposti al suo esame, perché riguarda l'intepretazione di quella norma dell'accordo di coproduzione cinematografica italo-francese, sulla base della quale il Ministero resistente ha, con il contestato provvedimento, deciso di annullare gli atti emessi in precedenza per ammettere i films prodotti dalle ricorrenti ai benefici contemplati dalla citata legge del 1965. Il TAR, chiamato a pronunciarsi sull'esatto significato della disposizione pattizia, si é posto in primo luogo il problema se questa faccia parte di un accordo validamente recepito nell'ordinamento italiano; ai fini dell'indagine ad esso demandata, il Collegio remittente ritiene di dover denunciare l'art. 20, penultimo comma, della legge 21 giugno 1975 n. 287, in riferimento agli artt. 80, 72, ultimo comma, 87, ottavo comma, e 81, quarto comma, Cost., nonché l'articolo unico, lett. b, del d.P.R. 28 aprile 1968, n. 1339, per asserita violazione degli artt. 80 e 87 Cost.. Tali statuizioni sono censurate nel presente giudizio come di seguito si precisa.

3. - Nel prospettare la questione, il TAR muove da questo duplice assunto: il decreto presidenziale emesso nel 1968 é inidoneo ad adeguare l'ordinamento interno alle esigenze dell'accordo di coproduzione italo-francese; d'altra parte, l'art. 19 della legge del 1965 non contiene, là dove esso prevede che le sue disposizioni sono suscettibili di deroga mediante accordo internazionale, alcuna delega che abiliti l'esecutivo a introdurre le suddette deroghe pattizie nell'ordinamento interno con proprio atto, senza previa autorizzazione del legislatore. Dopo di che, il disposto del penultimo comma dell'art. 20 della legge del 1975 risulterebbe sotto vario riguardo viziato di illegittimità costituzionale:

A) Difettando la legge di autorizzazione alla ratifica dell'accordo, l'asserita inosservanza dell'art. 80 Cost. sussisterebbe a duplice titolo. Il giudice a quo deduce, precisamente, che le statuizioni pattizie implichino, nel caso in esame, sia una modifica di quanto prevede l'art. 19 della legge n. 1213 del 1965, sia maggiori oneri per le finanze, giacché a suo avviso l'accordo italo- francese di coproduzione estende ad ipotesi non contemplate da detto articolo premi, o sovvenzioni, di cui fruiscono i films nazionali. Così atteggiandosi la specie, la norma denunciata offenderebbe altresì la prescrizione dell'art. 87, ottavo comma, secondo la quale l'autorizzazione parlamentare, nei casi in cui é richiesta, deve precedere la ratifica dell'accordo internazionale.

B) L'interprete potrebbe però, soggiunge il TAR, adottare il diverso punto di vista, secondo cui il citato art. 20 reca implicitamente l'autorizzazione alla ratifica degli accordi già stipulati, ai quali esso conferisce retroattivamente efficacia interna. Pur così intesa, tuttavia, la disposizione censurata non sfuggirebbe all'ulteriore rilievo che la legge, in cui essa é contenuta, é stata approvata in sede di commissione deliberante, invece che con la procedura normale, prescritta a norma dell'art. 72 Cost., per l'adozione delle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali.

C) La violazione dell'art. 81, quarto comma, Cost., é dedotta sotto altro ed autonomo profilo, che dovrebbe venire in considerazione qualora la Corte ritenga infondati i dubbi di legittimità costituzionale sopra esposti, facendo affidamento sulla circostanza che la legge n. 287 del 1975, in cui é posta la statuizione denunciata, ha rango pari alla legge n. 1213 del 1965, e di questa può dunque innovare il contenuto: sempre che, beninteso, alla legge del 1975 si attribuisca il significato di aver recepito la disciplina pattizia, cui essa si riferisce nell'art. 20, solo materialmente, e quindi " a prescindere dalla ratifica " dell'accordo internazionale in discorso. In quest'ipotesi, però, la disposizione in esame verrebbe ad offendere l'invocato precetto costituzionale, perché, si asserisce, essa manca di indicare come siano coperte le spese connesse con la prevista assegnazione di sovvenzioni e premi per coproduzioni, nelle quali la partecipazione italiana é limitata al 20% del costo del lungometraggio. La previsione di detti benefici comporterebbe, infatti, oneri di più ampia portata rispetto a quelli scaturenti dalla legislazione previgente.

D) Deduce, infine, il giudice a quo che l'eventuale pronuncia di fondatezza di alcuna delle questioni prospettate pone il problema dell'illegittimità dell'articolo unico, lett. b, del d.P.R. 28 aprile 1968, n. 1339, come derivata, ex art. 27 legge 11 marzo 1953, n. 87, dalla decisione che sarà adottata dalla Corte.

4. - L'Avvocatura dello Stato eccepisce l'inammissibilità, per difetto di rilevanza, della questione concernente l'art. 20 della legge 21 giugno 1975, n. 287. Il giudice a quo, essa deduce, é investito dell'interpretazione dell'art. 5 paragrafo IV dell'accordo del 1 agosto 1966; tale norma, soggiunge l'Avvocatura, dispone già, se correttamente intesa, che le deroghe eccezionali alla legge del 1965, inessa prevedute, non possano comunque dispensare il coproduttore minoritario da qualsiasi apporto tecnico ed artistico. La richiesta declaratoria di incostituzionalità non verrebbe dunque ad incidere sulla definizione della controversia demandata al TAR.

L'eccezione non può, tuttavia, essere accolta. La questione di legittimità costituzionale, così com'é formulata, deve ritenersi pregiudiziale rispetto a quella sottoposta all'esame del giudice a quo. Infatti, l'eventuale pronuncia di fondatezza emessa da questa Corte priverebbe di ogni efficacia interna le previsioni pattizie di cui si controverte nella causa di merito, quale che sia il loro significato e conseguente ambito di applicazione.

Correttamente, invece, l'Avvocatura eccepisce l'inammissibilità dell'altra questione, prospettata dal TAR come conseguenziale all'accoglimento di quella che ha per oggetto l'art. 20 della citata legge del 1975. La censura investe in questo caso la disposizione di un atto - il d.P.R. 28 aprile 1968 n. 1339 - che é privo della forza di legge e non può quindi essere impugnato avanti la Corte.

5. - Passando al merito della questione, s'impone un rilievo preliminare. Il penultimo comma dell'art. 20 della legge del 1975 viene qui in rilievo, in quanto esso conferisce efficacia interna a quella clausola dell'accordo italo-francese di reciprocità, della cui applicazione é investito il TAR: e il giudizio avanti detto Collegio riguarda, si é detto, le deroghe eccezionali in materia di apporti del coproduttore minoritario. Come risulta dal congegno, e dalla stessa formula, della statuizione censurata, l'intento manifestamente perseguito dal legislatore é quello di emanare un ordine di esecuzione di più accordi internazionali, ivi incluso l'accordo italo-francese che interessa per l'attuale controversia. Nella specie, va altresì ricordato, l'ordine di esecuzione é posto nella forma della legge e vien fatto retroagire alla data in cui sono entrate in vigore le clausole pattizie alle quali esso si riferisce, che é poi quella della firma dello strumento internazionale (cfr. art. 15, primo comma, dell'accordo): per modo che esso dovrebbe sostituire, a tutti gli effetti, l'altro ordine di esecuzione, anteriormente emanato, sempre in relazione all'accordo in parola, con decreto presidenziale.

É appena il caso di aggiungere come l'atto del legislatore, in cui é contenuto un ordine di esecuzione, stia con la sottostante disciplina pattizia in quel particolare nesso funzionale, che é caratteristico della normazione prodotta mediante rinvio al trattato. Le norme poste nell'accordo devono, perché possa funzionare questo tipo di adattamento, essere suscettibili di immediata applicazione: di guisa che da esse si estrae il contenuto delle corrispondenti norme immesse nell'ordinamento interno, la cui sfera di efficacia, soggettiva e temporale, dipende da quella delle stesse statuizioni pattizie. Se così é, resta esclusa dall'indagine rimessa a questo Collegio l'ipotesi di sospetta violazione dell'art. 81, quarto comma, Cost., avanzata dal giudice a quo, in alternativa alle altre da esso prospettate, nel presupposto che la norma censurata abbia invece operato una semplice ed occasionale ricezione materiale delle disposizioni dell'accordo, e non risulti collegata con queste ultime dal nesso funzionale sopra descritto. Ciò posto, delle censure che residuano all'esame della Corte conviene considerare per prima quella concernente la violazione dell'art. 72, quarto comma, Cost.. Si tratta, precisamente, di verificare se l'ordine di esecuzione del trattato sia stato adottato dal legislatore nel rispetto delle prescritte modalità procedurali. Soltanto dopo che tale quesito fosse risolto in senso affermativo, potrebbe esser preso in considerazione l'ulteriore problema posto nell'ordinanza di rinvio: il quale ha riguardo al vizio di incostituzionalità che si assume inficiare la norma di legge contenente l'ordine di esecuzione, per la dedotta inosservanza delle altre prescrizioni costituzionali, concernenti la previa autorizzazione alla ratifica.

6. - Giova al corretto esame della specie ricordare che la legge di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali é riservata al plenum dell'assemblea (cfr. artt. 72, quarto comma, Cost., 92 regolamento della Camera, 35 regolamento del Senato); la ratifica deve, d'altra parte, essere autorizzata con legge quando - a parte le altre ipotesi contemplate nel testo fondamentale - le disposizioni pattizie comportano modifiche del vigente ordinamento legislativo. Ora, il giudice a quo ravvisa nella denunciata previsione del penultimo comma dell'art. 20, adottata in sede di commissione deliberante, un'"implicita" autorizzazione alla ratifica dell'accordo in considerazione. Di qui, appunto, egli fa discendere la violazione della regola costituzionale che prescrive il ricorso alla procedura normale.

La questione é fondata. Per raggiungere tale conclusione non occorre, però, costruire la specie come si vorrebbe nell'ordinanza di rinvio. Il penultimo comma dell'art. 20 della legge del 1975 non contiene, neppure implicitamente, alcuna autorizzazione alla ratifica dell'accordo italo-francese di reciprocità, né lo potrebbe. Ciò per il decisivo rilievo che la legge é intervenuta successivamente all'entrata in vigore dell'accordo non sottoposto a ratifica, mentre l'autorizzazione, qual é configurata nella Carta fondamentale, emana dal Parlamento necessariamente prima che il trattato sia ratificato. La Costituzione vuole che le Camere valutino in anticipo il testo del trattato, al fine di rimuovere, in quanto organi autorizzanti, il limite che, secondo le previsioni degli artt. 80 e 87, circonda l'esercizio del potere di ratifica; ma la ratifica, nel caso in esame, non é stata nemmeno prevista, avendo le parti contraenti convenuto che l'accordo entrasse in vigore alla data della firma.

Sta di fatto dunque, che la manifestazione di volontà dell'organo legislativo, in cui si concreta la norma oggetto di censura, serve a rendere efficaci disposizioni pattizie, rispetto alle quali le Camere non si erano ancora pronunziate. Vi é, poi, un profilo della specie, che va chiarito ed é di essenziale importanza ai fini del decidere: lo stesso legislatore del 1975 mostra di ritenere che l'accordo internazionale, al quale fa riferimento la statuizione censurata, avrebbe - precisamente in ragione del suo contenuto precettivo, quale rileva nell'attuale controversia - richiesto l'intervento delle Camere, in sede sia di autorizzazione alla ratifica, sia di ordine di esecuzione. Basta al riguardo riflettere su quel che, rispettivamente, dispongono il penultimo e l'ultimo comma dell'art. 20: l'uno dà piena ed integrale esecuzione alle norme dell'accordo di reciprocità e alle successive modificazioni, fin dalla data, come si é avvertito, della relativa entrata in vigore; l'altro così testualmente statuisce: "la ratifica di ogni ulteriore accordo di reciprocità in materia di coproduzione con imprese estere, che preveda la deroga di cui al secondo comma dell'art. 19 della legge 4 novembre 1965, n. 1213, deve essere autorizzata con legge".

Vero é che la testé richiamata disposizione dell'art. 19 rinvia agli accordi internazionali di reciprocità per l'eventuale previsione di deroghe eccezionali alla quota di partecipazione artistica e tecnica, oltre che finanziaria, del coproduttore italiano (l'art. 19 detta, al tempo stesso, norme e criteri generali per il regime di coproduzione). Ma questo non significa ancora che tali accordi siano stati esonerati dal rispetto della disciplina procedurale prescritta, secondo Costituzione, per la categoria dei trattati, i quali incidono sulla sfera riservata alla legge. Ché anzi, la norma censurata, e l'altra che figura all'ultimo comma dell'art. 20 della legge del 1975, sono state poste successivamente, proprio per stabilire che le deroghe eccezionali, già previste o da introdurre nei suddetti accordi internazionali, ricadono pur sempre in un'area occupata dalla legge, e così non possono essere lasciate alla discrezionale valutazione degli organi amministrativi, ma esigono, per acquistare efficacia nell'ambito dello Stato, il ricorso ad un atto del potere legislativo: fermo restando, in conseguenza, che l'accordo in cui tali deroghe siano per il futuro prevedute, va soggetto a ratifica previa autorizzazione delle Camere - evidentemente in quanto esso implica una sostanziale modificazione della legislazione ora vigente - e va per la stessa considerazione reso efficace con norme, che della legge abbiano la forma o la forza.

Così si configura il caso in esame: non soltanto nel sistema della normativa del 1965 sulla cinematografia difettano, come rileva lo stesso giudice a quo, gli estremi della delega; manca pure qualsiasi altro supporto per ritenere che le deroghe eccezionali al regime della coproduzione, di cui si occupa il TAR, siano rimesse alla fonte sublegislativa. Non vi é dubbio, allora, che sia stata correttamente denunciata l'inosservanza della procedura normale. Anche se testualmente prevista solo per la legge di autorizzazione alla ratifica dei trattati, la garanzia connessa con la competenza dell'assemblea plenaria discende dal sistema delle norme costituzionali, che definiscono le attribuzioni delle Camere riguardo ai trattati internazionali (artt. 80 e 87 Cost.): essa non può non valere anche per l'ordine di esecuzione, dove, come qui accade, questo sia emanato dal legislatore, per un verso in mancanza di previa autorizzazione alla ratifica, per l'altro in presenza di una disciplina pattizia, la quale verte su materia che lo stesso organo legislativo ha espressamente attratto nella propria sfera. Ciò esime la Corte dall'esaminare ogni altro profilo delle questioni prospettate.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale del citato art. 20, penultimo comma, conseguente alla violazione dell'art. 72, quarto comma, Cost., va dichiarata, peraltro, limitatamente alle norme che nell'accordo italo-francese concernono la partecipazione del coproduttore minoritario: invero, é solo per quest'aspetto del regime dettato dall'accordo, che la Corte é chiamata a stabilire se il relativo ordine di esecuzione andava emesso con legge ed in conformità della procedura prescritta per autorizzare la ratifica dei trattati internazionali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo unico, lett. b), del d.P.R. 28 aprile 1968, n. 1339, sollevata dal TAR del Lazio con l'ordinanza in epigrafe;

2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 20, penultimo comma, della legge 21 giugno 1975, n. 287, nella parte in cui dà piena e integrale esecuzione alla previsione delle deroghe eccezionali di cui all'art. 5, paragrafo IV, dell'accordo di coproduzione cinematografica italo-francese del 1 agosto 1966, e "alle successive modificazioni".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1984.

 

Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO

 

Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1984.