Sentenza n.294 del 1984

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SENTENZA N. 294

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Albero MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

          Prof. Giuseppe BORZELLINO,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 41, 48 e 367 del codice di procedura civile promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 26 maggio 1978 dal Pretore di Palermo nel procedimento civile vertente tra Giambrone Francesca ed altri e Università degli Studi di Palermo, iscritta al n. 437 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 341 del 1978;

2) ordinanza emessa il 22 dicembre 1978 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Evangelista Silvio ed altri e Università degli Studi di Roma, iscritta al n. 427 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 203 del 1979.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 16 ottobre 1984 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

udito l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Giambrone Francesca ed altri 334, deducendo l'esistenza di un rapporto di pubblico impiego con l'Università di Palermo - a vantaggio della quale assumevano di avere prestato attività lavorativa: alcuni sulla base di un contratto di lavoro a tempo determinato e altri in corrispettivo della fruizione di un assegno di studio ad essi erogato - chiesero al Pretore di Palermo l'emanazione di un provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., recante condanna dell'Università al pagamento a loro favore dell'aggiunta di famiglia e dell'indennità integrativa speciale, con decorrenza dalla data del chiesto provvedimento fino a quella in cui sarebbe stato definito un giudizio che essi si proponevano di instaurare davanti al giudice amministrativo.

Avendo l'università di Palermo e il Ministero della P. I. proposto regolamento preventivo di giurisdizione, il Pretore, con ordinanza del 26 maggio 1978 (reg. ord. n. 437 del 1978), ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24 Cost., degli artt. 41, 48, 367 c.p.c., nella parte in cui, mentre impongono, in relazione alla proposizione del regolamento, la sospensione del giudizio, (anche soltanto cautelare e/o urgente), non consentono, in relazione all'imposta sospensione, l'emanazione da parte del giudice adito di misure cautelari urgenti a contenuto anticipatorio (ma solo di misure a contenuto conservativo).

Sottolineate: l'imprescindibilità della tutela cautelare al fine di scongiurare la irreparabilità del pregiudizio che può derivare ai diritti fatti valere dal ritardo frapposto al loro soddisfacimento, pregiudizio non sempre rimediabile mediante la tutela giudiziaria in via ordinaria: la inadeguatezza della stessa tutela cautelare mediante atti meramente conservativi e la correlativa previsione nella normativa vigente, oltre che di una tutela urgente anticipatoria atipica, di misure urgenti anticipatorie tipiche; il giudice a quo ritiene essere essenziale, per la completa realizzazione del diritto di tutela giurisdizionale riconosciuto dall'art. 24 Cost., che in qualsiasi momento un giudice sia sempre investito del potere di emettere, in via urgente, i provvedimenti cautelari necessari ad assicurare gli effetti della decisione di merito, ivi compresi quelli anticipatori di tali effetti.

Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.

Per quanto concerne l'eccepita inammissibilità l'interventore ha dedotto che il Pretore non può emettere provvedimenti ex art. 700 c.p.c. per la tutela cautelare di diritti di credito (in quanto la invocata tutela sarebbe sperimentabile solo con riferimento a diritti assoluti) né può costituire "il diritto o la situazione giuridica della cui costituzione si tratta nel giudizio finale". Ha osservato, inoltre, che - potendo il giudice di merito, dopo la proposizione del regolamento preventivo, emanare soltanto atti urgenti che non siano connessi alla pronuncia sulla giurisdizione, ormai devoluta alla Corte di Cassazione, correlativamente il detto giudice può sollevare questioni di costituzionalità soltanto rispetto alle norme applicabili ai fini dell'emanazione di tali atti, e non anche questioni che, come quella sollevata, investono lo stesso potere (meglio: la misura dello stesso potere) del giudice adito di emanare atti urgenti in pendenza del regolamento di giurisdizione, e quindi la sussistenza e/o la misura della giurisdizione del detto giudice, sulle quali ogni decisione é ormai devoluta, per effetto della proposizione del regolamento, alla Corte di Cassazione.

Nel merito, l'interventore ha osservato - richiamandosi a sentenze di questa Corte (n. 284 del 1974 e n. 73 del 1973) - che il diritto alla tutela giurisdizionale, garantito dall'art. 24 Cost., può ritenersi violato non già da ogni limitazione della potestas cautelare, bensì soltanto da una disciplina differenziata che non abbia alcuna razionale giustificazione: giustificazione rinvenibile, invece, quanto al regolamento di giurisdizione, in esigenze di economia processuale che inducono il legislatore, nella sua discrezionalità in ordine alla scelta dei modi di tutela giurisdizionale, a soddisfare in linea preferenziale l'esigenza di immediata e definitiva pronuncia sulla giurisdizione.

Con "ricorso ex artt. 414 e 700 c.p.c." Silvio Evangelista ed altri quattordici si rivolsero al Pretore di Roma, Magistratura del lavoro, e, qualificandosi "precari" dell'Università degli Studi di Roma (cioé "contrattisti", "assegnisti", "borsisti" ed "esercitatori" secondo le leggi vigenti in materia) ed allegando, nel contempo, la esistenza di un ulteriore rapporto di impiego di fatto, instaurato con l'università successivamente alla data di conseguimento della laurea - rapporto assimilabile nel contenuto (prestazioni lavorative) al rapporto degli assistenti incaricati - asserirono di aver in tal modo svolto attività ulteriori e diverse da quelle previste dalle leggi di cui sopra.

Sostennero di aver diritto ad essere remunerati anche per tali diverse prestazioni nella misura sancita per gli assistenti e chiesero fra l'altro: 1) che fossero dichiarati nulli e improduttivi di effetti tutti gli atti implicanti rinuncia o transazione; 2) che fosse condannata l'università convenuta - previo accertamente, ove necessario, del rapporto di lavoro esistente tra le parti - a pagare ad essi istanti la somma che sarebbe risultata dovuta siccome corrispondente alla retribuzione sufficiente, per arretrati fino ad oggi, e, per il periodo successivo, la retribuzione corrisposta agli assistenti incaricati al primo parametro, con l'indennità di contingenza, gli assegni familiari e tutte le altre indennità di legge, ovvero quell'altra somma che sarebbe stata ritenuta equa anche previo accertamento del quantum a mezzo di consulenza tecnica di ufficio.

Chiedevano ancora, adducendo il danno grave ed irreparabile derivante ad essi ricorrenti (privi di retribuzione, di assistenza malattia, di assegni familiari ecc.) dalla descritta situazione, l'emanazione dei "provvedimenti di urgenza ritenuti più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito, ordinando al convenuto il pagamento di quanto richiesto in conclusioni di parte di esso".

Nel giudizio intervennero Francesco Moschini ed altri 36 formulando, sulla base di analoghe premesse, analoghe richieste.

Per l'università, si costituì l'Avvocatura Generale dello Stato, precisando di avere proposto regolamento preventivo di giurisdizione diretto a ottenere dichiarazione di difetto assoluto di giurisdizione, o quanto meno di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, tanto in relazione alla domanda ex art. 700 c.p.c., quanto in relazione alle domande di merito. L'Avvocatura dello Stato chiese, quindi, disporsi la sospensione del processo a norma dell'art. 367 c.p..

Quindi il Pretore, con ordinanza del 22 dicembre 1978 (reg. ord. n. 427 del 1979), ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24 Cost., dell'art. 367 c.p.c., nella parte in cui non prevede la possibilità per il giudice di merito adito di pronunziare provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. durante la sospensione del processo.

Il giudice a quo ha rilevato, in aggiunta alle argomentazioni svolte dal Pretore di Palermo nella ordinanza 26 maggio 1978 (espressamente richiamata), come l'esigenza costituzionale di una tutela piena ed effettiva dei diritti sia soddisfatta solo attraverso un sistema che assicuri, oltre alla tutela giurisdizionale per via ordinaria, anche una permanente e costante - e quindi non sospensibile - tutela cautelare sia conservativa che innovativa, al fine di evitare che diritti di natura non esclusivamente patrimoniale - come, nella fattispecie considerata, il diritto a una "esistenza libera e dignitosa" (art. 36 Cost., anche in relazione all'art. 2 della Carta) - possano subire pregiudizi irreparabili.

Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha chiesto che la questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata, sulla base di considerazioni analoghe a quelle svolte nell'atto di intervento nel giudizio promosso dal Pretore di Palermo.

Nell'udienza l'interventore ha eccepito altresì relativamente a entrambi i giudizi, l'inammissibilità, per irrilevanza sopravvenuta, derivante a suo parere da ciò, che, medio tempore, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno dichiarato, nel giudizio relativo alla controversia davanti al Pretore di Roma, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e, nel giudizio relativo alla controversia instaurata davanti al Pretore di Palermo, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario relativamente ad alcune domande e il difetto assoluto di giurisdizione relativamente alle altre.

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza del Pretore di Palermo del 26 maggio 1978 formula il sospetto di illegittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 24 Cost., degli artt. 41, 48 e 367 c.p.c., mentre l'ordinanza del Pretore di Roma del 22 dicembre 1978 formula analogo sospetto nei confronti del solo art. 367, comma primo c.p.c..

Le questioni così poste, con motivazioni in massima parte coincidenti, sono peraltro sostanzialmente identiche. Entrambe le ordinanze. infatti, denunciano l'effetto paralizzante della sospensione del procedimento imposta dall'art. 367 c.p.c. in caso di intervenuta proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione, rispetto al potere del giudice adito, anche ante causam con la sola richiesta di provvedimenti d'urgenza ai sensi dell'art. 700 c.p.c., di emettere provvedimenti a contenuto anticipatorio della futura decisione di merito, assumendo che tale effetto si risolve in una privazione o in una menomazione grave della tutela giurisdizionale del cittadino, particolarmente nei confronti della p.a..

I due procedimenti possono pertanto essere riuniti e le questioni esaminate congiuntamente e decise con unica sentenza.

2. - Le eccezioni di inammissibilità sollevate dall'intervenuta Presidenza del Consiglio (nell'ordine logico: preclusione per il giudice a quo di qualsiasi questione di legittimità costituzionale una volta proposto il regolamento preventivo di giurisdizione; inesperibilità della tutela urgente ex art. 700 in relazione ai diritti di credito; sopravvenuta decisione della Corte regolatrice nel senso del difetto di giurisdizione del giudice adito e anzi, per alcune domande oggetto della controversia davanti al Pretore di Palermo, nel senso del difetto assoluto di giurisdizione) - a parte ogni dubbio sulla loro fondatezza in relazione rispettivamente: all'oggetto del giudizio (legittimità della privazione per il giudice a quo di un potere di emettere provvedimenti d'urgenza anticipatori non devoluto medio tempore ad altro giudice); al contenuto dell'eccezione (infondatezza della richiesta cautelare); al carattere del dedotto ostacolo preclusivo (irrilevanza successiva) - rimangono comunque assorbite da una diversa e preliminare ragione di inammissibilità delle questioni.

3. - Occorre partire da alcune affermazioni della giurisprudenza della Cassazione, che, per essere costanti, sono da considerare diritto vivente. Si tratta in particolare di quelle concernenti:

a) la proponibilità del regolamento preventivo di giurisdizione anche in relazione a un procedimento d'urgenza promosso ex art. 700 c.p.c. ante causam, cioé prima dell'inizio della causa di merito, e in tal caso sia anteriormente che successivamente all'emanazione del relativo provvedimento;

b) l'applicabilità al procedimento d'urgenza suindicato, qualora sia intervenuta proposizione del regolamento preventivo, della sospensione necessaria prevista dall'art. 367 c.p.c., con la connessa inibizione per il giudice di ogni potere, salvo quello di compiere atti urgenti ai sensi dell'art. 48 c.p.c.: disposizione quest'ultima a sua volta ritenuta applicabile, ma interpretata nel senso di autorizzare la sola adozione di provvedimenti conservativi (della situazione di fatto esistente) e non già quella di provvedimenti anticipatori degli effetti della futura decisione di merito.

A tali proposizioni va aggiunta l'altra, sufficientemente consolidata in dottrina e in giurisprudenza, concernente la caducabilità dei provvedimenti d'urgenza, se emessi prima della proposizione del regolamento di giurisdizione, sol per effetto di accertamento negativo, da parte della Cassazione, della giurisdizione del giudice dell'urgenza ovvero di revoca con sentenza da parte del giudice di merito, adito entro il termine dato.

Muovendo dalle affermazioni di cui sub a) e sub b), questa Corte, con sentenza n. 73 del 1973, ha esaminato nel merito una questione avente per oggetto la stessa normativa ora impugnata, in riferimento peraltro al diverso parametro costituito dall'art. 113 Cost.. E l'ha ritenuta infondata: a) per quanto concerne la subordinazione dell'esigenza di una sollecita tutela di merito e anche di una tutela cautelare urgente, alla esigenza di una immediata verifica della giurisdizione, in base alla considerazione della discrezionalità da riconoscere al legislatore nella modulazione della tutela giurisdizionale del cittadino nei confronti della p.a.; b) per quanto riguarda la privazione medio tempore della tutela d'urgenza (almeno di quella a contenuto anticipatorio in relazione a qualsivoglia situazione giuridica), in base alla considerazione, oltreché della discrezionalità anzicennata, della circostanza che comunque la tutela giurisdizionale é affidata, dopo la proposizione del regolamento, alla Cassazione, che la fornisce "nei limiti e nei modi consentiti dall'oggetto e dalla sede del processo".

4. - É stato sostanzialmente ritenuto da questa Corte con la detta sentenza n. 73 del 1973 che la priorità, stabilita con la normativa impugnata, dell'esigenza dell'accertamento irretrattabile della giurisdizione del giudice adito, anche ante causam, con la richiesta di provvedimenti urgenti anticipatori, rispetto all'esigenza della pronta decisione sui provvedimenti stessi, é frutto di una scelta non arbitraria e pertanto in sé costituzionalmente non illegittima.

L'affermazione può essere condivisa, sul rilievo che la soluzione normativa realizza un ragionevole equilibrio fra le due esigenze, in riferimento all'ipotesi di durata del giudizio sulla giurisdizione non eccedente i limiti di una tollerabile attesa dei detti provvedimenti. Tuttavia, in riferimento all'ipotesi contraria, non può negarsi il pericolo che all'equilibrio suindicato si sostituisca un netto squilibrio in danno dell'esigenza di tutela urgente. Squilibrio tanto più grave in relazione all'eventualità di richiesta di tutela urgente a contenuto anticipatorio a favore di diritti fondamentali della persona, eventualità rispetto alla quale, tenuto conto della rilevanza che per tali diritti assume lo specifico tipo di tutela urgente ora indicato, lo squilibrio potrebbe risultare in contrasto con l'art. 24 Cost., in quanto denegazione del giudice della urgenza, (tale non é secondo l'ordinamento in vigore la Corte di Cassazione) e quindi in quanto sostanziale privazione di una effettiva tutela giurisdizionale (privazione non importa se temporanea, giacché l'essenza della tutela urgente sta nella sua temporale attualità).

D'altro canto la Corte, mentre non può ignorare che il pericolo si ricollega a un abuso dell'istituto del regolamento preventivo, diretto a fini dilatori, neppure può ignorare che tale abuso si connette, in rapporto di reciproca induzione, ad abusi dell'istituto di cui all'art. 700 c.p.c., volto, anche se spesso a causa di supposte inadeguatezze della tutela d'urgenza davanti al giudice amministrativo, a fini di elusione della normativa sul riparto di giurisdizione o addirittura piegato a fini di ottenimento, sotto forma di provvedimenti di urgenza anticipatori, di risoluzioni sostanzialmente definitive e irreversibili del conflitto di interessi dedotto.

Se così é, la denunciata crisi di equilibrio - della quale si sono dati carico numerosi disegni di legge proponendo di volta in volta il rimedio più drastico della conversione del regolamento preventivo in mezzo d'impugnazione e il rimedio meno drastico della soppressione dell'effetto necessariamente sospensivo della proposizione del regolamento sul giudizio relativo al merito e/o all'urgenza - non potrebbe essere superata con l'auspicata eliminazione di tale effetto mediante sentenza di questa Corte dichiarativa dell'illegittimità costituzionale di esso. Soluzione, codesta, che, inevitabilmente sguarnita di correttivi (inadottabili dalla Corte per la discrezionalità delle scelte che l'adozione importerebbe) rischierebbe di determinare uno squilibrio di segno opposto.

La crisi di equilibrio anzidetta può essere superata soltanto da un intervento del legislatore, che istituisca un equilibrio nuovo. Equilibrio suscettivo di essere stabilito - mediante un'articolata disciplina, la quale, oltre a operare una scelta fra le due soluzioni proposte de jure condendo, concerna, in relazione agli abusi descritti, la durata e il regime dei provvedimenti d'urgenza a contenuto anticipatorio. Sempre che il legislatore non intenda adottare soluzioni diverse: in ogni caso secondo una visuale coordinata o in funzione di un assetto complessivo dell'intera materia.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24 Cost., degli artt. 41, 48, 367 c.p.c., sollevata dal Pretore di Palermo con ordinanza del 26 maggio 1978;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24 Cost., dell'art. 367, comma primo, c.p.c., sollevata dal Pretore di Roma con ordinanza del 22 dicembre 1978.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1984.

 

Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO

 

Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1984.