Sentenza n 240 del 1984

 

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SENTENZA N. 240

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 42, punto 3, e 58, all. A, al r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 ("Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione") promosso con ordinanza emessa il 14 maggio 1979 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da S.p.A. Ferrovie del Sud-Est c/ Leuzzi Emilio iscritta al n. 846 del registro ordinanze 1979 e, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 846 dell'anno 1979.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 13 marzo 1984 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

udito l'avvocato dello Stato Emilio Sernicola per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

La Corte di cassazione - in sede di regolamento di giurisdizione, in un giudizio promosso da un dipendente delle ferrovie del sud-est avverso un provvedimento irrogativo di una sanzione disciplinare - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 42, punto 3, e dell'art. 58, All. A, del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, in quanto escluderebbero l'impugnabilità di taluni provvedimenti disciplinari a carico degli autoferrotranvieri, tanto dinanzi al giudice ordinario, quanto dinanzi al giudice amministrativo, ovvero - a differenza che per altri provvedimenti disciplinari - ne prevederebbero l'impugnativa dinanzi al giudice ordinario anziché al giudice amministrativo.

Nell'ordinanza si rileva che la sanzione disciplinare in questione viene inflitta dal direttore (art. 52) e avverso il relativo provvedimento é ammesso ricorso al consiglio di amministrazione dell'azienda (art. 58, terzo comma, prima parte), e si deve intendere esclusa ogni ulteriore impugnativa, sia al consiglio di disciplina sia al giudice amministrativo. Infatti l'art. 58 dell'All. A dianzi citato prevede il ricorso al consiglio di disciplina (e poi al Consiglio di Stato), solo avverso i provvedimenti di cui ai punti 5 e da 13 a 20 dell'art. 42, con esclusione delle altre fattispecie ivi descritte.

Nell'ordinanza si osserva che la Corte di cassazione, con sentenza 13 maggio 1968, n. 1475, statuì che a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 113 della Costituzione, doveva ritenersi implicitamente abrogata la limitazione posta dall'art. 58, comma terzo, cosicché non si poteva più distinguere tra i provvedimenti disciplinari minori e maggiori. Ritenne, pertanto, sempre possibile il ricorso prima al consiglio di disciplina e poi al Consiglio di Stato, per tutti i provvedimenti disciplinari. Tale orientamento, peraltro, secondo l'ordinanza di rimessione, andrebbe riconsiderato, essendo ragionevole dubitare della applicabilità diretta dell'art. 113 Cost. "sia perché si presuppone l'illegittimità costituzionale della norma che non ammette il ricorso al giudice amministrativo, sia, ancor più, perché si estende la tutela dello stesso art. 113 Cost. ad atti di organi dell'azienda (direttore o consiglio di amministrazione) che certamente non sono amministrativi".

Ne deriverebbe che, allo stato della normativa, avverso i provvedimenti disciplinari, quale quello oggetto di causa, così come avverso gli altri elencati nell'art. 41 e nell'art. 42 nei punti da 1 a 4 e da 6 a 12 "non essendo ammesso ricorso al consiglio di disciplina, non é conseguentemente ammesso ricorso al giudice amministrativo".

D'altro canto - si osserva - deve del pari escludersi l'impugnazione dei provvedimenti in questione dinanzi al giudice ordinario. Infatti il complesso normativo disciplinare-sanzionatorio in esame, costituisce un sistema minuziosamente regolato sotto il profilo procedimentale, ed essendo prevista, specificamente la ricorribilità (al Consiglio di Stato) dei soli provvedimenti del consiglio di disciplina, sarebbe evidente che si é voluto escludere ogni tutela esterna per tutti gli altri provvedimenti aziendali.

Né - afferma il giudice a quo - può farsi ricorso all'art. 10 del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, perché ciò significherebbe aggirare la specifica normativa disciplinare e forzare la portata di detto articolo, il quale prevede particolari condizioni di proponibilità dell'azione giudiziaria, del tutto diverse dalle regole del contenzioso disciplinare, evidenziando, con ciò, che questa materia non fu considerata ai fini di detto art. 10. Neppure, poi, può ritenersi che la normativa in questione sia stata abrogata dall'art. 40 della legge 20 maggio 1970, n. 300, essendovi sul punto una giurisprudenza ormai consolidata in senso contrario.

Pertanto, non sussistendo né la giurisdizione del giudice ordinario né quella del giudice amministrativo, gli artt. 42, punto 3, e 58, all. A al r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, contrasterebbero con l'art. 24 Cost., non essendo assicurata la tutela giurisdizionale in relazione all'irrogazione delle dette sanzioni, nonché con l'art. 3 Cost. per la disparità di trattamento esistente tra posizioni tutelate con il ricorso al giudice amministrativo e posizioni del tutto prive di tutela. Qualora poi si ritenesse che le posizioni soggettive in esame siano tutelabili dinanzi al giudice ordinario si avrebbe altra irragionevolezza del sistema che, senza alcuna giustificazione logica e funzionale, assegnerebbe distinti settori della medesima materia a giurisdizioni diverse nonché ingiustificata disparità di trattamento tra le varie categorie di provvedimenti.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Si osserva che la normativa del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 prevede per le infrazioni disciplinari punibili con le sanzioni più gravi un articolato procedimento che consente all'interessato, ove non accetti l'"opinamento "degli organi aziendali (art. 53), di essere giudicato da un organo amministrativo, estraneo all'azienda (il consiglio di disciplina) e di impugnare le deliberazioni di detto organo dinanzi al giudice amministrativo. Le medesime possibilità di ricorso al consiglio di disciplina e, in sede giurisdizionale, al giudice amministrativo, sussistono per le infrazioni contemplate nei paragrafi 5 e da 13 a 20 dell'art. 42 punibili con la sospensione. Per le altre infrazioni, punibili con sanzioni meno gravi, irrogabili da organi aziendali é prevista solo la possibilità di ricorso ad altre autorità aziendali (consiglio di amministrazione o direttore); nulla é detto in ordine alla tutela in sede giurisdizionale.

In seguito all'entrata in vigore dell'art. 113 Cost. la Corte di cassazione ritenne estesa a tutte le sanzioni la possibilità di ricorso al consiglio di disciplina e, quindi, al giudice amministrativo (Cass, 13 maggio 1968, n. 1475), mentre ritenne escluso che la materia potesse ritenersi attratta alla giurisdizione ordinaria per effetto della legge 20 maggio 1970, n. 300.

Tale giurisprudenza viene ora rimessa in discussione dalla stessa Corte di cassazione, ma al riguardo si rileva che l'art. 58, nel secondo comma, si preoccupa di stabilire la tutela accordata nei confronti dei provvedimenti disciplinari del consiglio di disciplina, in considerazione appunto, della peculiarità di tale organo. Nulla é invece detto in ordine alla tutela giurisdizionale accordata nei confronti di provvedimenti disciplinari definiti in sede aziendale. Il silenzio dell'art. 58 in ordine a questo problema non é di per sé preclusivo della tutela giurisdizionale, anzi, in un sistema che generalizza la tutela giurisdizionale (artt. 24 e 113 Cost.), l'interprete é tenuto a colmare questa mancanza di espressa indicazione del giudice col ricorso ai principi. Pertanto, ove si ritenga che la funzione disciplinare, anche laddove non sia stata sottratta al concessionario, costituisca esercizio di potestà amministrativa, in presenza dell'art. 113 Cost., non resta che ammettere la giurisdizione generale di legittimità del Consiglio di Stato. Altrimenti, per la materia disciplinare non sottratta al privato concessionario, deve ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell'art. 10 del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 come modificato dalla legge 24 luglio 1957, n. 663, che attribuisce al giudice ordinario le controversie individuali relative ai rapporti soggetti alle norme dello stesso r.d. n. 148/1931. D'altro canto, l'evenienza che il contenzioso disciplinare risulti in tale ultima ipotesi ripartito tra giudice amministrativo e giudice ordinario non darebbe luogo ad arbitrarie disparità di trattamento, essendo l'attribuzione al giudice amministrativo giustificata dalla specialità delle infrazioni e dall'organo pubblico preposto alla definizione del procedimento disciplinare.

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza di rimessione parte dal presupposto che per le sanzioni disciplinari a carico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di viaggio interne in regime di concessione per le quali non sia preveduto l'intervento del consiglio di disciplina - art. 42, punti 1-4 e 6-12, in relazione all'art. 58, All. A, al r.d. n. 148 del 1931 - il r.d. stesso escluderebbe la possibilità di ricorrere tanto al giudice ordinario quanto al giudice amministrativo (al quale ultimo sono sottoposti soltanto i ricorsi contro le sanzioni disciplinari per i quali la stessa legge impone l'intervento del consiglio di disciplina), con violazione degli artt. 3 e 24 Cost..

Aggiunge ancora la ordinanza di rimessione che ove si dovesse ritenere ammissibile il ricorso alla autorità giudiziaria ordinaria, si avrebbe sotto altro aspetto violazione dello stesso art. 3, primo comma, per irragionevolezza (in quanto distinti settori in materia sarebbero affidati a giudici diversi) e per disparità di trattamento fra varie categorie di provvedimenti (accordando una tutela presumibilmente più satisfatoria rispetto a provvedimenti considerati dal legislatore meno rilevanti).

La questione non é fondata.

2. - In realtà non sussiste il presupposto sul quale poggia tutto il ragionamento della ordinanza in epigrafe.

Se, infatti, é vero che l'art. 58, secondo comma, dell'All. A al r.d. n. 148 del 1931 ammette il ricorso al Consiglio di Stato in sede di giurisdizione generale di legittimità contro le pronunce del consiglio di disciplina e non fa menzione alcuna della impugnabilità delle sanzioni disciplinari per le quali non é preveduto l'intervento del consiglio di disciplina, non é meno vero che la giurisprudenza costante della Corte di cassazione, sia anteriore sia successiva alla ordinanza in epigrafe, ha interpretato queste norme nel senso che il ricorso giurisdizionale amministrativo é consentito avverso tutte indistintamente le sanzioni disciplinari inflitte al personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione, quale che sia l'organo che le ha irrogate.

É appena il caso di osservare che per effetto di siffatta interpretazione trova piena applicazione il principio sancito negli artt. 24, primo comma, e 113 Cost. dai quali discende in modo evidente che la tutela giurisdizionale deve essere sempre consentita ai cittadini a salvaguardia delle loro posizioni giuridiche, siano esse di diritto soggettivo siano invece di interesse legittimo.

Ne consegue che, non esistendo eccezioni alla tutela giurisdizionale nella materia disciplinare, non può ravvisarsi alcuna violazione né dell'art. 3, primo comma, né del già citato art. 24, primo comma, contrariamente a quanto afferma la ordinanza in epigrafe.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 42, punto 3, e dell'art. 58, all. A, al r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 ("Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione"), sollevata con l'ordinanza in epigrafe dalla Corte di cassazione, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1984.

 

Leopoldo ELIA -- Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 30 luglio 1984.