Sentenza n.189 del 1984

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SENTENZA N. 189

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Albero MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 265 del r.d. 3 marzo 1934 n. 383 (T. U. della legge comunale e provinciale) e dell'art. 253 del d.l.P.Reg. sic. 29 ottobre 1955 n. 6 (Ordinamento amministrativo degli enti locali della regione siciliana) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 18 novembre 1977 dalla Corte dei conti nel giudizio di responsabilità a carico di De Marchis Tullio ed altro iscritta al n. 111 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 121 dell'anno 1978;

2) ordinanza emessa il 18 novembre 1978 dalla Corte dei conti nel giudizio di responsabilità promosso dal Procuratore generale contro Riggio Antonino ed altri iscritta al n. 242 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 140 dell'anno 1979.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1983 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

udito l'Avvocato dello Stato Renato Carafa per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - In un giudizio civile l'ANAS ed il Comune di Rocca di Papa furono condannati al risarcimento danni in favore di un privato, causa la "rottura di un manufatto della S.S. n. 128 in Comune di Rocca di Papa". Avendo ANAS e Comune provveduto al risarcimento in parti uguali, il Procuratore generale presso la Corte dei conti trasse in giudizio due funzionari dell'ANAS, perché venissero condannati alla rifusione del danno erariale a carico dell'Azienda.

Nel corso di tale giudizio é stata emessa l'ordinanza 18 novembre 1977, con la quale la Corte dei conti ha sollevato d'ufficio, in riferimento all'art. 103 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 265 del T. U. 3 marzo 1934, n. 383 "nella parte in cui attribuisce alla competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria e non alla stessa Corte l'azione di responsabilità, nei casi previsti dagli artt. 261, 263 e 264, per quanto si riferisce ai danni".

Nell'ordinanza si osserva che la Corte dei conti può disporre, nei giudizi di responsabilità, l'integrazione del contraddittorio con la chiamata in causa di altri soggetti nei cui confronti ritiene sussistenti profili di responsabilità. Ma ciò, nella specie, non può avvenire, ostandovi l'art. 265, che attribuisce al giudice ordinario la competenza a conoscere dei giudizi di responsabilità nei confronti degli amministratori degli enti locali.

Da ciò la rilevanza della questione di legittimità costituzionale.

Quanto alla non manifesta infondatezza l'ordinanza afferma che l'art. 103 attribuisce in via inderogabile alla Corte dei conti la giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica, nella quale rientra il giudizio di responsabilità amministrativa nei confronti degli amministratori e dipendenti dello Stato e degli altri enti pubblici: pertanto l'art. 265 del R.D. n. 383 del 1934 sarebbe illegittimo, derogando a detta attribuzione di competenza.

E intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, come già ritenuto dalla Corte costituzionale (sentenza n. 102 del 1977).

2. - Con altra ordinanza 18 ottobre 1978, nel corso di un giudizio di responsabilità promosso nei confronti del Segretario generale dell'amministrazione provinciale di Palermo la Corte dei conti ha sollevato d'ufficio, in riferimento agli artt. 108, primo comma, e 103, primo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale sia dell'art. 253 del D.L.P. Reg.sic. 21 ottobre 1955, n. 6 - che attribuisce al giudice ordinario la competenza a conoscere della responsabilità degli amministratori e dipendenti degli enti locali per i danni arrecati a detti enti, così statuendo in materia (la giurisdizione) riservata al legislatore statale sia, come l'altra ordinanza, in riferimento all'art. 103, primo comma, Cost., dell'art. 265 del R.D. 3 marzo 1934, n. 383.

Nell'ordinanza si premette che la responsabilità del Segretario generale, nel caso di specie, é prospettabile solo sotto il profilo del suo inadempimento degli obblighi inerenti al rapporto di servizio con l'amministrazione provinciale, ma tale giudizio é sottratto alla giurisdizione della Corte dei conti dalle norme impugnate: da ciò la rilevanza della questione.

Quanto alla non manifesta infondatezza, questa sarebbe evidente sotto il profilo della violazione dell'art. 108 Cost., quanto alla norma regionale, che non può statuire in materia di giurisdizione, riservata al legislatore statale. Entrambe le norme, poi, violerebbero l'art. 103 Cost. per le ragioni sostanziali addotte nell'ordinanza precedente.

Anche in tale giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che le questioni, in riferimento all'art. 103 Cost., siano dichiarate inammissibili.

Ha chiesto altresì che la questione relativa all'art. 253 del D.L.P.Reg.sic. n. 6 del 1955, sia dichiarata "irrilevante o infondata", posto che la giurisdizione del giudice ordinario, nella materia in questione, é comunque fissata anche dalla normativa statale.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze in epigrafe sollevano questioni fra loro strettamente connesse e pertanto i relativi giudizi vanno riuniti al fine di un'unica pronuncia.

2. - La prima questione che viene sottoposta alla Corte costituzionale consiste nel decidere se l'art. 265 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), il quale attribuisce all'autorità giudiziaria ordinaria i giudizi di responsabilità previsti dal precedenti artt. 261, 263 e 264, violi o meno il disposto dell'art. 103, secondo comma, Cost., in base al quale nelle "materie di contabilità pubblica" la giurisdizione spetta alla Corte dei conti.

La seconda questione riguarda la legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 103 e 108 Cost., dell'art. 253 del d.l.P.Reg.sic 29 ottobre 1955, n. 6 (Ordinamento amministrativo degli enti della Regione siciliana), successivamente trasfuso nella legge reg.sic. 15 marzo 1963, n. 6 (Ordinamento amministrativo degli enti locali della Regione siciliana), il quale, riproducendo la normativa statale, a sua volta attribuisce al giudice ordinario la competenza a conoscere della responsabilità degli amministratori e dipendenti degli enti locali della Regione siciliana per i danni da essi arrecati.

Le questioni sono entrambe inammissibili.

3. - Quanto alla prima questione, essa, in realtà, anche se formalmente proposta sotto il profilo della pretesa violazione dell'art. 103, secondo comma, Cost., solleva un problema che non consiste soltanto nello stabilire se la materia contemplata nell'art. 265, rientri o meno nell'ambito delle "materie di contabilità pubblica".

Questa Corte ha già da tempo ritenuto (da ultimo sent. n. 185 del 1982) che l'art. 103, secondo comma, Cost., nel riservare alla Corte dei conti "le materie di contabilità pubblica" ha assunto di queste, sotto l'aspetto oggettivo, la nozione tradizionalmente accolta nella legislazione e nella giurisprudenza, per cui detta materia risulta comprensiva sia dei giudizi di conto sia di quelli di responsabilità a carico degli impiegati ed agenti dello Stato e degli enti pubblici in genere i quali cagionino danni allo Stato o ad altra amministrazione.

Senonché la legislazione ordinaria, a partire dalla legge 30 dicembre 1888, n. 5865, ha fatto eccezione per quel che riguarda i giudizi di responsabilità amministrativa per i fatti preveduti dagli artt. 261, 263 e 264 del T. U. 3 marzo 1934, n. 383, che l'art. 265 del medesimo testo unico affida alla giurisdizione della autorità giudiziaria ordinaria.

Questa situazione comporta alcune notevoli diversità che non toccano soltanto aspetti meramente procedimentali dei giudizi in parola: infatti, lo stesso art. 265 stabilisce che la azione ivi preveduta si prescrive in cinque anni dal giorno nel quale avvenne il fatto dannoso (mentre l'azione di responsabilità amministrativa dinanzi alla Corte dei conti si prescrive nel termine di dieci anni); dinanzi al giudice ordinario non può trovare applicazione il disposto dell'art. 83, primo comma, del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 (riprodotto nell'art. 52, ultimo comma del T. U. delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214), in virtù del quale la Corte può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto; infine, a norma delle citate disposizioni del T. U. n. 383 del 1934, l'azione di responsabilità può essere promossa soltanto dai competenti organi dell'ente danneggiato (salvo l'intervento sostitutivo della autorità di controllo a norma dell'art. 264 del ripetuto T. U. n. 383), mentre l'azione di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti é promossa dal procuratore generale presso la Corte medesima.

É agevole allora constatare che i giudizi di responsabilità che si svolgono dinanzi alle due predette giurisdizioni si configurano in modo notevolmente diverso e possono comportare effetti diversi nei riguardi tanto dei responsabili quanto dei soggetti danneggiati.

La questione sollevata dalla Corte dei conti con le ordinanze in epigrafe, di conseguenza, attraverso la denuncia delle accennate specifiche disposizioni, pone sostanzialmente in discussione il complesso della disciplina della responsabilità amministrativa degli amministratori e dei dipendenti degli enti territoriali, poiché si tratta di operare una scelta fra il regime proprio del giudizio dinanzi ai tribunali ordinari e quello proprio dei giudizi dinanzi al giudice contabile.

Ma un giudizio di questo genere supera le competenze di questa Corte, rientrando nella discrezionalità del potere legislativo, al quale soltanto può spettare di valutare se e quali siano le soluzioni più idonee alla salvaguardia dei pubblici interessi insiti nella materia de qua.

4. - Conseguentemente va dichiarata inammissibile anche la seconda questione, riguardante l'art. 253 del d.l.P. Reg.sic 29 ottobre 1955, n. 6 ("Ordinamento amministrativo degli enti locali della Regione siciliana") sollevata dalla ordinanza 18 ottobre 1978 della Corte dei conti.

Tale norma, infatti, é meramente riproduttiva di quella statale e pertanto una sua declaratoria d'illegittimità costituzionale sarebbe priva di rilevanza, dato che la norma statale rimane in vigore per effetto della precedente dichiarazione di inammissibilità della relativa questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei conti con le medesime ordinanze.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 265 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383 ("Testo unico della legge comunale e provinciale"), sollevata con le ordinanze in epigrafe in riferimento all'art. 103, secondo comma, della Costituzione;

b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 253 del d.l.P. Reg. sic. 29 ottobre 1955, n. 6 ("Ordinamento amministrativo degli enti locali della Regione siciliana"), sollevata con la ordinanza 18 ottobre 1978 della Corte dei conti, in riferimento agli artt. 103, secondo comma, e 108 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1984.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

 

Depositata in cancelleria l'11 luglio 1984.