Sentenza n.178 del 1984

 

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SENTENZA N. 178

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Albero MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 7, ultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 (Istituzione e disciplina dell'imposta locale sui redditi) promossi con le seguenti ordinanze:

1) cinque ordinanze emesse, rispettivamente, una il 18 e le altre quattro il 13 aprile 1977 dalla Commissione tributaria di primo grado di Palermo sui ricorsi di Federico Giuseppe, Davì Giovanna, De Felici Armando, Di Falco Umberto e Donatuti Luigi, iscritte, rispettivamente, ai nn. 436, 488, 489, 490 e 491 del registro ordinanze 1977 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 320 e 347 dell'anno 1977;

2) dieci ordinanze emesse il 9 marzo 1979 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Nuoro sui ricorsi dell'Ufficio II.DD. di Nuoro contro Carzedda Melchiorre, Carzedda Giuseppe, Pittalis Salvatore, Carzedda Mauro Antonio, Dore Pasquale, Ena Arcangelo, Carru Giovanni, Contu Angelo, Calia Francesco e Carzedda Elia, iscritte ai nn. da 51 a 60 del registro ordinanze 1981 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 98 dell'anno 1981;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 6 dicembre 1983 il Giudice relatore Antonino De Stefano;

Udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota per il Presidente del Consiglio dei Ministri;

Ritenuto in fatto

1. - Con cinque ordinanze (che, emesse le prime quattro il 13 e la quinta il 18 aprile 1977, sono tutte di identico contenuto, tranne i riferimenti di fatto, anch'essi peraltro assai simili) la Commissione tributaria di primo grado di Palermo ha sollevato d'ufficio, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, ultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 (Istituzione e disciplina dell'imposta locale sui redditi), in quanto, disponendo che le deduzioni previste nello stesso art. 7 (al primo e secondo comma), nella misura (tra un minimo e un massimo fissi) del cinquanta per cento del reddito d'impresa e agrario, se il contribuente presti la propria opera nell'impresa con occupazione prevalente, o del reddito da lavoro autonomo, per poter essere applicate devono venir richieste dagli aventi diritto nella dichiarazione annuale, ovvero, quando siano da essa esonerati, con apposita denuncia entro i termini della dichiarazione, sarebbe viziato da eccesso di delega.

Le ordinanze sono state pronunciate nel corso di altrettanti giudizi promossi con ricorsi di contribuenti (Davì Giovanna, De Felici Armando, Di Falco Umberto, Donatuti Luigi e Federico Giuseppe), tutti titolari di piccole imprese cui dedicavano quasi esclusivamente la loro personale attività, i quali si erano doluti che nella liquidazione dell'ILOR per il 1954 la suddetta deduzione dal reddito imponibile, ad essi spettante (nella misura minima, allora di lire 2.500.000, e in più di un caso anche oltre tale cifra, come l'Ufficio non aveva contestato), non era stata applicata in loro favore solo perché, per errore, avevano omesso di farne richiesta nel termine della dichiarazione annuale.

La Commissione osserva che, in base alla legislazione vigente, i ricorsi avrebbero dovuto essere senz'altro respinti; ma che proprio per questo assume decisivo rilievo l'assunto che la norma - nei casi in questione non osservata - "che impone l'onere della richiesta entro precisi termini di legge per ottenere che sia calcolata la deduzione", appare costituzionalmente illegittima. Come sarebbe dimostrato dal fatto che per le deduzioni in questione - le quali, si sottolinea, costituirebbero non tanto un'agevolazione di carattere particolare, quanto un elemento per la determinazione dell'imposta nei confronti di particolari categorie di contribuenti - l'art. 4, n. 5, della legge di delega 9 ottobre 1971, n. 825, che pure le prevede, e di cui l'art. 7 del d.P.R. n. 599 del 1973 riproduce quasi integralmente il contenuto, nulla dice riguardo al contestato onere, in ciò rivelando il chiaro intento del legislatore delegante che nel provvedimento da emanare in virtù della delega, tale onere non fosse previsto. Significativo, in tal senso, sarebbe del resto il confronto con il n. 6 dello stesso art. 4, nel quale, a differenza dal n. 5, per le stesse deduzioni, ivi previste a favore di singoli soci di cooperative, e per la riduzione dell'aliquota d'imposta nello stesso numero accordata alle cooperative, la richiesta del contribuente é espressamente contemplata.

2. - Notificate, comunicate e pubblicate le ordinanze di rinvio, nei primi quattro giudizi é intervenuta, per il Presidente del Consiglio dei ministri, con unico atto di deduzioni depositato il 10 gennaio 1978, l'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata. Secondo l'Avvocatura, la necessità della richiesta del contribuente ai fini della deduzione in parola trova la sua giustificazione nel fatto che questa non é applicabile automaticamente. Essa, infatti, é condizionata a determinate circostanze (particolare natura dei redditi tassabili, opera personale del contribuente nelle attività da cui derivano) che, essendo ovviamente ignote all'ufficio e non costituendo una caratteristica costante dei redditi tassati, devono essere necessariamente dichiarate dagl'interessati. Tanto più se - come ritenuto dalla Commissione - la deduzione di cui si tratta venga a configurarsi non come una agevolazione di carattere soggettivo, ma come un elemento per la oggettiva determinazione dell'imposta nei confronti di particolari categorie di contribuenti.

Che se poi si considera - soggiunge l'Avvocatura - quanto la stessa legge di delega n. 825 del 1971 stabilisce, all'art. 10, punto 1, in relazione all'accertamento delle imposte, riguardo a quella migliore disciplina che avrebbe dovuto adottarsi nella legge delegata, circa i termini di presentazione e il contenuto della dichiarazione tributaria annuale, non potrebbe dubitarsi che l'obbligo della richiesta, in tale denuncia, della deduzione in questione, stabilito dall'art. 7 del d.P.R. n. 599 del 1973, in quanto logicamente presupposto dalla natura e dalle condizioni della deduzione medesima, non soltanto non contravviene, ma costituisce anzi puntuale attuazione dei principi e criteri direttivi della legge di delega. Né in contrario varrebbe sostenere che (altro argomento addotto nelle ordinanze di rinvio) dove il legislatore delegante ha inteso prescrivere l'onere della richiesta lo ha fatto espressamente, come al punto 6 dell'art. 4 della legge di delega. La richiesta prescritta da tale norma, infatti, non riguarda la deduzione stabilita genericamente dalla legge, bensì la scelta tra l'una o l'altra delle diverse deduzioni previste, in via alternativa, dalla norma medesima. Giustificata, com'é, da una esigenza del tutto particolare, essa non può quindi valere per la interpretazione della precedente disposizione del punto 5, per la quale quella giustificazione non sussiste.

3. - La stessa questione di legittimità costituzionale, dell'art. 7, ultimo comma, del d.P.R. n. 599 del 1973, nella parte in cui, in relazione alle deduzioni sull'imponibile ILOR previste dallo stesso articolo al primo e al secondo comma, stabilisce l'onere della richiesta del contribuente all'atto, o comunque nei termini, della dichiarazione annuale, é stata sottoposta al giudizio di questa Corte, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, con altre dieci ordinanze, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Nuoro.

Le ordinanze, di contenuto pressoché identico, sono state emesse, tutte in pari data (9 marzo 1979), nel corso di giudizi promossi con ricorsi dell'Ufficio imposte dirette contro altrettante decisioni della Commissione tributaria di primo grado della stessa città. In tali decisioni, anch'esse pronunciate tutte il 20 marzo 1978, in accoglimento dei ricorsi di vari contribuenti (Carzedda Melchiorre, Carzedda Giuseppe, Pittalis Salvatore, Carzedda Mauro Antonio, Dore Pasquale, Ena Arcangelo, Carru Giovanni per conto di Carzedda Pietrina, Contu Angelo, Calia Francesco e Carzedda Elia) si era infatti riconosciuto doversi calcolare a favore dei ricorrenti, agli effetti dell'ILOR per il 1974, nelle varie misure da essi pretese, le deduzioni loro spettanti ai sensi dell'art. 7, primo e secondo comma, del d.P.R. n. 599 del 1973, pur avendo i contribuenti medesimi omesso a suo tempo di farne richiesta. A giudizio della Commissione di primo grado, infatti, il termine fissato al riguardo dall'art. 7, ultimo comma, non avrebbe dovuto ritenersi imposto a pena di decadenza. Investita della questione, la Commissione di secondo grado escludeva che la suindicata disposizione potesse interpretarsi in tal modo. Ritenendo però, al tempo stesso, dubbia la legittimità costituzionale della norma da essa interpretata nel senso che sancisse l'onere della richiesta nell'indicato termine a pena di decadenza, emetteva le su menzionate ordinanze, disponendo la trasmissione degli atti a questa Corte.

Secondo il giudice a quo, la evidente necessità di accogliere, se tale dubbio non fosse sorto, i ricorsi dell'Ufficio, dimostra la rilevanza della questione. Quanto alla non manifesta infondatezza del prospettato eccesso di delega, la Commissione fa propri i motivi addotti in proposito nelle precedenti ordinanze della Commissione di primo grado di Palermo.

4. - Adempiute le formalità di rito, con unico atto di deduzioni depositato il 28 aprile 1981, é intervenuta innanzi alla Corte, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata priva di fondamento.

Gli argomenti addotti dall'Avvocatura a sostegno della sua richiesta coincidono quasi interamente con quelli già da essa svolti nei giudizi promossi dalla Commissione di primo grado di Palermo.

5. - All'udienza pubblica del 6 dicembre l983, dopo la relazione svolta dal Giudice Antonino De Stefano, l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota ha fatto presente che, successivamente alla emissione delle ordinanze di rinvio, la Corte di cassazione, con giurisprudenza ormai consolidata, cui si é uniformata anche l'Amministrazione delle finanze, ha affermato che i termini previsti per la richiesta de qua agitur, non hanno carattere perentorio; ha chiesto, in conseguenza, che gli atti siano restituiti ai giudici a quibus per nuovo esame della rilevanza, insistendo, in via subordinata, per la dichiarazione di non fondatezza della sollevata questione.

Considerato in diritto

1. - L'art. 7 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, relativo alla istituzione e disciplina dell'imposta locale sui redditi (ILOR), prevede "deduzioni dai redditi agrari, d'impresa e di lavoro autonomo" ai fini dell'applicazione dell'imposta medesima: al primo comma dispone, nei confronti delle persone fisiche, la deduzione - entro determinati limiti - dai redditi medesimi di una quota pari al cinquanta per cento del loro ammontare, ragguagliata ad anno. Il comma secondo precisa che per i redditi agrari e per i redditi d'impresa la deduzione si applica a condizione che il soggetto presti la propria opera nell'impresa, e tale prestazione costituisca la sua occupazione prevalente. Per quanto concerne i redditi di lavoro autonomo, sono assoggettati all'ILOR, per effetto della sentenza di questa Corte n. 42 del 1980, soltanto quelli che siano assimilabili ai redditi d'impresa. L'ultimo comma dello stesso art. 7 stabilisce che le deduzioni di cui ai commi precedenti devono essere richieste dagli aventi diritto nella dichiarazione annuale, ovvero, se sono esonerati dall'obbligo della dichiarazione, con apposita denuncia all'ufficio delle imposte di domicilio fiscale nei termini previsti per la dichiarazione dei redditi.

Le cinque ordinanze della Commissione tributaria di primo grado di Palermo e le dieci ordinanze della Commissione tributaria di secondo grado di Nuoro, di cui in narrativa, sollevano questione di legittimità costituzionale dell'ultimo comma di detto art. 7, appunto nella parte in cui, in relazione alle deduzioni sull'imponibile ILOR previste dallo stesso articolo ai commi precedenti, stabilisce l'onere della richiesta del contribuente all'atto, o comunque nei termini per la dichiarazione dei redditi.

I giudici a quibus, ritenuto il carattere perentorio del termine, assumono che l'impugnata norma sarebbe viziata da eccesso di delega, e quindi in contrasto con gli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, in quanto la legge di delega per la riforma tributaria, 9 ottobre 1971, n. 825, all'art. 4, n. 5, che prevede le suddette deduzioni (e del quale il citato art. 7 del d.P.R. n. 599 del 1973 riproduce quasi integralmente il contenuto), non contempla alcuna richiesta da parte del contribuente. E ciò a differenza di quanto disposto nel successivo n. 6 dello stesso art. 4 della legge di delega, che prevede espressamente la richiesta dell'applicazione di un'aliquota d'imposta ridotta, da parte delle società cooperative, oppure delle deduzioni previste dal precedente n. 5 per ciascuno dei soci.

2. - Tutte le ordinanze di rimessione sottopongono alla Corte la stessa questione; pertanto i relativi giudizi vengono riuniti per essere decisi con unica sentenza

3. - Presupposto della sollevata questione é l'interpretazione accolta dai giudici a quibus, della "perentorietà", cioé, del termine posto dalla denunciata norma per la richiesta, da parte del contribuente, delle deduzioni sull'imponibile ILOR previste dallo stesso art. 7 nei commi precedenti. Secondo tale interpretazione, il contribuente che abbia omesso di effettuare la richiesta nella dichiarazione annuale (o, se esonerato dall'obbligo della dichiarazione, con apposita denuncia entro i termini previsti per la dichiarazione medesima), non potrebbe più avanzarla in un momento successivo, e quindi neppure in sede contenziosa.

Senonché, già all'epoca in cui venivano emesse le ordinanze in parola, era largamente prevalente nelle Commissioni tributarie un contrario indirizzo, basato sul principio che la decadenza é istituto da applicarsi soltanto in presenza di esplicita comminatoria di legge. Successivamente anche la Commissione tributaria centrale ha confermato che la mancata richiesta nel predetto termine, da considerarsi ordinatorio e non perentorio, non comporta la decadenza dal diritto alle deduzioni.

Sul punto si é pronunciata, infine, la Corte di cassazione, la quale, con giurisprudenza ormai consolidata, ha ritenuto che la riduzione a metà, entro certi limiti, dell'imponibile ILOR, sancita dal primo comma del citato art. 7, concreta un oggettivo riconoscimento della effettiva capacità contributiva dei soggetti percipienti i redditi ivi previsti, i quali dunque, sussistendo i requisiti indicati nei commi successivi, sono titolari di "un vero e proprio diritto perfetto" a tale riduzione, non condizionato ad alcuna facoltà discrezionale dell'Amministrazione finanziaria, e tutelato dagli artt. 3 e 53 della Costituzione. Ne consegue - ha ancora affermato la stessa Corte di cassazione - che l'onere della esplicita richiesta della deduzione nei termini indicati dall'ultimo comma dell'art. 7, non ha carattere categorico, non essendo oltretutto accompagnato da esplicita comminatoria di alcuna decadenza. La deduzione può, pertanto, venir richiesta anche successivamente alla scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi, allorché sia comunque portata a conoscenza del contribuente, in concreto, la pretesa impositiva. Il che avviene, o con la emissione e notifica dell'avviso di accertamento o, in mancanza dell'accertamento, con la pubblicazione del ruolo e la notificazione al contribuente della cartella esattoriale. In questa seconda ipotesi, infatti, é stata riconosciuta l'ammissibilità del ricorso contro il ruolo per far valere motivi sostanziali relativi all'accertamento. Nel caso, poi, dell'autotassazione, il contribuente può ricorrere, a norma dell'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, contro il rifiuto, esplicito o implicito, opposto dall'Amministrazione finanziaria alla restituzione di quanto pagato in più, per ottenere l'accertamento del suo diritto alla deduzione. In tutti i suddetti casi, pertanto, l'accertamento sui presupposti della riduzione dell'imponibile, non effettuato in sede di verifica della dichiarazione da parte dell'ufficio, può essere eseguito in sede contenziosa avanti le commissioni tributarie.

Questa sopra riferita é, dunque, la interpretazione che va data all'impugnata norma, in senso opposto a quella accolta dai giudici a quibus. Interpretazione che attualmente ben può considerarsi "diritto vivente", ed alla quale si é anche adeguata la stessa amministrazione finanziaria, invitando gli uffici delle imposte dirette, con circolare 29 ottobre 1981, n. 35/ 7/3210, ad astenersi dal coltivare ulteriormente le relative controversie ancora pendenti.

4. - Posto ciò, resta da considerare il dedotto profilo della inserzione nella norma delegata dell'onere della richiesta, in relazione alla mancata previsione di tale onere nella legge di delega, che, nell'art. 4, n. 5, detta appunto i criteri per le deduzioni in parola. Una volta acclarato che i termini indicati dall'impugnata norma per la richiesta della deduzione, non hanno carattere perentorio, la Corte non ravvisa nell'introduzione di siffatto onere nella normativa delegata alcuna violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione. Ed invero le leggi di delega - come giustamente ha obiettato l'Avvocatura dello Stato - dettano principi e criteri direttivi che, come tali, non debbono necessariamente estendersi sino a coprire l'intera area della regolamentazione demandata al legislatore delegato, al quale compete pur sempre di stabilire le modalità della loro concreta applicazione. Nel caso in esame la previsione, nella legge delegata, della richiesta da parte del contribuente si spiega - come rilevato anche dalla richiamata giurisprudenza della Corte di cassazione - con la considerazione che la riduzione dell'imponibile ILOR, sancita dal primo comma dell'art. 7 del d.P.R. n. 599 del 1973, spetta solo ove ricorrano determinati presupposti, attinenti alla particolare natura del reddito, come previsto dai successivi commi dello stesso art. 7. Di tal che la richiesta medesima assolve esclusivamente alla funzione di sollecitare l'ufficio impositore all'indagine sulla sussistenza dei presupposti della riduzione, mediante la puntuale indicazione di quelle peculiari circostanze (che il soggetto presti la propria opera nell'impresa, che tale prestazione costituisca la sua occupazione prevalente, e via dicendo), le quali, non essendo nelle singole fattispecie note all'ufficio e non costituendo una caratteristica costante dei redditi tassati, devono necessariamente essere, prima o poi, dichiarate dagl'interessati. In siffatta prospettiva, l'aver previsto che le deduzioni vengano richieste dagli aventi diritto nella dichiarazione annuale, ovvero, se esonerati dall'obbligo della dichiarazione, con apposita denuncia all'ufficio delle imposte dirette, contribuisce indubbiamente, nell'id quod plerumque accidit, alla più spedita definizione del rapporto tra fisco e contribuente.

Infine, quanto all'ulteriore argomento addotto, e cioé che la legge di delega per la riforma tributaria - mentre nel richiamato n. 5 dell'art. 4 non prevede la richiesta de qua agitur nel successivo n. 6 dello stesso art. 4, per le stesse deduzioni ivi accordate a favore di singoli soci di cooperative, e per la riduzione dell'aliquota di imposta nello stesso numero accordata alle cooperative, contempla, invece, espressamente la richiesta del contribuente, la Corte osserva che da ciò non può certo desumersi la volontà del legislatore delegante di escludere, nel n. 5, la richiesta in parola. Nella ipotesi disciplinata dal n. 6 dell'art. 4, infatti, sono previste due possibili agevolazioni offerte in alternativa agli aventi diritto, e dunque la previsione, nella stessa legge di delega, della richiesta che va avanzata a seguito della operata scelta, trae adeguata giustificazione da una peculiare esigenza, che per il caso in questione non si pone.

5. - Per le considerazioni che precedono, la Corte, accolta l'interpretazione sopra riferita del denunciato ultimo comma dell'art. 7 del d.P.R. n. 599 del l973, reputa non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Palermo e dalla Commissione tributaria di secondo grado di Nuoro con le ordinanze di cui in narrativa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i procedimenti iscritti ai nn. 436, 488, 489, 490, 491 R.O. 1977, e nn. 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59 e 60 R.O.1981;

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'ultimo comma dell'art. 7 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 (Istituzione e disciplina dell'imposta locale sui redditi), nella parte in cui, in relazione alle deduzioni di cui ai commi precedenti, stabilisce l'onere della richiesta da parte degli aventi diritto, all'atto o comunque nei termini previsti per la dichiarazione dei redditi, sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione con le ordinanze emesse il 13 aprile 1977 (R.O. n. 488, 489, 490 e 491 del 1977) ed il 18 aprile 1977 (R.O. n. 436 del 1977) dalla Commissione tributaria di primo grado di Palermo, ed il 9 marzo 1979 (R.O. nn. da 51 a 60 del 1981) dalla Commissione tributaria di secondo grado di Nuoro.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1984.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 20 giugno 1984.