Ordinanza n.175 del 1984

 

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ORDINANZA N. 175

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Albero MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 246 del codice di procedura civile promosso con ordinanza emessa il 10 dicembre 1980 dal pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Pedrale Elisa e Di Gregorio Angelo ed altro, iscritta al n. 150 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 dell'anno 1981.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 16 maggio 1984 il Giudice relatore Virgilio Andrioli.

Ritenuto che: 1.1. - Con atto notificato il 13 novembre 1978, Pedrale Elisa, premesso che, sotto la data del 27 giugno 1978, in Torino, la propria auto FIAT 500 targata TO/D24061, di cui era al volante, era stata frontalmente urtata dall'auto FIAT 850 targata TO/K75866 di proprietà di Di Gregorio Angelo, ed aveva dall'urto riportato danni, convenne avanti il Pretore di Torino il Di Gregorio e la Compagnia di Assicurazioni Agricoltura per sentirne pronunciare la condanna in solido al pronto ed immediato pagamento dei danni e chiese l'assunzione dei mezzi istruttori per interrogatorio del Di Gregorio e per testi indicati sul fatto nelle persone di Priolo Rosetta e di Sechi Alberto e sul danno nella persona del titolare o di chi per esso della Auto-carrozzeria Nizza, corrente in Torino, via Nizza 216. Si costituì la s.p.a. Agricoltura di Assicurazioni e con comparsa di risposta 20 gennaio 1979 dedusse che "l'autovettura FIAT 850 di proprietà del sig. Di Gregorio Angelo e condotta dal sig. Monti Vittorio, si trovava posteggiata quando la FIAT 500 della sig.ra Pedrale la urtò " e, pertanto, chiese di provare tale circostanza per teste indicato nella persona di Tucci Adele; concluse per il rigetto della domanda attrice. Dichiarata la contumacia del Di Gregorio e dispostone l'interrogatorio formale nonché la prova per testi con ordinanza 8 maggio 1980, all'udienza del 4 dicembre 1980 vennero escussi i testi Sechi e Randazzo Giuseppe (titolare della Auto carrozzeria Nizza), rese l'interrogatorio formale il Di Gregorio, il quale dichiarò che al tempo dell'incidente aveva già venduto una FIAT 850 a Monti Vittorio il quale gli disse che era stato coinvolto nell'incidente e, perché l'assicurazione e l'auto erano ancora intestate ad esso Di Gregorio, egli fece la denuncia alla Compagnia assicuratrice; comparve il Monti il quale, senza prestare giuramento, dichiarò che la FIAT 850 da lui guidata era stata investita dalla FIAT 500 guidata dalla Pedrale, e venne escusso il teste Sechi; infine il difensore della Compagnia assicuratrice eccepì l'incapacità di testimoniare del Monti in quanto il medesimo era alla guida dell'auto al momento del sinistro e proprietario della stessa, e la carenza di legittimazione passiva del Di Gregorio, cui si oppose l'attrice per non essere stata ancora eseguita la voltura. A seguito di che il Pretore si riservò di decidere e sciolse la riserva emettendo sotto la data del 10 dicembre 1980 ordinanza depositata in cancelleria il successivo 15 (notificata il 20 e comunicata il 22 del successivo gennaio 1981; pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 158 del 10 giugno 1981 e iscritta al n. 150 R.O. 1981), con la quale sollevava d'ufficio questione di illegittimità, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 246 c.p.c.

Che: 1.2. - Il Pretore, premesso che "nel corso del giudizio civile n. 272/79 riteneva opportuno di sentire il signor Monti Vittorio, che per sua ammissione e per dichiarazione del convenuto era il proprietario e guidatore della FIAT 850 targata TO/K75866 il giorno 27 giugno 1978, data dello scontro, per cui pende la causa. Durante l'interrogatorio il Monti ha reso delle dichiarazioni utili per la decisione della causa", e che "stante il disposto dell'art. 246 c.p.c., questo giudice doveva dichiarare il Monti teste incapace a testimoniare, oppure doveva attendere l'eventuale, improbabile costituzione in giudizio del Monti, per poterlo liberamente interrogare", ha ravvisato nell'art. 246 un grave vincolo al diritto dei cittadini di agire in giudizio, previsto dall'art. 24 Cost., soprattutto in relazione all'art. 421 c.p.c., il quale prevede espressamente per il giudice del lavoro il potere di interrogare liberamente sui fatti di causa anche quelle persone che sono incapaci a testimoniare a norma dell'art. 246 c.p.c. o a cui sia vietato a norma dell'art. 247 c.p.c., dichiarato illegittimo con la sent. 139/1975 della Corte costituzionale, ha poi ravvisato violazione dell'art. 3 in ciò che l'incapacità a testimoniare, sancita dall'art. 421, più non vige per il rito speciale e per le controversie, di cui agli artt. 30 e 45 richiamati nell'art. 46 l. 27 luglio l978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani).

Che: 2.1. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita; ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato il 30 giugno 1981, con il quale l'Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l'Inammissibilità della questione per non avere il giudice a quo precisato in che consistesse l'interesse del Monti nella causa e non avere quindi motivato sulla rilevanza; richiamata la sent. 248/1974 con la quale la Corte ebbe a giudicare infondata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. la questione d'illegittimità dell'art. 246 a motivo della incompatibilità tra le posizioni di parte (anche soltanto potenziale) e di testimone, ha negato il contrasto tra la disposizione impugnata e l'art. 3 non solo perché i tipi di giudizio posti a raffronto integrano diverse discipline quanto alla testimonianza, ma anche, e ancor prima, perché il comma quarto dell'art. 421 (peraltro non richiamato nell'art. 46 l. 392/1978) contempla non una testimonianza sibbene un libero interrogatorio, diverso dalla prima, sia perché gli interrogati non giurano (né commettono, in caso di mendacio, il reato di cui all'art. 372 c.p.) sia sotto il profilo dell'efficacia probatoria in quanto dall'interrogatorio libero possono desumersi soltanto elementi di chiarificazione e di convincimento integrativi rispetto ad altre prove già acquisite, sia infine per rientrare il mezzo nella esclusiva disponibilità del giudice; sulla base delle riassunte argomentazioni ha concluso per la infondatezza della proposta questione.

Che: 2.2. - Nel corso dell'adunanza in camera di consiglio del 31 maggio 1984 cui dall'adunanza del 16 dello stesso mese era stata rinviata la decisione dell'incidente, il giudice Andrioli ha svolto la relazione,

Considerato che: 3.1. - Né dalla ordinanza di rimessione né dai fascicoli della causa di merito é dato intendere in quale veste processuale abbia Monti Vittorio reso le dichiarazioni che hanno ingenerato nel giudice a quo quella esigenza di escuterlo come teste che l'art. 246 c.p.c. gli consentirebbe di soddisfare - sempre a parere del Pretore di Torino - sol a prezzo di estendere al rito ordinario il novellato art. 421 u.c. c.p.c., sin troppo evidente essendo che, se il Monti avesse già assunto la qualità di teste che pur avrebbe potuto assumere ai sensi dell'art. 317 c.p.c., peraltro non menzionato negli atti della causa di merito, non si sarebbe appalesata necessaria altra escussione di lui, e, se avesse assunto, in virtù dell'art. 107 c.p.c. della cui menzione non é traccia negli atti della causa di merito, la qualità di parte, non avrebbe potuto essere escusso qual teste.

che: 3.2. - Miglior partito apparisce alla Corte la restituzione degli atti al giudice a quo il quale dovrà ottemperare al precetto impartito nell'art. 111 Cost. quale che sia il provvedimento che intenderà adottare.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Pretore di Torino, che li aveva rimessi con ordinanza 10 dicembre 1980 (150/1981) pronunciata nel procedimento civile tra Pedrale Elisa e Di Gregorio Angelo e altro.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1984.

 

Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 20 giugno 1984.