Sentenza n.172 del 1984

 

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SENTENZA N. 172

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Antonino DE STEFANO, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 105, 109 e 119 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (testo unico delle leggi sulle imposte dirette) promossi con cinque ordinanze emesse il 28 dicembre 1974 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Forlì sul ricorso dell'Ente Morale Ospedale civile di Forlimpopoli iscritte ai nn. 595, 596, 597, 598 e 599 del registro ordinanze 1977 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 67 dell'anno 1978.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 10 gennaio 1984 i1 Giudice relatore Giuseppe Ferrari;

Udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - L'ufficio distrettuale delle imposte di Forlì accertava nel 1967 a carico dell'Opera pia "Ospedale civile di Forlimpopoli" redditi tassabili per gli esercizi dal 1962 al 1966 ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, categoria B, ai sensi dell'art. 119 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (approvazione del testo unico delle leggi sulle imposte dirette), applicando altresì le penalità e le sopratasse di cui all'art. 243 per omessa presentazione, relativamente alla gestione ospedaliera, della dichiarazione dei redditi prescritta dall'art. 17. L'Ospedale di Forlimpopoli ricorreva alla commissione distrettuale delle imposte di Forlì e, poiché questa aveva confermato gli accertamenti, impugnava tale decisione dinanzi alla commissione tributaria di secondo grado, contestando anzitutto la tassabilità per ricchezza mobile, cat. B, dell'Opera pia ospedaliera, stante la sua attività istituzionale, e denunciando poi l'illegittimità costituzionale degli artt. 105, 109 e 119 del menzionato testo unico per eccesso di delega, e perciò in riferimento all'articolo 76 Cost..

La Commissione adita, dopo avere osservato che dalla interpretazione letterale e sistematica delle disposizioni del testo unico si evince che "la tassazione ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, categoria B, prescinde sia dall'esercizio dell'impresa" sia dall'obbligo, per un ente pubblico, quale l'opera pia "Ospedale civile di Forlimpopoli", di tenere la propria contabilità in base alle particolari disposizioni di cui al r.d. 5 febbraio 1891, n. 99, ha ritenuto che effettivamente il Governo, introducendo con le disposizioni del d.P.R. impugnato obbligazioni tributarie non previste per gli enti che non esercitassero attività d'impresa né dalla legge 5 gennaio 1956, n. 1, né dalla legislazione precedente, avrebbe superato il limite dei poteri delegatigli dal Parlamento con l'art. 63 della stessa legge n. 1 del 1956. In particolare ha rilevato che tutti i precedenti normativi specifici dei tre articoli denunziati sembrerebbero infatti riferirsi a persone giuridiche pubbliche o private esercenti attività d'impresa: così gli artt. 25 del T.U. 24 agosto 1877, n. 4021, e 9 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 per quanto concerne l'art. 119 del d.P.R. n. 645 del 1958; gli artt. 7 e 8 della citata legge n. 1 del 1956 per quel che attiene all'art. 109 del d.P.R. n. 645 del l958; le norme che lo stesso art. 105 del d.P.R. n. 645 richiama, per quanto riguarda tale disposizione. Ed ha concluso nel senso che il sostanziale ampliamento della sfera dei soggetti tassabili in ricchezza mobile, cat. B, operato dalle disposizioni denunziate con l'inclusione degli enti pubblici non esercenti attività imprenditoriali renderebbe evidente il contrasto delle norme stesse con l'art. 76 Cost. sotto i1 profilo dell'eccesso di delega.

2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in giudizio tramite l'Avvocatura generale dello Stato, ha chiesto che la sollevata questione venga dichiarata infondata.

Si afferma, in particolare, nell'atto di intervento che tutta la normativa dettata in materia di imposta di ricchezza mobile, dal T.U. 24 agosto 1877, n. 4021 e dalle norme successive, "ha sempre definito il presupposto di tale imposta senza alcun riferimento alla natura ed alle qualità del soggetto produttore del reddito ed alla relativa destinazione". Le condizioni soggettive del soggetto passivo dell'imposta sono invero sempre venute in rilievo ai soli fini di eventuali esenzioni, peraltro non previste per soggetti quali l'opera pia in questione.

La diversa, e non nuova, problematica concernente l'assoggettabilità all'imposta di ricchezza mobile degli avanzi di gestione degli enti pubblici concerne invece il punto dell'incidenza sulla qualifica del reddito come tassabile dell'eventuale vincolo legale di destinazione che limita la disponibilità degli utili.

Ma sul punto in questione - oggetto di "secolare interpretazione, anche giurisprudenziale" - né la legge delega 5 gennaio 1956, n. 1, né il d.P.R. n. 645 del 1958 recano innovazioni rispetto alla normativa precedente, onde sarebbe del tutto inconsistente l'assunto che le norme del decreto delegato vadano oltre i limiti posti dalla delega legislativa.

La questione che la Commissione tributaria di secondo grado di Forlì deve risolvere - conclude l'Avvocatura - é, in definitiva, "soltanto quella relativa alla natura dell'utile di cui si discute ed alla sua oggettiva qualificazione come reddito soggetto ad imposta di ricchezza mobile".

Considerato in diritto

La questione sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Forlì, con le cinque ordinanze in epigrafe di identico contenuto e di pari data, é se l'assoggettamento dei pubblici ospedali all'imposta di ricchezza mobile, categoria B, in quanto non previsto, né dalla legge di delegazione (5 gennaio 1956, n. 1), né dalla legislazione a questa anteriore, ma egualmente introdotto dal decreto delegato (articoli 105, 109 e 119 del t.u. n. 645 del 1958 sulle imposte dirette), possa considerarsi costituzionalmente legittimo in riferimento all'art. 76 Cost..

Premesso che l'impugnazione degli artt. 105 e 109, concernenti non già l'an, ma il quantum, e dell'art. 119, concernente l'accertamento, presuppone l'applicabilità dell'art. 8 del t.u. n. 645 del 1958, va al riguardo preliminarmente osservato che nessuna delle disposizioni denunciate - e nessuna delle altre disposizioni dello stesso testo normativo - indica nominatim gli enti ospedalieri quali soggetti passivi del rapporto tributario in parola. É in via di interpretazione, pertanto, che la Commissione, sostanzialmente adeguandosi sul punto all'indirizzo dell'ufficio distrettuale delle imposte, perviene al riconoscimento della tassabilità in ricchezza mobile, cat. B, dei pubblici ospedali, affermando testualmente che proprio "da questa interpretazione deriva la rilevanza della questione di legittimità costituzionale". Senonché, già anteriormente alla data di emissione delle cinque ordinanze de quibus, le sezioni unite della Corte di Cassazione avevano statuito (sentenza 4 marzo 1974, n. 594) che "i proventi netti degli ospedali civili non rientrano nella nozione di reddito tassabile con imposta di ricchezza mobile", dovendosi ravvisare nella disciplina normativa quel "vincolo legale di destinazione dei proventi degli ospedali dipendenti da enti pubblici", che toglie a tali proventi "il carattere di ricchezza autonoma" ed induce perciò ad "escludere dalla nozione di reddito mobiliare imponibile i proventi di attività che realizzano servizi continuativi di pubblico interesse"; tanto più che la disciplina normativa degli ospedali, già secondo l'"ordinamento disposto con la legge 12 febbraio 1968, n. 132, s'é evoluta con l'accentuazione della considerazione pubblicistica dei servizi ospedalieri, anche nei riguardi tributari, essendo stati equiparati a tali effetti gli enti ospedalieri alle amministrazioni dello Stato". Tale interpretazione, confermata da altre pronunce della stessa Corte di Cassazione, é stata successivamente accolta dalle sezioni unite della Commissione tributaria centrale e fatta propria persino dal Ministero delle finanze, che con apposita nota della competente Direzione generale delle imposte dirette (20 aprile 1978, n. 11/679) ha comunicato ai dipendenti uffici "l'inopportunità di procedere agli accertamenti ai fini dell'imposta di ricchezza mobile e dell'imposta sulle società per gli avanzi di gestione degli enti ospedalieri", disponendo che pertanto "devono essere abbandonate tutte le contestazioni pendenti relativamente alle quali non sono intervenute decisioni passate in giudicato".

Da quanto precede si deduce che nella specie non si configura già una questione di legittimità costituzionale - quella, appunto, secondo cui "il Governo sarebbe andato oltre ai poteri delegatigli dal Parlamento con l'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1", così violando l'art. 76 Cost. - bensì di interpretazione, la quale può essere risolta alla luce del diritto vivente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 105, 109 e 119 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (testo unico delle leggi sulle imposte dirette) sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Forlì con cinque ordinanze emesse il 28 dicembre 1974 (R.o. 595, 596, 597, 598 e 599 del 1977).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1984.

 

Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 20 giugno 1984.