Ordinanza n.150 del 1984

 

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ORDINANZA N. 150

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 6, 14 e 15 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 3 maggio 1977 dalla Commissione tributaria di primo grado di Venezia sul ricorso di Santin Jole ed altri, iscritta al n. 536 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32 dell'anno 1978;

2) ordinanza emessa il 4 giugno 1981 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Torino sul ricorso dell'INA, iscritta al n. 819 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 101 dell'anno 1983.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1984 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari.

Ritenuto che, con ordinanza in data 3 maggio 1977, la Commissione tributaria di primo grado di Venezia ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 42 e 53 della Costituzione, degli artt. 6, 14 e 15 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili) "nella parte in cui, nello stabilire che l'incremento di valore imponibile é dato dalla differenza tra il valore iniziale ed il valore finale calcolati in termini monetari nominali, non prevede che si possa detrarre dalla differenza l'ammontare percentuale corrispondente alla diminuzione di valore della moneta per effetto dell'inflazione ed inoltre nella parte in cui, ove la successione sia esente dalla relativa imposta o comunque importi un'imposizione fiscale inferiore al tributo INVIM, viene meno il criterio della progressività dell'imposta";

che gli artt. 6 e 14 dello stesso d.P.R. n. 643 del 1972 (e successive modificazioni) sono stati altresì denunciati, in riferimento ai medesimi parametri costituzionali, anche dalla Commissione tributaria di secondo grado di Torino con ordinanza del 4 giugno 1981, che ha peraltro esteso le censure di costituzionalità anche all'art. 8 della legge 16 dicembre 1977, n. 904 (Modificazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e al regime tributario dei dividendi e degli aumenti di capitale, adeguamento del capitale minimo delle società e altre norme in materia fiscale e societaria);

considerato che numerose questioni analoghe a quella sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Venezia, sotto il profilo concernente la mancata considerazione degli effetti della svalutazione monetaria, sono state già dichiarate non fondate con sentenza n. 126 del 1979 e che l'indirizzo in quell'occasione espresso dalla Corte circa la non censurabilità delle scelte politiche in base alle quali il legislatore non ha ritenuto di prevedere formule di indicizzazione o di integrale rivalutazione volte a depurare gli incrementi di valore imponibile dalla componente imputabile alla svalutazione della moneta é stato recentemente confermato - in materia di applicazione dell'INVIM per decorso del decennio - con sentenza n. 239 del 1983;

che la questione va dunque dichiarata manifestamente infondata, non essendo in ordinanza prospettati motivi diversi o ulteriori rispetto a quelli già esaminati dalla Corte;

che, per altro verso, appaiono del tutto ininfluenti, in relazione al contenuto della censura d'incostituzionalità, l'abrogazione dell'art. 14 e la modificazione dell'art. 15 del d.P.R. n. 643 del 1972 operate, in epoca successiva a quella dell'ordinanza di rimessione, con d. l. 12 novembre 1979, n. 571 (convertito con modificazioni in legge 12 gennaio 1980, n. 2), in seguito alla sentenza di questa Corte n. 126 del 1979;

che la questione appare manifestamente infondata anche sotto l'ulteriore profilo concernente l'insussistenza di un risultato utile per il contribuente allorché, in caso di applicazione del tributo agli acquisti mortis causa, l'imposta di successione dalla quale può essere detratta l'INVIM non sia dovuta o sia di ammontare inferiore a quello dell'INVIM stessa. La disposizione che prevede la detraibilità dall'imposta di successione dell'"imposta comunale sugli incrementi di valore liquidata in dipendenza dell'apertura della successione per ciascun immobile trasferito, fino a concorrenza della parte della imposta di successione proporzionale al valore dell'immobile stesso" é, infatti, quella di cui all'art. 19 lett. a), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, recante "disciplina dell'imposta sulle successioni e donazioni", non denunciata dal giudice a quo. La circostanza che, sotto il profilo economico, il meccanismo della detrazione dell'INVIM dalla imposta di successione si concreti in una sostanziale restituzione al contribuente dell'INVIM pagata, non toglie che l'alternatività creata dalla norma citata non può essere giuridicamente interpretata se non nel senso che chi paga l'INVIM non é tenuto, per il corrispondente importo, al pagamento dell'imposta di successione, e non viceversa. Onde la censura, siccome rivolta agli artt. 6, 14 e 15 del d.P.R. n. 643 del 1972 e, quindi, esclusivamente a disposizioni contenute in una sedes materiae diversa da quella che le é propria, non può - così come proposta - che ritenersi del tutto priva di fondamento;

che, infine, l'ordinanza della Commissione tributaria di secondo grado di Torino non contiene la benché minima indicazione dei motivi dell'addotto contrasto delle norme denunciate con gli artt. 3, 42 e 53 Cost., limitandosi in proposito ad un generico riferimento alla questione di legittimità costituzionale sollevata dal contribuente;

che deve in proposito ribadirsi, in linea con il costante indirizzo di questa Corte, che non é idonea a promuovere un giudizio di costituzionalità l'ordinanza che, in violazione del disposto di cui all'art. 23, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, non riferisca i termini ed i motivi dell'istanza con cui fu sollevata la questione ovvero non contenga un'autonoma valutazione in ordine alla non manifesta infondatezza ed alla rilevanza, essendo in proposito del tutto insufficiente il mero, apodittico riferimento alla questione sollevata da una delle parti, che non soddisfa il generale interesse - cui é preposto l'apposito regime di pubblicità delle ordinanze di rimessione - alla conoscibilità degli esatti termini di ogni questione di legittimità costituzionale;

visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, 14 e 15 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 42 e 53 Cost., dalla Commissione tributaria di primo grado di Venezia con ordinanza in data 3 maggio 1977 (r.o. n. 536/1977);

dichiara la manifesta inammissibilità, per omessa indicazione dei motivi, della questione di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 14 del d.P.R. n. 643 del 1972 (e successive modificazioni) e dell'art. 8 della legge 16 dicembre 1977, n. 904 (Modificazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e al regime tributario dei dividendi e degli aumenti di capitale, adeguamento del capitale minimo delle società e altre norme in materia fiscale e societaria), sollevata, in riferimento agli artt. 42 e 53 Cost., dalla Commissione tributaria di secondo grado di Torino con ordinanza in data 4 giugno 1981 (r.o. 819/1982).

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 maggio 1984.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 24 maggio 1984.