Sentenza n.131 del 1984

 

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SENTENZA N. 131

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Antonino DE STEFANO , Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 20 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private) promosso con ordinanza emessa il 1 marzo 1978 dal tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Società Aspera e Bosco Paolo iscritta al n. 286 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20 dell'anno 1978. Visto l'atto di intervento del Presidente del consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 gennaio 1984 il giudice relatore Oronzo Reale;

udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza 1 marzo 1978 il tribunale di Torino solleva questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 20 della legge 2 aprile 1968, n. 482, nella parte in cui dette norme - in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione - prevedono che gli invalidi obbligatoriamente avviati al lavoro possano essere licenziati per sopravvenuta inidoneità, previo accertamento della perdita di ogni capacità lavorativa o di un aggravamento di invalidità tale da determinare pregiudizio alla salute ed alla incolumità dei compagni di lavoro, nonché é alla sicurezza degli impianti, accertamento da effettuarsi a cura del Collegio Medico Provinciale, organo amministrativo nominato dal Prefetto.

Si osserva che avverso la decisione di tale collegio non sono previsti rimedi né in sede amministrativa né in sede giurisdizionale e che il procedimento che ivi si segue non sarebbe garantito da "adeguata pubblicità": che il lavoratore, inoltre, non avrebbe il diritto di farsi assistere da un patrocinatore legale in grado di esercitare un controllo sulla legittimità formale del procedimento.

Si evidenzia altresì che il sindacato di legittimità spettante al giudice ordinario in merito al ricordato provvedimento sarebbe ridotto ad una indagine "rivolta unicamente ad esaminare se fra i presupposti e il dispositivo dell'atto stesso esiste una necessaria correlazione logica" e che perciò, poiché si tratta di un giudizio che incide su di un diritto soggettivo del lavoratore, si appaleserebbe una disparità di trattamento con la procedura prevista dalla legge n. 604 del 1966, in tema di giusta causa legittimante la risoluzione del rapporto di lavoro, con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Ancora, nell'ordinanza si sottolinea che nella specie sussisterebbe "una sostanziale impossibilità per il lavoratore di esercitare congruamente il proprio diritto di difesa", con conseguente violazione dell'art. 24 della Costituzione, in quanto il fatto da cui trae origine il licenziamento non sarebbe più valutabile nel merito da parte del giudice ordinario in sede di impugnazione del licenziamento.

In punto di rilevanza, nell'ordinanza si afferma che la questione sollevata risponde a tale requisito "potendo incidere direttamente sulla legittimità del licenziamento impugnato".

Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la proposta questione venga dichiarata infondata in quanto:

a) la legge n. 482 del 1968 non introduce nuove o diverse cause di licenziamento rispetto alla disciplina ordinaria, ma limita ai casi più gravi di evoluzione dell'invalidità la possibilità di giustificare il recesso, in armonia con gli scopi e le finalità della legge in questione;

b) gli artt. 10 e 20 della ricordata legge non hanno fatto che anticipare la disciplina, poi introdotta in forza dell'art. 5 della legge n. 300 del 1970, sottraendo al datore di lavoro l'accertamento di fatto e demandandolo ad un organo pubblico, in grado di fornire maggiori garanzie di obiettività e competenza;

c) il fatto che sia diverso l'organo pubblico cui é commesso l'accertamento, rispetto all'ipotesi generale, é giustificato dalla specialità della disciplina in questione, che richiede un più complesso e accurato controllo e non crea quindi disparità di trattamento;

d) l'ipotizzata violazione del diritto di difesa non sussisterebbe, in quanto, in caso di contestazione relativamente all'obiettiva esistenza del fatto giustificante il recesso ex art. 10 citato, permane nel giudice il potere di accertarne la sussistenza o meno, senza preclusioni, mentre, nella fase extra-giudiziale, il lavoratore é facultizzato a farsi assistere da un medico di fiducia, il cui intervento, considerata la sede tecnica in cui si attua, appare più utile che non la partecipazione di un patrocinatore legale.

Considerato in diritto

La censura di incostituzionalità proposta dal tribunale di Torino con l'ordinanza riassunta in narrativa avrebbe fondamento se fosse vero quanto nell'ordinanza stessa si afferma, cioè che "a norma del combinato disposto di cui agli artt. 10 e 20 della citata legge (n. 482 del 1968) il giudizio sulla sopravvenuta inidoneità al lavoro é demandato al Collegio Medico Provinciale, organo amministrativo nominato dal prefetto, ed avverso tale decisione non sono previsti rimedi né in sede amministrativa, né in sede giurisdizionale".

Ma così non é.

Essendo in gioco non un interesse legittimo, ma un diritto soggettivo del lavoratore alla tutela del suo posto di lavoro ove esistano le condizioni previste dall'art. 20 della legge n. 482 del 1968, cioè che "la natura ed il grado dell'invalidità non possa riuscire di pregiudizio alla salute o all'incolumità dei compagni di lavoro ed alla sicurezza degli impianti", deve escludersi - nel silenzio della norma - che il "referto" del collegio medico sia sottratto al controllo di merito dell'autorità giudiziaria.

Come ha ritenuto la Corte di Cassazione, la valutazione del collegio medico costituisce soltanto una "sorta di perizia stragiudiziale altamente qualificata, ma liberamente valutabile" dal giudice ordinario presso il quale é intatto il diritto di difesa del lavoratore che il giudice a quo reputa, invece, compresso nella procedura di accertamento della esistenza o inesistenza delle condizioni legittimanti il licenziamento. E non sussistendo questo pregiudizio al diritto di difesa, evidentemente non sussiste nemmeno la denunciata pregiudizievole "disparità di trattamento" rispetto alla tutela giurisdizionale che al lavoratore viene accordata dalla legge n. 604 del 1966.

La questione, pertanto, é infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 20 della legge 2 aprile 1968, n. 482 sollevata dal tribunale di Torino, in riferimento agli artt. 3 e 24 della costituzione, con l'ordinanza n. 278 del reg. ord. 1978 di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 maggio 1984.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE  -Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  -Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 4 maggio 1984.