Sentenza n. 130 del 1984

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SENTENZA N. 130

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

         Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private) promosso con ordinanza emessa il 27 ottobre 1976 dal pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Masieri Luciano e Caren S.p.a. iscritta al n. 1 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51 dell'anno 1977.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 gennaio 1984 il Giu- dice relatore Oronzo Reale;

udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto:

1. - Nel corso di una vertenza di lavoro, avente ad oggetto la richiesta di Luciano Masieri, dipendente della "Caren - Cartografica del Reno S.p.a.", di ottenere la declaratoria giudiziale di inefficacia e nullità del licenziamento intimatogli ai sensi degli artt. 1 e ss. della legge n. 604 del 1966, giustificato dall'asserita perdita, pressoché totale, della capacità lavorativa dello stesso Masieri, conseguente a sopravvenuto aggravamento di una miopia congenita, e tale da poter determinare pregiudizio alla incolumità del dipendente stesso, dei compagni di lavoro, oltreché degli impianti, il pretore di Bologna con ordinanza 7 ottobre 1976 (n. 1 del reg. ord. 1977) sollevava, su istanza del ricorrente, questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 20 della legge 2 aprile 1968, n. 482, nella parte in cui tale norma non prevede che anche il lavoratore divenuto incapace di svolgere le sue mansioni per invalidità sopravvenuta nel corso del rapporto di lavoro, o quello già invalido, ma assunto in via ordinaria, abbiano diritto alle garanzie procedimentali e sostanziali previste dalla citata norma. Ciò sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 4, 32 e 38, terzo comma, della Costituzione.

Il giudice a quo osserva che sarebbe "conforme allo spirito della Costituzione" ed in particolare ai parametri sopraindicati una normativa che fornisse le stesse forme di tutela anche al lavoratore, non assunto obbligatoriamente in ragione della disciplina sul collocamento obbligatorio, che sia colpito da menomazione invalidante sopravvenuta in costanza di rapporto di lavoro, peraltro instauratosi nelle forme normali.

Ora, il citato art. 20 della legge n. 482 del 1968, prevede che l'invalido, collocato obbligatoriamente e che non sia in grado di svolgere le mansioni in atto commessegli, possa chiedere alla Commissione Medica Provinciale che sia emesso un giudizio sulla sua residua capacità lavorativa e che, ove questo sia positivo, venga emanato un provvedimento che impone al datore di lavoro di adibirlo a mansioni professionalmente equivalenti e meno pesanti di quelle prima espletate.

Secondo il giudice a quo una normativa quale quella testé descritta prescinderebbe del tutto dalle particolari prerogative riconosciute all'invalido al momento del collocamento obbligatorio, in quanto risponde alla esigenza di mantenere il posto e di tutelare la salute di questi, "una volta che sia stato assunto beneficiando della disciplina della legge n. 482 del 1968".

Tale disciplina pare operare solo a favore di una particolare categoria di soggetti (quelli avviati obbligatoriamente al lavoro); ma tale conclusione urta contro l'art. 3 della Costituzione, in quanto ci si trova di fronte ad una disparità di trattamento di situazioni giuridiche identiche. Infatti sia nel caso dell'invalido assunto obbligatoriamente, sia in quello del lavoratore che per sopravvenuta menomazione non sia più idoneo a svolgere i suoi compiti, sarebbe "rilevante il fatto oggettivo della sopravvenuta incapacità fisica di svolgere le mansioni in atto", sicché la particolare tutela accordata solo all'invalido assunto ex lege n. 482 del 1968 sarebbe irrazionalmente limitativa.

La stessa esclusione, sempre secondo il giudice a quo, colfiderebbe altresì con gli altri parametri di cui agli artt. 4, primo comma, 32, primo comma, e 38, terzo comma, della Costituzione; di tale preteso contrasto il pretore non fornisce però motivazione specifica.

Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato. Nell'atto di intervento si afferma che il problema della rilevanza dell'art. 20 della legge 2 aprile 1968, n. 482, non sarebbe stato affrontato dal giudice a quo e si sostiene che tale rilevanza non sussisterebbe, in quanto, nella specie, è in contestazione un normale rapporto di lavoro che non può essere ricondotto in alcun modo alla normativa speciale prevista per gli invalidi che rientrano tra le categorie per cui è prevista l'assunzione obbligatoria; ne discenderebbe che la controversia non potrebbe essere risolta alla luce della ricordata normativa.

Nel merito, si osserva che i benefici della disciplina che regola il rapporto di lavoro instauratosi in seguito ad assunzione obbligatoria sono riconosciuti non a tutti gli invalidi, ma ai "minorati che, oltre ad altri requisiti, siano in possesso di un titolo che il legislatore, nella sua discrezionale valutazione, ha ritenuto di individuare nella causale determinante l'invalidità". In tali casi, l'assunzione obbligatoria è prevista nei confronti di datori di lavoro, pubblici o privati, singolarmente individuati in base a criteri e con l'adozione di formalità previste per legge.

È ben diverso il caso che il giudice a quo contrappone a quello testé descritto, in quanto manca sia l'accertamento preventivo dell'invalidità, sia l'individuazione del datore di lavoro soggetto all'obbligo dell'assunzione. Se è possibile procedere all'accertamento dell'invalidità nel corso del rapporto di lavoro, certo non è possibile ipotizzare l'individuazione a poste - riori del datore di lavoro obbligato all'assunzione; ben potrebbe darsi il caso che ci si trovi di fronte ad un soggetto non obbligato a tale incombente ex lege n. 482 del 1968, o che abbia già alle sue dipendenze la quota di invalidi imposta dalla legge. In ogni caso, non sarebbe possibile stabilire ex post se sia obbligato o meno ad assumere quel determinato invalido, non essendo stata a suo tempo seguita la speciale procedura di assunzione.

Nel ribadire che le due situazioni poste a confronto dal pretore sono diverse e che perciò la proposta questione di costituzionalità è infondata, si sottolinea che anche per i soggetti che si trovano nella situazione oggetto del giudizio a quo è prevista qualche forma di tutela, ravvisabile nelle disposizioni

Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato. Nell'atto di intervento si afferma che il problema della rilevanza dell'art. 20 della legge 2 aprile 1968, n. 482, non sarebbe stato affrontato dal giudice a quo e si sostiene che tale rilevanza non sussisterebbe, in quanto, nella specie, è in contestazione un normale rapporto di lavoro che non può essere ricondotto in alcun modo alla normativa speciale prevista per gli invalidi che rientrano tra le categorie per cui è prevista l'assunzione obbligatoria; ne discenderebbe che la controversia non potrebbe essere risolta alla luce della ricordata normativa.

Nel merito, si osserva che i benefici della disciplina che regola il rapporto di lavoro instauratosi in seguito ad assunzione obbligatoria sono riconosciuti non a tutti gli invalidi, ma ai "minorati che, oltre ad altri requisiti, siano in possesso di un titolo che il legislatore, nella sua discrezionale valutazione, ha ritenuto di individuare nella causale determinante l'invalidità". In tali casi, l'assunzione obbligatoria è prevista nei confronti di datori di lavoro, pubblici o privati, singolarmente individuati in base a criteri e con l'adozione di formalità previste per legge.

È ben diverso il caso che il giudice a quo contrappone a quello testé descritto, in quanto manca sia l'accertamento preventivo dell'invalidità, sia l'individuazione del datore di lavoro soggetto all'obbligo dell'assunzione. Se è possibile procedere all'accertamento dell'invalidità nel corso del rapporto di lavoro, certo non è possibile ipotizzare l'individuazione a posteriori del datore di lavoro obbligato all'assunzione; ben potrebbe darsi il caso che ci si trovi di fronte ad un soggetto non obbligato a tale incombente ex lege n. 482 del 1968, o che abbia già alle sue dipendenze la quota di invalidi imposta dalla legge. In ogni caso, non sarebbe possibile stabilire ex post se sia obbligato o meno ad assumere quel determinato invalido, non essendo stata a suo tempo seguita la speciale procedura di assunzione.

Nel ribadire che le due situazioni poste a confronto dal pretore sono diverse e che perciò la proposta questione di costituzionalità è infondata, si sottolinea che anche per i soggetti che si trovano nella situazione oggetto del giudizio a qua è prevista qualche forma di tutela, ravvisabile nelle disposizioni dell'art. 5 dello statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970), che demanda il provvedimento di licenziamento ad organi pubblici specializzati e, in definitiva, al controllo del giudice.

Considerato in diritto:

1. - L'art. 10 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private) stabilisce che i mutilati e invalidi considerati nella legge stessa "possono essere licenziati quando, a giudizio del Collegio medico di cui all'art. 20, sia accertata" la perdita di ogni capacità lavorativa o aggravamento di invalidità tale da determinare pregiudizio alla salute ed incolumità dei compagni di lavoro, nonché alla sicurezza degli impianti". L'art. 20 della stessa legge dà facoltà all'invalido o al datore di lavoro di "chiedere che sia accertato che la natura e il grado dell'invalidità non possa riuscire di pregiudizio alla salute o all'incolumità dei compagni di lavoro ed alla sicurezza degli impianti", con la conseguente esclusione del licenziamento.

L'accertamento delle dette condizioni è demandato ad un collegio medico secondo le ulteriori disposizioni del citato art. 20.

Giudicando sull'istanza di un dipendente assunto in via ordinaria, volta ad ottenere una declaratoria giudiziale di inefficacia e nullità del licenziamento - intimatogli ai sensi dell'art. 1 e seguenti della legge 15 luglio 1966, n. 604 sui licenziamenti individuali - per giusta causa consistente nella "perdita pressoché totale della capacità lavorativa del ricorrente, derivata da sopravvenuto aggravamento di una miopia congenita, di natura tale da poter determinare pregiudizio all'incolumità" del dipendente, dei compagni di lavoro e degli impianti, il giudice a qua sospetta di illegittimità costituzionale (per violazione degli artt. 3, 4, 32 e 38 della Costituzione) il citato art. 20 della legge n. 482 del 1968, nella parte in cui non prevede che anche il lavoratore assunto in via ordinaria e successivamente divenuto incapace di svolgere le sue mansioni, possa avvalersi della procedura prevista nell'art. 20 medesimo al fine di accertare l'inesistenza del pregiudizio alla salute e all'incolumità del dipendente e dei suoi compagni di lavoro ed alla sicurezza degli impianti e, quindi - deve intendersi - l'inesistenza della giusta causa di licenziamento.

2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, dubita della rilevanza della questione in quanto riferita all'art. 20 della legge n. 482 del 1968 anziché - trattandosi di un normale rapporto di lavoro estraneo alla normativa speciale sulle assunzioni obbligatorie - alla normativa sui licenziamenti individuali contenuta nella legge n. 604 del 1966. La Corte ritiene che l'eccezione può essere superata in quanto il giudice a quo denuncia un limite, a suo avviso ingiustificato, dell'art. 20 della legge n. 482 del 1968 che in ipotesi potrebbe essere eliminato estendendo la procedura ivi prevista a tutti i casi di licenziamento per invalidità sopravvenuta, anche se con discutibile scelta della sedes materiae.

3. - Ma la questione non è fondata.

Non lo è in relazione all'art. 3 perché, come giustamente osserva l'Avvocatura, ben diversa è la posizione dei lavoratori assunti in via ordinaria (il cui rapporto di lavoro è protetto dalla legge sui licenziamenti per giusta causa o per giustificato motivo) da quella dei lavoratori già minorati nella loro capacità lavorativa, assunti in virtù della legge n. 482 del 1968, sulle assunzioni obbligatorie.

In primo luogo, costoro possono aspirare all'assunzione non in ragione della sola minorazione, ma in quanto questa derivi da cause espressamente indicate nell'art. 1 della legge (e anzi all'assunzione obbligatoria le categorie descritte nell'art. 8 della legge n. 482 del 1968 hanno diritto indipendentemente da invalidità o minorazioni proprie).

In secondo luogo, la legge (art. 11) delimita la percentuale, rispetto al numero totale dei dipendenti, riservata alle assunzioni obbligatorie alle quali sono tenute le aziende private e gli enti pubblici. Nessuno dei datori di lavoro è obbligato ad assumere lavoratori minorati in numero superiore alla detta percentuale.

Pretendere, come fa il giudice a quo, che il lavoratore assunto in via ordinaria, fruisca, se diventa inabile, dello stesso trattamento privilegiato disposto dalla legge n. 482 del 1968, significa non soltanto allargare il beneficio che il legislatore accorda agli appartenenti a determinate categorie, ma anche imporre al datore di lavoro di avvalersi di dipendenti dalla ridotta capacità lavorativa che egli non era tenuto ad assumere e il cui mantenimento nel rapporto di lavoro o, superando la percentuale stabilita dalla legge, aggraverebbe l'obbligazione che la stessa legge pone a suo carico, oppure, coprendo posti riservati alla categoria ammessa a fruire dell'assunzione obbligatoria, escluderebbe dal beneficio altrettanti aventi diritto ad esso.

4. - Queste considerazioni, che valgono ad escludere la legittimità del richiamo al principio di eguaglianza, conducono pure a negare la pretesa violazione del diritto al lavoro che il giudice a quo, del resto, denuncia senza alcuna motivazione. La protezione del posto di lavoro da ingiustificati licenziamenti è in ogni caso assicurata dalle disposizioni della legge n. 604 del 1966, la quale stabilisce che "il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell'art. 2119 del codice civile o per giustificato motivo"(confr. in tal senso sent. n. 90/1984).

E quanto agli artt. 32 e 38, terzo comma, della Costituzione, pure indicati dal giudice a quo come altri parametri della questione sollevata, non soltanto la denunzia non è motivata nell'ordinanza, ma è difficile immaginare come tanto il diritto degli invalidi e minorati all'educazione ed all'avviamento professionale, quanto il diritto alla tutela della salute possano intendersi coinvolti nella questione proposta, una volta che nella specie non trattavasi di avviamento professionale e che la protezione della salute non imponeva, ma semmai sconsigliava, che si mantenesse al lavoro un dipendente in ipotesi esposto a pregiudizio alla sua incolumità.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 della legge 2 aprile 1968, n. 482, sollevata dal pretore di Bologna in riferimento agli artt. 3, 4, 32 e 38 della Costituzione con l'ordinanza di cui in epigrafe (n. 1 del reg. ord. 1977).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 maggio 1984.

F.to: ANTONINO DE STEFANO - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI - GIUSEPPE FERRARI - FRANCESCO SAJA - GIOVANNI CONSO - ETTORE GALLO - ALDO CORASANITI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere.