Sentenza n.52 del 1984

 

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SENTENZA N. 52

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma primo u.p., e 67 del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 (Testo unico delle leggi sulla Corte dei Conti), promosso con ordinanza emessa il 6 ottobre 1982 dalla Corte dei Conti - Sez. Riunite - nel giudizio promosso dal Procuratore Generale presso la Corte dei Conti avverso la decisione sui ricorsi riuniti proposti da Domingo Ignazio ed altri contro la Presidenza del Consiglio dei ministri ed altro, iscritta al n. 85 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 114 dell'anno 1983. Visti gli atti di costituzione dell'Associazione Nazionale Magistrati e Avvocati dello Stato a riposo, di Domingo Ignazio ed altri e dell'Associazione Magistrati ordinari in pensione nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Udito nell'udienza pubblica del 6 dicembre 1983 il Giudice relatore prof. Virgilio Andrioli;

uditi l'avv. Umberto Coronas per l'Associazione Nazionale Magistrati e Avvocati dello Stato a riposo e per Domingo Ignazio ed altri, gli avvocati Michelangelo Pascasio e Tommaso Palermo per l'Associazione Nazionale Magistrati ordinari e l'Avvocato generale dello Stato Renato Carafa per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.1. - Con istanze, prodotte rispettivamente il 27 giugno 1979, il 14 giugno 1979, il 15 giugno 1979 e ancora il 15 giugno 1979, il dott. 1gnazio Domingo, il dott. Giovanni Allavena, l'avv. Attilio Inglese e il dott. Arrigo Lanzara, rispettivamente consigliere della Corte dei Conti, consigliere di Stato, avvocato generale dello Stato e procuratore generale di Corte d'appello chiesero alle competenti amministrazioni la corresponsione della pensione "sulla base dei nuovi stipendi attribuiti ai magistrati con l. 2 aprile 1979 n. 97 anche in relazione al D.L. 29 maggio 1979 n. 163". Trascorso invano il termine di 120 giorni ed essendo rimasti privi di risposta gli atti di significazione e diffida, ciascuno dei richiedenti propose separato ricorso alla Corte dei Conti, che, con decisione 28 aprile - 12 maggio 1982 resa dalla Sezione III ordinaria (Pensioni civili) su difformi conclusioni del Procuratore Generale, 1) riunì per connessione i quattro ricorsi, 2) accolse la domanda con la quale si era chiesto che la pensione dei ricorrenti fosse riliquidata, a decorrere dal 1 gennaio 1979, sulla base della retribuzione spettante ai magistrati in attività di servizio ai sensi della l. 97/1979 e, a decorrere dal 1 luglio 1980, in virtù della l. 24 maggio 1951 n. 392 nella considerazione che detta disposizione assume il rango e l'efficacia di precetto di adeguamento permanente del trattamento economico dei magistrati a riposo alle retribuzioni di attività di servizio dei colleghi di pari anzianità e qualifica, secondo un rapporto immanente, costante e proporzionale di grandezze, 3) dichiarò non doversi applicare ai richiedenti predetti, a decorrere dal 1 gennaio 1979, la disciplina dettata dagli artt. 1, 2, 3 e 4 della l. 29 aprile 1976 n. 177, 4) dichiarò altresì che ai fini della determinazione del trattamento di quiescenza degli interessati doveva essere applicato l'art. 5 l. 177/1976, in coordinamento con quanto disposto dall'art. 9 l. 97/1979 e dall'art. 2 l. 27/1981, 5) respinse la pretesa relativa alla corresponsione degli interessi corrispettivi per quanto esposto in parte motiva, 6) compensò le spese.

1.2. - Su appello del Procuratore Generale le Sezioni Riunite della Corte dei Conti, con ordinanza resa il 6 ottobre 1982 (notificata e comunicata il 14 gennaio 1983; pubblicata nella G. U. n. 114 del 27 aprile 1983 e iscritta al n. 85 RO. 1983), nel contraddittorio dei quattro resistenti e di cinque intervenienti (Associazione dei Magistrati ordinari in pensione, avv. Pascasio Michelangelo, Macedonio Giovanna (titolare di pensione di riversibilità quale figlia inabile del defunto Vincenzo Macedonio, magistrato di Cassazione), avv. Tommaso Palermo e avv. Emanuele lezzi) hanno, in accoglimento di richiesta del Procuratore Generale, rimesso alla Corte Costituzionale gli atti perché venga risolta la questione di legittimità, in riferimento agli artt. 3' 111 e 125 Cost., degli artt. 3 comma primo ult. parte e 67 R.D. 12 luglio 1934 n. 1214, in quanto non prevedono per il processo pensionistico innanzi alla Corte dei Conti il doppio grado di giurisdizione ovvero il ricorso per violazione di legge alle Sezioni Riunite della Corte medesima avverso le decisioni rese in prima istanza dalle Sezioni giurisdizionali centrali e dalle istituite Sezioni regionali giurisdizionali della Corte stessa.

Constatata la rilevanza della questione per coinvolgere questa l'ammissibilità dell'appello del Procuratore Generale, le Sezioni Riunite - in contrasto con la precedente dec. 204/A del 20 aprile 1978, che l'aveva reputata manifestamente infondata sotto il profilo della mancata considerazione, a livello costituzionale, della garanzia del principio del doppio grado di giurisdizione - ne ha giustificato la rimessione alla Corte Costituzionale perché a) una vera e propria disuguaglianza di trattamento in situazioni soggettivamente ed oggettivamente identiche si rinverrebbe in ipotesi in cui dipendenti pubblici sono assistiti dall'INPS (art. 124 ss. D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092) e altri possono ricongiungere la propria posizione pensionistica presso l'INPS (l. 7 febbraio 1979 n. 29), e ne deriverebbe diversità di gradi di tutela giurisdizionale, b) a queste ipotesi si aggiungerebbe la posizione dei dipendenti dei Banchi di Napoli e di Sicilia rispetto a quella dei dipendenti degli altri istituti di credito di diritto pubblico per essere i primi, a differenza dei secondi, soggetti alla giurisdizione della Corte dei Conti (art. 11 All. T all'art. 39 l. 8 agosto 1895, n. 486), c) la violazione del principio di eguaglianza sarebbe evidenziata dalla sent. 69/1982 con la quale la Corte Costituzionale, seppure con riferimento alla materia della giurisdizione ordinaria, ha censurato la irrazionale limitazione dell'appellabilità di alcune sentenze; argomenti prospettati in riferimento all'art. 3 Cost..

Motivando poi anche in riferimento all'art. 111, secondo comma Cost. le Sezioni Riunite, sulla premessa assunta in alternativa con altra la quale eleva ad oggetto del giudizio pensionistico l'impugnativa di provvedimento amministrativo, che oggetto ne sia il diritto soggettivo a pensione, hanno considerato che la limitazione del ricorso per cassazione contro la decisione della Corte dei Conti ai soli motivi attinenti alla giurisdizione finirebbe con il confliggere con il principio emergente dal ripetuto art. 111, secondo comma, a tenor del quale il giudizio su diritti soggettivi perfetti e su sottostanti rapporti giuridici patrimoniali non potrebbe chiudersi con una sola sentenza non appellabile né impugnabile per violazione di legge.

Né, infine, hanno le Sezioni Riunite mancato di osservare che, assumendo ad oggetto del giudizio pensionistico la impugnazione d'atto amministrativo, dovrebbe tale giudizio farsi rientrare nella competenza esclusiva di una giurisdizione amministrativa, alla quale riuscirebbero applicabili i principi contenuti nell'art. 125 comma secondo, così come interpretati dalla Corte Cost. con le sentt. 62/1981 e 8/1982.

2.1. - Avanti la Corte si sono costituiti Domingo Ignazio, Inglese Attilio, Allavena Giovanni, Lehman Elsa (vedova di Lanzara Arrigo), rappresentati e assistiti dall'avv. Umberto Coronas giusta delega a margine dell'atto di costituzione e deduzioni depositato il 23 febbraio 1983, e gli avv.ti Michelangelo Pascasio, Emanuele Iezzi, Tommaso Palermo e l'Associazione dei Magistrati ordinari a riposo mediante atto depositato il 10 marzo 1983 in margine al quale l'Associazione e l'avv. Iezzi hanno conferito procura agli avv.ti Pascasio e Palermo.

Hanno spiegato intervento l'Associazione Nazionale dei Magistrati e degli Avvocati dello Stato a riposo, rappresentata e assistita dall'avv. Coronas giusta delega in margine all'atto di intervento e deduzioni datato 10 febbraio 1982, con il quale ha concluso per la dichiarazione di non fondatezza della proposta questione, e il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e assistito dall'Avvocatura generale dello Stato mediante atto depositato il 17 maggio 1983.

2.2. - Nell'atto depositato il 23 febbraio 1983, la difesa dei Domingo e altri tre ha concluso per la dichiarazione d'infondatezza della proposta questione argomentando da ciò che a) non sussiste la identità oggettiva e soggettiva di situazioni diversamente regolate dai legislatore perché diverse da quelle degli altri dipendenti pubblici con trattamento pensionistico a carico dello Stato sono le posizioni dei dipendenti pubblici assicurati dall'INPS e di quelli che possono ricongiungerle presso l'INPS ai sensi della l. 29/1979, b) né rileva la tutela giurisdizionale riservata ai dipendenti dei Banchi di Napoli e di Sicilia diversa rispetto a quella dei dipendenti degli altri enti pubblici economici perché la giurisdizione pensionistica della Corte dei Conti nei confronti dei primi e non dei secondi rientrerebbe nella sfera di un assetto di competenze giurisdizionali che la Costituzione ha inteso lasciare intatte (a sostegno sono richiamate le C. cost. 17/1965, 110/1970, 68/1971, 211/1972, 205/1974), c) non é accettabile la considerazione dell'oggetto del giudizio pensionistico a guisa di impugnazione di atto amministrativo, prospettata anche dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti in via ipotetica, e, pertanto, sarebbe fuori luogo l'assunzione a parametro dell'art. 125 comma secondo Cost., d) del pari infondato é il richiamo del comma secondo dell'art. 111 Cost. perché smentito dal comma terzo dello stesso art. 111.

2.3. - Nell'atto depositato il 10 maggio 1983 l'Associazione dei Magistrati ordinari a riposo e gli avv.ti Pascasio, Palermo e Iezzi hanno eccepito l'inammissibilità della questione vuoi perché sollevata da un organo che, come la Corte dei Conti in qualità di giudice d'appello in materia pensionistica, non potrebbe definirsi giurisdizionale vuoi perché l'appello del Procuratore Generale alle Sezioni Riunite della Corte dei Conti era stato proposto quando già la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Min. Giustizia avevano impugnato avanti la Corte di Cassazione la decisione della Sezione III ordinaria della Corte dei Conti per difetto di giurisdizione. In subordine ha la stessa difesa concluso per l'infondatezza della questione per ragioni nella sostanza concordanti con quelle svolte dalla difesa delle altre parti costituite e ha denunciato il "rattoppo" cui le Sezioni Riunite della Corte dei Conti avrebbero assoggettato il primitivo testo della ordinanza di rimessione del quale hanno annunciato il deposito presso questa Corte (fol. 6 dell'atto), che peraltro non hanno effettuato.

2.4. - Nell'atto depositato il 17 maggio 1983, l'Avvocatura generale dello Stato ha portato a conoscenza della Corte a) che contro l'ordinanza di rimessione la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Min. Giustizia, sotto la data del 10 giugno 1982, hanno proposto ricorso alla Corte di Cassazione deducendo sotto tre profili il difetto assoluto di giurisdizione della Corte dei Conti e chiedendo la cassazione senza rinvio del provvedimento impugnato, b) che contro la stessa ordinanza di rimessione il Domingo e gli altri tre, nonché "per quanto possa giovare" l'Associazione Nazionale dei Magistrati e degli Avvocati dello Stato a riposo, hanno proposto ricorso alla Corte di Cassazione chiedendone l'annullamento senza rinvio con atto 17 gennaio 1983, al quale hanno resistito il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministero della Giustizia, c) che contro la stessa ordinanza di rimessione hanno proposto ricorso per cassazione gli avv.ti Pascasio (anche quale Presidente dell'Associazione dei Magistrati ordinari in pensione), Palermo e Iezzi con atto 23 febbraio 1983, cui hanno resistito la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero della Giustizia, e d) che le Sezioni Unite della Cassazione, con ordinanza n. 346 del 2 maggio 1983 resa sul ricorso sub a) del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministero della Giustizia, hanno rinviato la causa a nuovo ruolo stimando opportuno attendere la decisione di questa Corte, la quale, se dichiarativa della fondatezza della questione di costituzionalità, renderebbe inutiliter data la sentenza che le Sezioni Unite andassero a pronunciare. Ciò premesso, l'Avvocatura erariale ha addotto a sostegno della conclusione di infondatezza della questione argomenti non diversi dagli altri esposti dalla difesa dei Domingo e altri tre, riassunti sub 2.2.

3. - Alla pubblica udienza del 6 dicembre 1983, nel corso della quale il giudice Andrioli ha svolto la relazione, l'avv. Coronas ha argomentato per la conclusione d'infondatezza; l'avv. Pascasio si é intrattenuto sulla inammissibilità dell'incidente e, in ordine al " rattoppo" cui le Sezioni Riunite della Corte dei Conti avrebbero assoggettato la ordinanza di rimessione, ha notiziato che il testo originario ne sarebbe stato depositato nella cancelleria della Corte di Cassazione: l'avv. Palermo ha esposto motivi a sostegno della conclusione d'infondatezza e ha fatto parola dei giudizi afferenti il trattamento pensionistico dei dipendenti dei Banchi di Napoli e di Sicilia; infine l'avv. dello Stato Carafa ha giustificato la mancata esibizione avanti la Corte di documenti menzionati nell'atto depositato il 17 maggio 1983, si é intrattenuto sul principio d'eguaglianza e sull'art. 111 Cost. e ha insistito in ciò che, superata l'eccezione d'inammissibilità, sia giudicata infondata la proposta questione.

Considerato in diritto

4. - Inammissibile é l'intervento in questa sede spiegato dall'Associazione Nazionale dei Magistrati e degli Avvocati dello Stato a riposo per non avere questa assunto la veste di parte avanti il giudice a quo.

5.1. - La difesa dell'Associazione dei Magistrati ordinari a riposo, nel corso della pubblica udienza del 6 dicembre 1983, ha dichiarato di aver depositato nella cancelleria della Corte di Cassazione il documento di cui si é fatto cenno (supra 2.3.): documento pertanto che più non est de hoc mundo. Né meritano accoglimento le eccezioni d'inammissibilità. prospettate dalla stessa difesa, perché la risoluzione, in senso affermativo, dell'incidente d'incostituzionalità é logicamente e processualmente preliminare all'esame della prima eccezione (qualità di organo giurisdizionale di appello delle Sezioni Riunite in subiecta materia), né la proposizione d'impugnazioni alla Corte di Cassazione avverso la ordinanza di rimessione esime questa Corte dal conoscere dell'incidente.

5.2. - La questione é infondata perché nessuna delle disposizioni della Costituzione assunte a parametro é violata. a) non l'art. 3 perché aa) diverse sono le posizioni dei dipendenti dello Stato che percepiscono trattamento pensionistico dallo Stato da quelle dei dipendenti pubblici assistiti dall'INPS e di altri che possono ricongiungere la propria posizione pensionistica presso l'INPS, ab) con sent. 1/1984 la Corte ha dichiarato, seppure limitatamente ai dipendenti del Banco di Napoli, illegittimo l'art. 11 All. T all'art. 39 l. 8 agosto 1895 n. 486, attributivo alla Corte dei Conti della cognizione delle controversie pensionistiche dei dipendenti dei Banchi meridionali per essere venuta meno l'identità di disciplina sostanziale tra costoro e i dipendenti statali che la giustificherebbe, ac) questa Corte, con sent. 69/1982, ha ribadito che non ha vigore costituzionale la garanzia del doppio grado di giurisdizione fuori dell'area segnata dall'art. 125 comma secondo Cost., b) non l'art. 111 comma secondo perché il compito di nomofilachia, assegnato alla Corte di Cassazione, in materia di diritti soggettivi incontra limite per le controversie assoggettate alla cognizione (del Consiglio di Stato e) della Corte dei Conti nel comma terzo dello stesso art. 111 che consente il ricorso in Cassazione contro le decisioni degli or menzionati giudici per i soli motivi inerenti alla giurisdizione, c) né infine l'art. 125 comma secondo perché la disposizione non può estendersi fuori dell'area dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato.

5.3. - Il dispositivo della sentenza che la Corte sta per pronunciare, non può estendersi alle sentenze rese in prima istanza dalle istituite Sezioni regionali giurisdizionali della Corte dei Conti perché oggetto dell'incidente sono le sole decisioni delle Sezioni giurisdizionali centrali della Corte.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione d'illegittimità costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 3, 111 comma secondo e 125 comma secondo Cost. - degli artt. 3 comma primo u.p. e 67 R.D. 12 luglio 1934 n. 1214 (T.u. delle leggi sulla Corte dei Conti) con ordinanza 6 ottobre 1982 della Corte dei Conti - Sezioni Riunite - in quanto non prevedono per il processo pensionistico innanzi alla Corte dei Conti il doppio grado di giurisdizione ovvero il ricorso per violazione di legge alle Sezioni Riunite della Corte medesima avverso le decisioni rese in prima istanza dalle Sezioni giurisdizionali centrali della Corte stessa.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 febbraio 1984.

 

 Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE  -Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  -Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 7 marzo 1984.