Ordinanza n. 336 del 1983

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ORDINANZA N. 336

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

          Prof. Virgilio ANDRIOLI  

          Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 14 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell'INVIM) promosso con ordinanza emessa il 19 giugno 1978 dalla Commissione tributaria di primo grado di Nuoro sul ricorso proposto dall'Istituto Nazionale delle Assicurazioni iscritta al n. 467 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 del 1981;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'11 ottobre 1983 il Giudice relatore Antonio La Pergola.

Ritenuto che la Commissione tributaria di primo grado di Nuoro - con ordinanza emessa, su ricorso proposto dall'INA, il 19 giugno 1978 e pervenuta alla Corte il 12 giugno 1981 - ha censurato come costituzionalmente illegittimi gli artt. 6 e 14 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643; che detta Commissione deduce la rilevanza della questione così prospettata, in quanto il giudizio di cui essa é investita non può essere definito indipendentemente dalla pronunzia rimessa a questa Corte; e nel merito assume che il vizio delle disposizioni denunziate derivi dall'avere il legislatore assoggettato a tassazione "un utile monetariamente apparente, corrispondendo la differenza fra valore iniziale e valore finale, in tutto o in parte, alla diminuzione del valore della moneta";

che le norme di legge investite dall'ordinanza in esame concernono rispettivamente l'imponibile (art. 6) e le detrazioni (art. 14) con riferimento all'imposta comunale sull'incremento del valore degli immobili;

che nel presente giudizio si é costituito, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri;

che l'Avvocatura osserva come, successivamente all'emissione dell'ordinanza di rinvio, siano intervenute la sentenza n. 126/1979 di questa Corte e le disposizioni adottate con il d.l.12 novembre 1979, n. 571: la suddetta pronuncia ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 4, 6, 7, 15 e 16 del d.P.R. n. 643 del 1972, mentre ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 14 dello stesso decreto (nonché dell'art. 8 della legge 16 dicembre 1977, n. 904), nella parte in cui il regime del calcolo del valore imponibile netto determina - in relazione al periodo in cui l'incremento si é formato - ingiustificate disparità di trattamento fra i soggetti passivi del tributo; il d.l. n. 571/1979, applicabile anche ai rapporti precedenti e non ancora definiti, ha abrogato l'art. 14 del d.P.R. n. 643/1972 e successive modificazioni (art. 8 legge n. 904/1977) ed introdotto, in sostituzione dell'art. 15 dello stesso decreto, nuovi criteri in base ai quali l'incremento tassabile va calcolato in rapporto all'arco temporale della sua maturazione;

che l'Avvocatura dello Stato chiede quindi che la questione avente per oggetto l'art. 6 del d.P.R. n. 643/72 sia dichiarata infondata, in conformità di quanto questa Corte ha statuito, con la sentenza n. 126/1979, in ordine alla pretesa violazione degli artt. 3 e 53 Cost.; mentre la questione relativa all'art. 14 dello stesso decreto e dell'art. 8 della legge n. 904 del 1977 non avrebbe più ragione d'essere, in seguito all'abrogazione retroattiva delle disposizioni censurate.

Considerato che, come rileva l'Avvocatura, é stata in altra decisione dichiarata l'infondatezza della questione di legittimità concernente l'art. 6 del d.P.R. n. 643/72, in riferimento a vari parametri, ivi inclusi gli artt. 3 e 53 Cost.; che, sebbene la questione sia nel presente giudizio posta senza espresso riferimento a norme di raffronto costituzionali, essa può tuttavia ritenersi ammissibile, risultando dalla parte motiva dell'ordinanza che si vuole in sostanza prospettare la lesione dell'art. 53 Cost.; che, d'altra parte, la Corte non ravvisa ragioni per discostarsi nel merito dalla soluzione in precedenza adottata;

considerato, infine, che le più recenti norme contenute nell'art. 1 del d.l. n. 571/79 e nella relativa legge di conversione (12 gennaio 1980, n. 2), hanno abrogato il censurato art. 14 del d.P.R. n. 643 del 1972 e dettato una nuova disciplina delle aliquote, in sostituzione dell'art. 15 dello stesso decreto, con gli effetti temporali ivi configurati, e che si rende in conseguenza necessaria la restituzione degli atti al giudice a quo perché valuti, alla stregua della normativa sopravvenuta, la rilevanza della proposta questione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al giudice a quo.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 novembre 1983.

Leopoldo ELIA - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 17 novembre 1983.