Sentenza n. 324 del 1983

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SENTENZA N. 324

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

          Prof. Virgilio ANDRIOLI  

          Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 62, comm; primo e terzo del r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537 (approvazione del regolamento per la professione di ingegnere e di architetto) promosso con ordinanza emessa il 31 luglio 1979 dal Pretore di Mirandola nel procedimento penale a carico di Cavalieri Giacinto ed altro iscritta al n. 717 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 345 del 1979;

visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito, nella pubblica udienza del 26 aprile 1983, il Giudice relatore Alberto Malagugini;

uditi gli avvocati dello Stato Vito Cavalli e Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un procedimento penale a carico di persone imputate del reato di cui all'art. 328 c.p. per aver omesso di denunciare alle competenti autorità la situazione di incompatibilità in cui versava l'ing. Ferraresi Martino per essere contemporaneamente dipendente dell'ente pubblico (Azienda intercomunale Municipalizzata Acqua e Gas) cui esse erano preposte ed iscritto all'albo professionale della propria categoria, il Pretore di Mirandola, con ordinanza del 31 luglio 1979 (r.o. 717/79), sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 62, primo e terzo comma, del r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537 (recante "Approvazione del regolamento per la professione di ingegnere e di architetto"), assumendone il contrasto con gli artt. 3, primo comma e 98 Cost.

Il citato art. 62, nei suoi primi tre commi, recita testualmente: "Gli ingegneri ed architetti che siano impiegati di una pubblica amministrazione dello Stato, delle provincie o dei comuni, e che si trovino iscritti nell'albo degli ingegneri e degli architetti, sono soggetti alla disciplina dell'ordine per quanto riguarda l'eventuale esercizio della libera professione.

I predetti ingegneri ed architetti non possono esercitare la libera professione ove sussista alcuna incompatibilità preveduta da leggi, regolamenti generali o speciali, ovvero da capitolati.

Per l'esercizio della libera professione é in ogni caso necessaria espressa autorizzazione dei capi gerarchici nei modi stabiliti dagli ordinamenti dell'amministrazione da cui il funzionario dipende".

Ad avviso del Pretore di Mirandola, il suddetto primo comma "sembra presupporre il riconoscimento in favore degli ingegneri ed architetti che siano impiegati di una pubblica Amministrazione del diritto di iscrizione all'Albo Professionale e di esercizio della libera professione". Tale esercizio professionale appare poi, alla stregua del secondo comma, configurato come diritto soggettivo, per la cui attuazione l'iscrizione all'albo é presupposto e condicio iuris, e di ciò vi é conferma nel terzo comma, ove il provvedimento di autorizzazione all'esercizio della libera professione assume valore meramente ricognitivo di un diritto presupposto.

Ciò premesso il Pretore assumeva che il riconoscimento, da parte delle disposizioni impugnate, del diritto di iscrizione all'Albo in presenza di un rapporto di dipendenza dalla P.A. darebbe luogo ad una disparità di trattamento in favore di ingegneri ed architetti, rispetto ad altre categorie "i cui ordinamenti sanciscono come principio fondamentale il divieto di iscrizione all'albo per i dipendenti dello Stato, delle Province, delle Regioni e dei Comuni (es.: Avvocati e Procuratori: art. 3 r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578; Geometri: citato art. 7 r.d. 11 febbraio 1929 n. 274)". Tale diritto, in quanto presupposto di una potenziale attività di libera professione (ancorché condizionata all'autorizzazione dei capi gerarchici), sarebbe inoltre in contrasto con l'art. 98 Cost., giacché al principio in forza del quale, "senza alcuna eccezione", il pubblico impiegato é al servizio esclusivo della nazione dovrebbe conseguire che egli debba "riservare all'Amministrazione Pubblica la propria intera energia e capacità di lavoro".

La predetta ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, veniva pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 345 del 19 dicembre 1979.

2. - Intervenendo nel giudizio così instaurato, l'Avvocatura dello Stato eccepiva preliminarmente l'inammissibilità della questione assumendo che il r.d. n. 2537/1925 é un mero regolamento di esecuzione della legge 24 giugno 1923, n. 1395 e non é perciò suscettibile di sindacato di costituzionalità, che può concernere solo le leggi e gli atti aventi forza di legge (art. 134 Cost.).

Ad avviso dell'Avvocatura, la questione é comunque infondata. Premesso che, "a quanto sembra risultare dal tenore dell'ordinanza", la disparità di trattamento lamentata attiene non già all'esercizio della professione di ingegnere da parte del dipendente comunale, bensì alla sua iscrizione all'albo, l'Avvocatura osservava che la previsione che consente tale iscrizione si giustifica col fatto che - a differenza di quanto accade per altre professioni intellettuali (es. laureati in legge) - essa é necessariamente richiesta ai fini dell'espletamento delle mansioni istituzionali da parte degli ingegneri che siano dipendenti della P.A.; tant'é che se altrettanto accade in altri casi (come ad es. per i professori universitari) la compatibilità tra impiego e iscrizione all'albo risorge (v. art. 3, a), r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578).

Dalla distinzione tra iscrizione (permessa) ed esercizio della professione (di regola vietato) deriva inoltre che la norma impugnata non influisce sull'esclusività del servizio dell'ingegnere dipendente. E d'altra parte, secondo l'Avvocatura, l'art. 98 Cost., non ha attinenza col dovere di non sottrarre energie alla P.A., essendo tale disposizione intesa solo ad impedire "che l'attività dei pubblici impiegati possa essere influenzata dalle loro convinzioni politiche o dall'adesione ad un partito".

Considerato in diritto

La questione di legittimità costituzionale dell'art. 62, primo e terzo comma, del r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537 deve essere dichiarata inammissibile, in quanto detto decreto va qualificato come atto non avente forza di legge, e non é perciò suscettibile di sindacato di costituzionalità ai sensi dell'art. 134 Cost.

Invero il r.d. n. 2537 citato, con il quale é stato approvato il "regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto", fu emanato a per l'attuazione e per il coordinamento della legge 24 giugno 1923, n. 1395" (concernente la "Tutela del titolo e dell'esercizio professionale degli ingegneri e degli architetti"): legge che all'art. 7, prevedeva appunto che tali norme (di "attuazione" e "coordinamento") sarebbero state emanate "con regolamento".

Oltre che dagli elementi testuali ora indicati - denominazione ed oggetto - la natura regolamentare dell'atto in questione, risulta poi dalle forme della sua emanazione, essendo esso stato adottato con decreto reale, registrato alla Corte dei Conti ed emesso sentito il parere del Consiglio di Stato, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri interessati: forme, queste, che sono appunto quelle proprie dei regolamenti di esecuzione, giusta il disposto dell'art. 1 n. 1 della legge 31 gennaio 1928, n. 100.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 62, primo e terzo comma, del r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537 sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma e 98 Cost. dal Pretore di Mirandola con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 novembre 1983.

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 17 novembre 1983.