Sentenza n. 276 del 1983

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SENTENZA N. 276

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Antonino DE STEFANO, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

          Prof. Virgilio ANDRIOLI  

          Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Sardegna, notificato il 6 febbraio 1976, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 16 successivo, iscritto al n. 4 del registro ricorsi 1976, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del provvedimento del Ministro dei lavori pubblici del 4 dicembre 1975, n. 4713, relativo alla determinazione dei porti per individuare le competenze da trasferire alla Regione Sardegna in materia di opere marittime.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 maggio 1983 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari;

uditi l'avv. Paolo Mercuri, delegato dell'avv. Giuseppe Guarino, per la Regione Sardegna e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Lo Statuto speciale della Regione Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, elenca all'art. 3 le materie nelle quali la regione, "col rispetto... degli interessi nazionali" - oltre che "degli obblighi internazionali... e delle norme fondamentali delle riforme economicosociali della Repubblica", nonché, ovviamente, "in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato" - , ha potestà legislativa primaria e, quindi, anche amministrativa. Fra tali materie risultano compresi, alla lettera e), "lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione".

Il regio decreto 2 aprile 1885, n. 3095 (approvazione del testo unico della legge 16 luglio 1884, n. 2518, con le disposizioni del titolo IV, porti, spiagge e fari della preesistente 20 marzo 1865, n. 2248, sui lavori pubblici), nell'intento di dettare criteri oggettivi per la classificazione dei porti, distingue questi in due categorie, suddividendo la seconda in quattro classi. All'uopo, l'art. 1 dispone, al primo comma, che "alla prima categoria appartengono i porti e le spiagge che interessano la sicurezza della navigazione generale, e servono unicamente o precipuamente a rifugio, o alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato", ed al secondo comma, che "della seconda categoria fanno parte i porti e gli approdi che servono precipuamente al commercio ed abbiano requisiti dell'articolo seguente". A sua volta, l'art. 2, tenendo comunque conto del tonnellaggio delle merci imbarcate e sbarcate, assegna: alla prima classe, porti "situati a capo di grandi linee di comunicazione", ed il cui movimento commerciale giovi "ad estesa parte del Regno", per cui sono da considerarsi "d'interesse generale dello Stato"; alla seconda classe, quelli, il cui movimento commerciale "interessa soltanto ad una o ad alcune Province"; alla terza, quelli, "l'utilità dei quali si estende soltanto ad una parte notevole di una Provincia"; alla quarta infine, "tutti gli altri porti, seni, golfi e spiagge, tanto del continente, quanto delle isole, non assegnati alle tre classi precedenti". A sensi, poi, dell'art. 3, primo comma, come modificato dall'art. 15 del d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1534 (decentramento dei servizi del Ministero dei lavori pubblici), "alla classifica delle opere marittime si provvede mediante decreto del Ministro per i lavori pubblici, di concerto con il Ministro per il tesoro e gli altri Ministri interessati, sentiti i pareri del Consiglio superiore dei lavori pubblici e del Consiglio superiore della marina mercantile, nonché dei Consigli delle Province e dei Comuni interessati", mentre il "regolamento per la esecuzione della legge 2 aprile 1885, n. 3095 sui porti, spiagge e fari" (r.d. 26 settembre 1904, n. 713) stabilisce che "le attribuzioni e l'ingerenza devolute al Ministero dei lavori pubblici sulla esecuzione delle opere marittime sono subordinate a preventivi concerti... col Ministro della marina..." (art. 1).

2. - L'attribuzione della materia di cui all'art. 3, lettera e) dello Statuto alla competenza della regione Sardegna ha originato il problema di individuare i porti, in ordine ai quali spetta alla regione di eseguire le prescritte opere marittime.

Per risolvere il problema, venne tenuto in Cagliari, il 26 novembre 1975, un incontro a livello tecnico fra Stato e regione, che peraltro non sortì esito positivo. Pochi giorni dopo, e precisamente il 4 dicembre, il Ministero dei lavori pubblici inviò alla regione sarda una nota, con la quale, premesso che é "preminente, ai fini dell'individuazione delle competenze trasferite in materia di opere marittime (art. 2, lettera d), del d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480) la classifica dei porti risultante da formali provvedimenti amministrativi"; che il sopravvenuto mutamento dei presupposti di fatto "non può avere alcun valore in mancanza di un nuovo provvedimento di riclassificazione"; che, in ogni caso, la riclassificazione spetta al Ministero dei lavori pubblici, di concerto con quello della marina mercantile, indicava nominati i porti su cui permaneva la competenza statale, riducendo a 7 quelli di esclusiva competenza regionale, e concludeva con l'invito all'ufficio del genio civile "a procedere all'appalto dei servizi di pulitura dei porti di competenza statale..., nonché di competenza promiscua".

3. - Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per conflitto di attribuzioni la regione Sardegna, la cui difesa poggia preliminarmente e fondamentalmente sulle "nuove norme di attuazione dello Statuto speciale della regione autonoma della Sardegna (d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480), dalle quali trae argomento per formulare il primo motivo del ricorso.

L'art. 2, infatti, - così la difesa imposta la questione - , ricalcando l'art. 9 delle precedenti norme di attuazione (d.P.R. 19 maggio 1950, n. 327), afferma che sono di preminente interesse statale la "costruzione e manutenzione di porti di prima e seconda categoria, prima classe". Facendo, poi, rinvio all'art. 2 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, sul trasferimento alle regioni a statuto ordinario di funzioni amministrative statali, ribadisce che queste sono trasferite alle regioni, nella materia "lavori pubblici di interesse regionale", quando si tratti di "opere concernenti i porti di seconda categoria dalla seconda classe in poi". Sulla base di tale normativa, la regione sostiene: in primo luogo, che, in relazione all'art. 3, lettera e), dello Statuto sardo, la ripartizione della competenza in materia fra Stato e regione é stata già operata dalla legge; in secondo luogo, e conseguentemente, che non é necessario il tramite di un atto amministrativo; in terzo luogo, che questo ha valore meramente ricognitivo; da ultimo, che in ogni caso la riclassificazione non può essere compiuta unilateralmente dallo Stato, il quale altrimenti potrebbe, con comportamento omissivo o dilatorio, "vanificare un'attribuzione costituzionalmente conferita alla regione".

Ma i suddetti porti - ed é questo il secondo motivo del ricorso - "devono considerarsi trasferiti alla regione, almeno per quanto concerne le opere non finalizzate al rifugio". Ciò é da ritenersi, sia per i porti suscettibili di duplice classificazione (porto rifugio e porto commerciale), sia per quelli che non sono stati inquadrati nella seconda o terza classe della seconda categoria, i quali, "per la sola circostanza di non essere stati diversamente classificati, appartengono alla quarta classe..., senza necessità di provvedimenti formali di classificazione".

Si sostiene infine che, in materia di opere portuali, "vi sia pieno trasferimento... della competenza alla regione" relativamente a quei porti, "ove la funzione di rifugio é nettamente superata dalla funzione commerciale".

4. - L'Avvocatura dello Stato, costituitasi nel giudizio, ha contestato i suesposti motivi, osservando che: il trasferimento delle competenze amministrative alla regione nella materia in discorso é stato disposto mediante una specie di rinvio formale alla normativa disciplinante le classificazioni, prescindendo perciò dai requisiti e presupposti di fatto, che a quelle classificazioni portarono; non mancano i mezzi giuridici, ove lo Stato rifiuti l'emanazione dei nuovi provvedimenti di classificazione; l'affermazione che un porto classificato di prima categoria ha i requisiti per essere classificato anche nella seconda categoria "può solo indurre alla emanazione d'un nuovo provvedimento di classificazione"; se un porto é inquadrato nella prima e nella seconda categoria, allora, poiché i relativi lavori non possono considerarsi di "esclusivo" interesse della regione, tutte le competenze rimangono allo Stato.

Nella memoria presentata in vista dell'udienza, la difesa della regione ha replicato agli argomenti avversi. Ha lamentato anzitutto che la nota impugnata abbia fatto riferimento, non già ai criteri oggettivi di classificazione, bensì ad atti amministrativi adottati unilateralmente e non più congruenti, per la loro vetustà, con la realtà attuale. Ha poi ribadito che, quando risulti preminente la funzione commerciale, non può sottrarsi alla regione la competenza sui porti, e che, in tali casi, la mancanza di un provvedimento formale comporta l'assegnazione de jure di quei porti alla quarta classe della seconda categoria. Da ultimo, illustrando più ampiamente i motivi già svolti nel ricorso, ha rilevato che l'esigenza di una "intesa", come l'inderogabilità delle procedure paritetiche "al fine del rispetto delle autonomie regionali", si trovano affermate, sia nelle già menzionate norme di attuazione dello Statuto sardo (art. 7), sia in una pronuncia di questa Corte (sent. n. 180/76).

Considerato in diritto

1. - Il ricorso é infondato.

Le norme che, con innegabile univocità, stabiliscono, per un verso, la devoluzione, dallo Stato alle regioni, in materia di lavori pubblici di interesse regionale, delle funzioni amministrative relativamente alle opere concernenti i porti di seconda categoria dalla seconda classe in poi, e, per altro verso, la conservazione allo Stato, perché di suo preminente interesse, delle funzioni in tema di costruzione e manutenzione di porti di prima e seconda categoria, prima classe, postulano, con tutta evidenza, l'emanazione di ulteriori atti, che a quelle norme diano concreta esecuzione, indicando singolarmente  l'appartenenza dei vari porti all'una o all'altra categoria, all'una o all'altra classe della seconda categoria. Ciò é asserito espressamente dall'Avvocatura dello Stato, quando afferma doversi "provvedere all'effettivo trasferimento alla regione sarda delle funzioni amministrative" nella materia de qua, e risulta, in fondo, riconosciuto anche dalla difesa della regione, quando a sua volta afferma che per "stabilire concretamente quali in effetti siano i porti sui quali si estende la competenza della regione, venne indetta una riunione tra rappresentanti dello Stato e della regione".

La constatazione testé fatta rende implausibile l'assunto, secondo cui, per quanto riguarda la spettanza dell'esercizio delle funzioni amministrative sui singoli porti, la "ripartizione... discende direttamente dalla legge e non abbisogna del tramite di un atto amministrativo".

La legge (r.d. 3095/1885) - e non importa, essendo ancora vigente, che appartenga ad una stagione normativa superata - detta i criteri cui l'organo di esecuzione deve attenersi per classificare i porti; tali sono, a titolo esemplificativo, la collocazione "a capo di grandi linee di comunicazione", il volume del movimento commerciale, secondo che giovi "ad estesa parte del regno ed al traffico internazionale terrestre", ovvero "soltanto ad una o ad alcune Province" ovvero ancora "ad una parte notevole di una Provincia", la "quantità delle merci imbarcate o sbarcate", etc. Ora, la ricorrente chiede a questa Corte di "dichiarare la competenza della regione Sardegna in merito alle opere portuali dei porti sardi, che, pur inquadrati formalmente soltanto o anche nella prima categoria, svolgano una funzione prevalentemente commerciale". In effetti, essa chiede a questa Corte di dirimere un conflitto di attribuzione, adottando, in relazione all'art. 3, lettera e), dello Statuto speciale della Sardegna, il quale riserva alla competenza regionale le "opere pubbliche di esclusivo interesse regionale", un provvedimento che tenga luogo delle classificazioni fatte in base a criteri contenuti in una legge, ancora in vigore, benché vetusta, e peraltro neppure denunciata per sospetta illegittimità costituzionale. Pertanto tale domanda non può trovare accoglimento, restando così assorbiti gli altri motivi dedotti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta alla regione Sardegna la competenza in merito alle opere portuali dei porti sardi di prima categoria, che svolgano una funzione prevalentemente commerciale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 settembre 1983.

Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 21 settembre 1983.