Sentenza n. 266 del 1983

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SENTENZA N. 266

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 12 novembre 1976, n. 751 (Norme per la determinazione e riscossione delle imposte sui redditi dei coniugi per gli anni 1974 e precedenti e altre disposizioni in materia tributaria) promosso con ordinanza emessa il 7 ottobre 1977 dalla Commissione tributaria di primo grado di Bergamo sul ricorso proposto da Gualandris Giovanni iscritta al n. 48 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 94 del 1978;

visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1983 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci.

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento - promosso da Gualandris Giovanni al fine di ottenere la nuova liquidazione dell'imposta IRPEF sui redditi dell'anno 1974 con l'imputazione del reddito dei figli minori ai due genitori in parti eguali - la Commissione tributaria di primo grado di Bergamo, con ordinanza 7 ottobre 1977, ha sollevato, di ufficio, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 legge 12 novembre 1976, n. 751, nella parte in cui subordina la imputabilità dei redditi dei figli minori per metà a ciascuno dei genitori alla condizione che entrambi i genitori possiedano redditi tassabili.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 5 aprile 1978.

Nel giudizio davanti a questa Corte non si é costituita la parte privata.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato Generale dello Stato, con atto depositato il 24 aprile 1978, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.

Considerato in diritto

La Commissione tributaria di primo grado di Bergamo ha sollevato, di ufficio - in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 legge 12 novembre 1976, n. 751 (norme per la determinazione e riscossione delle imposte dirette sui redditi dei coniugi per gli anni l974 e precedenti ed altre disposizioni in materia tributaria) nella parte in cui subordina l'imputabilità dei redditi dei figli minori per metà a ciascuno dei genitori a condizione che i genitori siano entrambi titolari di reddito proprio. Tale norma, ad avviso del giudice "a quo", sarebbe in contrasto con i principi di eguaglianza e di proporzionalità della imposizione alla capacità contributiva, sanciti dai citati artt. 3 e 53 della Costituzione, perché, nei casi in cui, come nella specie, sussistono redditi imponibili di un solo genitore e del figlio, il genitore é sottoposto al cumulo dei due redditi, con la conseguente applicazione della maggior aliquota corrispondente a tale cumulo, mentre nelle altre famiglie, nelle quali anche la moglie ha un reddito, sia pure minimo, i redditi dei figli si cumulano per metà con il reddito di ciascuno dei genitori, che viene, quindi, assoggettato ad una inferiore aliquota di imposta.

La questione non é fondata.

La legge 12 novembre 1976, n. 751 - come é precisato nella relazione ministeriale al relativo disegno di legge - é diretta a regolare, con la necessaria urgenza, gli effetti della sentenza 15 luglio 1976, n. 179, con la quale questa Corte ha dichiarato illegittime alcune norme del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645; della legge 9 ottobre 1971, n. 825; dei decreti presidenziali 26 ottobre 1972, n. 636, e 29 settembre 1973, n. 597 e n. 600, nella parte in cui, ai fini dell'applicazione della imposta complementare e della imposta sul reddito delle persone fisiche, prevedevano il concorso dei redditi della moglie, non legalmente ed effettivamente separata, con quelli del marito e l'imputazione del reddito complessivo a quest'ultimo, quale unico soggetto passivo di imposta, ponendo a carico del medesimo tutti gli obblighi ed oneri conseguenti.

La legge in esame - avente carattere temporaneo perché concernente solo le imposte per l'anno 1974 e quelle precedenti - contiene, quindi, la disciplina dei rapporti tributari dei quali ciascuno dei coniugi é soggetto in quanto titolare di reddito proprio.

La citata sentenza (n. 179/1976) di questa Corte non ha messo in discussione l'imputazione del reddito dei figli minori al reddito del solo padre, prevista dall'art. 4, lett. b, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597. Tuttavia il legislatore - come é precisato nella menzionata relazione ministeriale - tenuto anche conto della nuova disciplina dei rapporti familiari, ha introdotto nell'art. 3, comma primo, della stessa legge n. 751 del 1976, la norma, ora impugnata, la quale prescrive che i redditi e gli oneri deducibili dei figli minori si imputano, in parti uguali, al reddito complessivo di ciascuno dei coniugi.

Tale scelta del legislatore non é censurabile in sede di legittimità costituzionale perché trova razionale giustificazione nel proposito di non conferire soggettività tributaria al coniuge privo di reddito solo per effetto della sussistenza di reddito proprio dei figli minori.

Come questa Corte ha già affermato con la menzionata sentenza n. 179 del 1976 e ribadito con la sentenza n. 76 del 1983, é il legislatore che deve apprestare adeguati sistemi ai possibili effetti distorsivi del sistema di tassazione separata del reddito dei coniugi, operando le più convenienti scelte normative nell'ambito del suo potere discrezionale, il cui esercizio si sottrae al sindacato di legittimità costituzionale tutte le volte che non sconfini nell'irrazionalità o nell'arbitrio. In tal senso é già intervenuta la legge 13 aprile 1977, n. 114 (modificazioni alla disciplina del reddito delle persone fisiche) peraltro non applicabile alla fattispecie in esame perché la relativa normativa disciplina la dichiarazione dei redditi dopo tale data: la quale, tra l'altro, con l'art. 4 ha sostituito la norma contenuta nella lettera b) dell'art. 4 menzionato d.P.R. n. 597 del 1973 e stabilito che i redditi dei figli minori sono imputati per metà del loro ammontare a ciascuno dei coniugi, senza richiedere la titolarità di redditi propri da parte di ognuno di essi.

Ma ciò non toglie che la scelta operata dal legislatore, con la norma impugnata, nell'esercizio del suo potere discrezionale al fine di dettare la più immediata disciplina dei rapporti tributari dopo la sentenza n. 179 del 1976 di questa Corte, sia sorretta da razionali giustificazioni: il che esclude la sussistenza delle denunciate violazioni degli artt. 3 e 53 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 legge 12 novembre 1976, n. 751 (norme per la determinazione e riscossione delle imposte sui redditi dei coniugi per gli anni 1974 e precedenti e altre disposizioni in materia tributaria) proposta dalla Commissione Tributaria di primo grado di Bergamo, con la ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 settembre 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 20 settembre 1983.