Sentenza n. 263 del 1983

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SENTENZA N. 263

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 228, comma terzo, r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), promosso con ordinanza emessa il 19 maggio 1976 dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sul ricorso proposto da Masuelli Francesco ed altri, iscritta al n. 762 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51 del 1977; visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella pubblica udienza del 12 aprile 1983 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

udito l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso 27 gennaio 1975 al Tribunale Regionale Amministrativo per il Piemonte Masuelli Francesco, Rossi Pietro, Quadrelli Giovanni, Ricci Bruna, Zanassi Mario, dipendenti del Comune di Tortona, impugnarono il provvedimento 12 novembre 1974, con il quale il Comitato Regionale di controllo sugli atti dei Comuni aveva annullato la delibera 12 ottobre 1974 del Consiglio Comunale di Tortona perché tale delibera aveva riconosciuto, agli effetti della carriera e del trattamento economico, il servizio prestato dagli istanti presso altre Amministrazioni, nonostante il divieto contenuto nel comma terzo dell'art. 228 r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale).

Il TAR del Piemonte, con ordinanza 19 maggio 1976, ritenne rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - la questione, sollevata dai ricorrenti, concernente la legittimità costituzionale del citato art. 228, comma terzo, Testo unico della legge comunale e provinciale.

L'ordinanza fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 23 febbraio 1977.

Nel giudizio davanti a questa Corte non si é costituita la parte privata.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato Generale dello Stato, con atto depositato il 14 marzo 1977, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.

Considerato in diritto

L'art. 228, comma terzo, r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale) prescrive, nella parte prima, che il servizio prestato dagli impiegati e salariati dei Comuni e delle Province presso altre amministrazioni non può essere riconosciuto in loro favore agli effetti della anzianità e degli aumenti periodici di stipendio. Tale norma, ad avviso del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione perché determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra impiegati e salariati dei Comuni e delle Province, da una parte, e, dall'altra, il personale ospedaliero - per il quale il servizio precedentemente prestato in altro ospedale o in altri enti locali é valutato per intero ai fini degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza, a norma dell'art. 34 d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130 (Stato giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri) - nonché gli ufficiali sanitari, i medici ed i veterinari condotti, le ostetriche condotte, ai quali gli artt. 41 e 42 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 (Testo unico delle leggi sanitarie) - come sostituiti dagli artt. 1 e 3 legge 15 febbraio 1963, n. 151 - riconoscono, a tutti gli effetti di carriera ed economici, il servizio prestato presso altri enti locali.

Di questa disparità di trattamento non sarebbe possibile, secondo il giudice "a quo", individuare una ragionevole giustificazione specialmente per quanto concerne gli ufficiali sanitari, i medici ed i veterinari condotti e le ostetriche condotte perché queste sono le uniche categorie di dipendenti comunali non sottoposti alla limitazione prevista dalla norma impugnata.

La questione non é fondata.

Non esiste la disparità di trattamento che viene denunciata perché le situazioni, poste a confronto dal giudice "a quo", non sono omogenee e, quindi, non é configurabile la violazione del principio di eguaglianza.

Invero il personale ospedaliero, gli ufficiali sanitari, i medici ed i veterinari condotti, le ostetriche condotte, già dipendenti di altri enti locali, continuano a svolgere nel nuovo ospedale o nel nuovo Comune, ove sono stati destinati, la medesima attività sanitaria esplicata negli enti o Comuni dai quali provengono. Questa prosecuzione della medesima attività sanitaria comporta logicamente la unificazione dei servizi sanitari prestati presso enti diversi, aventi tutti la stessa finalità di tutela della salute pubblica, esigenza primaria dell'intera collettività. Tale finalità particolare rende priva di rilievo la circostanza che la prestazione di attività sanitaria sia stata effettuata presso enti distinti.

Ben diversa é la situazione dei dipendenti amministrativi dei Comuni e delle Province perché costoro possono essere destinati ad uno qualsiasi degli Uffici e servizi per mezzo dei quali dette Amministrazioni realizzano le loro finalità, senza che le mansioni, attribuite nell'Ente di provenienza, debbano necessariamente essere quelle stesse che svolgeranno nel nuovo Ente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 228, comma terzo, r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 settembre 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 20 settembre 1983.