Sentenza n. 251 del 1983

 CONSULTA ONLINE 


SENTENZA N. 251

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

P            rof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 1, 3 e 4 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni degli immobili urbani) promossi con le ordinanze emesse il 6 dicembre 1979 dal Pretore di Bologna, l'11 febbraio 1981 dal Pretore di Cantù, il 26 giugno 1981 dal Pretore di Gragnano, il 12 ottobre 1981 dal Giudice conciliatore di Castellammare di Stabia, il 27 novembre 1981 dal Tribunale di Roma, rispettivamente iscritte al n. 172 del registro ordinanze 1980, ai nn. 406, 688 e 721 del registro ordinanze 1981 e al n. 155 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 138 del 1980, n. 283 del 1981 e nn. 19, 47 e 227 del 1982. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 1983 il Giudice relatore Francesco Saja;

udito l'avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un procedimento iniziato da Battistoni Anna, locatrice di un appartamento d'abitazione, contro il conduttore Schirò Paolo, ed avente per oggetto il rilascio dell'immobile prima della scadenza del termine quadriennale di cui all'art. 1 della legge 27 luglio 1978 n. 392, il Pretore di Bologna con ordinanza del 6 dicembre 1979 (in G. U. n. 138 del 21 maggio 1980; reg. ord. n. 172 del 1980) sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, secondo comma, l. cit. Il Pretore osservava che nella specie la locatrice aveva chiesto il rilascio dell'appartamento per la propria necessità abitativa, sopravvenuta ed imprevista, essendo stata licenziata e perciò privata dell'alloggio di servizio; ciò premesso, egli dubitava che la citata disposizione di legge, attribuendo al conduttore il diritto di recesso dal contratto per gravi motivi, anche non previsti nel contratto stesso, e non attribuendo lo stesso diritto al locatore, contrastasse col principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost.

2. - La stessa questione veniva sollevata dal Pretore di Cantù con ordinanza dell'll febbraio 1981 (in G. U. n. 283 del 14 ottobre 1981; reg. ord. n. 406 del 1981), emessa nel procedimento civile vertente tra Gobba Beata, locatrice, e Caldera Alberto, conduttore, ed avente ad oggetto il rilascio dell'appartamento prima della scadenza del termine suddetto per sopravvenuta necessità della figlia della locatrice, prossima alle nozze; dal Pretore di Gragnano con ordinanza del 26 giugno 1981 (in G. U. n. 19 del 20 gennaio 1982; reg. ord. n. 688 del 1981), emessa nel procedimento civile vertente tra Cinque Catello, locatore, e Cannavacciuolo Raffaele, conduttore, in cui la sopravvenuta, asserita necessità del primo era data dall'inagibilità della casa da lui abitata per effetto del terremoto del novembre 1980. In questa ordinanza il Pretore ravvisava altresì un'ingiustificata disparità di trattamento tra locatori che avevano concluso il contratto di locazione prima dell'entrata in vigore della citata legge n. 392 del 1978 e locatori che avevano concluso il contratto dopo quel momento: i primi infatti potevano recedere prima della scadenza del contratto ai sensi dell'art. 59 l. cit., mentre la stessa facoltà non era data ai secondi. La questione di cui all'ordinanza del Pretore di Bologna era sollevata anche dal Conciliatore di Castellammare di Stabia con ordinanza del 12 ottobre 1981 (in G. U. n. 47 del 17 febbraio 1981; reg. ord. n. 721 del 1981), emessa nel procedimento civile vertente tra Ruocco Antonio, locatore, e Ruocco Gioacchino, conduttore, il primo deducente la necessità della figlia, alloggiata in un unico vano malsano; dal Tribunale di Roma con ordinanza del 27 novembre 1981 (in G. U. n. 227 del 18 agosto 1982; reg. ord. n. 155 del 1982), emessa nel procedimento civile vertente tra Sacco Rocco, locatore, e Renzini Mauro, conduttore: trattandosi di contratto contenente una clausola di recesso del locatore per necessità, il Tribunale impugnava l'intero art. 4 cit.

3. - La Presidenza del Consiglio dei ministri interveniva nelle cause relative a tutte le citate ordinanze, sostenendo la non fondatezza delle questioni stante la diversità delle posizioni del locatore e del conduttore, quest'ultimo più debole sul piano economico e contrattuale, ed il conseguente potere discrezionale del legislatore di differenziarne il trattamento normativo.

Considerato in diritto

1. - Le due questioni sollevate dalle ordinanze in epigrafe concernono sostanzialmente il medesimo problema: pertanto i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. - Precisamente il Tribunale di Roma dubita della legittimità costituzionale dell'art. 4 primo comma legge 27 luglio 1978 n. 392 (c.d. legge sull'equo canone) il quale prevede la facoltà delle parti di consentire contrattualmente che soltanto il conduttore (e non anche il locatore) possa recedere in qualsiasi momento dal contratto, dandone avviso al locatore almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avvenire.

I Pretori di Bologna, Cantù e Gragnano nonché il Conciliatore di Castellammare di Stabia impugnano il secondo comma dello stesso art. 4 il quale stabilisce che, indipendentemente dalle previsioni contrattuali (a cui si riferisce, come si é detto, il primo comma), il conduttore (e non pure il locatore), qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi. Per la precisione il Conciliatore menziona nel dispositivo dell'ordinanza anche gli artt. 1 e 3 st. l., ma si tratta chiaramente di un'inesattezza, concernendo la censura solo il cit. art. 4.

Rilevano i giudici rimettenti che la facoltà di recesso circoscritta unicamente al locatario viola il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, per ingiustificata disparità di trattamento tra locatore e conduttore e, secondo il Pretore di Gragnano, anche tra locatori con contratto sottoposto alla disciplina definitiva dettata dalla cit. legge n. 392 del 1978 (ai quali non spetta in alcun caso il diritto di recesso) e locatori con contratto soggetto alla disciplina transitoria (ai quali é attribuita la facoltà di recedere nei casi previsti dall'art. 59 della stessa legge).

3. - Giova premettere, in linea generale, che la ricordata legge 27 luglio 1978 n. 392 ha abrogato il sistema c.d. vincolistico, che durava da molti decenni, ma non ha ripristinato integralmente la disciplina generale del codice civile, introducendo invece rispetto agli immobili urbani una speciale disciplina legale, la quale, per quelli adibiti ad abitazione, consiste principalmente nella sottrazione del canone alle leggi di mercato della domanda e dell'offerta e nella determinazione della durata del contratto non inferiore a quattro anni.

La previsione relativa alla durata della locazione é diretta, come si legge nella Relazione ministeriale al Disegno di legge, a dare pari forza alle parti contraenti per cui "é sembrato necessario assicurare al conduttore una sufficiente stabilità che gli eviti i disagi connessi ai frequenti cambiamenti di alloggio, ma che soprattutto lo metta in condizione di non cedere alle eventuali pressioni del locatore dirette ad ottenere illegittimi aumenti del canone".

Chiaramente connessa con tale norma é quella concernente il recesso anticipato, per cui l'art. 4 dispone che esso può essere contrattualmente pattuito soltanto a favore del conduttore (primo comma) e che, indipendentemente da una clausola contrattuale, il conduttore stesso può recedere per gravi motivi (secondo comma). Appunto contro la disposizione del cit. art. 4 é diretta la critica delle ordinanze di rimessione: essa, però, risulta infondata sotto entrambi i profili dedotti.

4. - In ordine al primo, va rilevato che il principio di eguaglianza garantisce parità di trattamento solo a parità di situazioni, la quale, nel rispetto dei limiti di ragionevolezza, deve essere valutata dal legislatore ordinario.

Ora, nella specie, il legislatore, com'è detto espressamente nella ricordata Relazione, ritenne di potere legittimamente introdurre in tema di recesso una disciplina differenziata sul rilievo "che la posizione del conduttore é sostanzialmente diversa da quella del locatore". E ciò soprattutto per la difficoltà del primo di trovare altra abitazione idonea alle sue esigenze, difficoltà che, nelle condizioni del mercato edilizio tenute presenti dal legislatore del 1978 e tuttora perduranti, potrebbe essere grave e talvolta addirittura drammatica. La ratio della norma, dunque, coincide sostanzialmente con quella già indicata relativa alla durata del contratto, essendo entrambe egualmente dirette a tutelare l'inquilino mediante un'adeguata stabilità del rapporto, la cui mancanza si risolverebbe per lui in un notevole pregiudizio.

La possibilità di recesso del conduttore, invece, non reca alcun effettivo nocumento al locatore, in quanto il preavviso di sei mesi, previsto sia nel primo che nel secondo comma dell'art. 4, garantisce il locatore stesso in maniera adeguata, essendo presumibile, se non proprio sicuro, secondo 1'id quod plerumque accidit, che egli nel frattempo trovi altro inquilino che corrisponda lo stesso canone, e cioè quello stabilito dalla legge.

D'altro canto, la ricordata facoltà di recesso del conduttore non é avulsa dall'intero complesso normativo, ma costituisce, in particolare, il fondamento del divieto, contenuto nell'art. 2 primo comma, di sublocazione totale (la quale, come avverte la richiamata Relazione, normalmente costituisce una speculazione in danno del proprietario).

Per vero, in tanto é stato escluso il potere di concedere in sublocazione totale l'immobile che il conduttore non abita più, in quanto a questo é stata riconosciuta la facoltà di recedere dal contratto, con la conseguente possibilità di evitare il pregiudizio che altrimenti deriverebbe dall'obbligo del pagamento del canone senza alcuna effettiva utilità. Da ciò discende evidente come sia anche unilaterale la prospettazione delle ordinanze di rimessione, le quali, invece di considerare il quadro complessivo della disciplina dettata dalla legge, hanno fatto riferimento ad una singola previsione normativa staccata dal suo contesto. In base ai superiori rilievi, il disposto legislativo non può quindi ritenersi né arbitrario né irrazionale. Il che trova conferma, in linea generale, in precedenti pronunzie di questa Corte che, sia pure ad altri fini, ha ritenuto non assimilabile la posizione del conduttore a quella del locatore (cfr. sent. 20 marzo 1980 n. 33 ed ivi altri richiami).

5. - Parimenti la questione non é fondata sotto il secondo profilo, che é stato prospettato esclusivamente dal Pretore di Gragnano.

Invero, come questa Corte ha avuto già modo di precisare, il potere di recesso spettante al locatore ex art. 59 l. cit. per i contratti sottoposti alla disciplina transitoria trova la sua ragione d'essere nel fatto che in tale ipotesi il rapporto locatizio viene protratto al di là della volontà negoziale mediante imposizione autoritativa della legge: appunto per ciò, il legislatore, volendo temperare il rigore di tale regime, ha disposto che, in presenza di alcune circostanze, tassativamente previste, il locatore possa recedere dal contratto (sent. n. 22 del 1980 e n. 250 del 1983). Nel caso, invece, di contratto sottoposto, come nella specie, alla disciplina definitiva dettata dalla stessa legge, la durata del rapporto é quella conosciuta dalle parti nel momento della conclusione del contratto e da loro accettata nell'esercizio dell'autonomia negoziale: sicché é evidente come non sia configurabile una parità tra le due situazioni, le quali, invece, risultano profondamente diverse. Il che basta ad escludere la violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art 4, primo e secondo comma, l. 27 luglio 1978, n. 392, sollevate, in riferimento all'art 3 della Costituzione, dal Tribunale di Roma, dai Pretori di Bologna, Cantù e Gragnano nonché dal Conciliatore di Castellammare di Stabia.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI -  Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 15 luglio 1983.