Sentenza n. 227 del 1983

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SENTENZA N. 227

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 16 aprile 1976, n. 126 (Disciplina degli scarichi nelle acque marittime) promosso con ricorso della Regione Sardegna, notificato il 21 maggio 1976, depositato in cancelleria il 31 successivo ed iscritto al n. 19 del registro ricorsi 1976 e del quale é stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 164 del 1976.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1983 il Giudice relatore Antonio La Pergola;

uditi l'avvocato Giuseppe Guarino per la Regione Sardegna e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - La Regione Sardegna ricorre contro lo Stato, impugnando avanti la Corte la legge 16 aprile 1976, n. 126, che disciplina gli scarichi nelle acque marittime. La ricorrente deduce la violazione degli artt. 3, lett. i, 4, lett. i, e 6 del proprio Statuto speciale di autonomia, che ad essa Regione attribuirebbero competenza sia legislativa primaria, sia amministrativa, nelle materie investite dalle leggi impugnate. La Regione assume, poi, di essere, in base alle norme di attuazione dello Statuto, investita di varie altre attribuzioni, che afferiscono alla sorveglianza e ai permessi per il versamento nelle acque dei rifiuti industriali, relativamente al demanio marittimo e al mare territoriale; la stessa normativa di attuazione, pur avendo fatta salva la competenza statale quanto all'igiene del suolo e dell'ambiente, all'inquinamento atmosferico e delle acque e agli aspetti igienico - sanitari delle industrie insalubri, avrebbe delegato alla Regione l'esercizio delle corrispondenti funzioni amministrative.

La legge impugnata, peraltro, secondo l'espresso dettato del suo art. 1, regola la materia, solo in via provvisoria, sino all'approvazione di una legge organica sulla tutela delle acque dall'inquinamento. La ricorrente chiede alla Corte in via principale di dichiarare che la legge impugnata non si applichi nel territorio della Regione sarda (ostando a tale risultato le asserite competenze della Regione), e in via subordinata di pronunciarne l'illegittimità costituzionale, per violazione delle sopraindicate previsioni statutarie.

2. - Il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, si é costituito in giudizio per sentir dichiarare l'infondatezza della questione. L'Avvocatura deduce che la disciplina delle immissioni dei rifiuti nelle acque del mare tocca la materia dell'industria più che quella della pesca, ed esorbita, in conseguenza, dalla sfera di attribuzioni fatte valere in giudizio dalla Regione. La pretesa della ricorrente andrebbe disattesa anche per quel che concerne lo specifico settore dei rifiuti, in quanto trarrebbe fondamento non da disposizioni statutarie, o comunque di rango costituzionale, ma da una legge ordinaria, anteriore a quella impugnata: la quale ultima, si asserisce, ha dunque legittimamente rimosso la previgente disciplina, con la conseguenza di riattribuire allo Stato le competenze prima demandate alla Regione.

La difesa dello Stato rileva inoltre il carattere temporaneo della normativa dedotta in controversia. Infatti, essa soggiunge, la nuova e compiuta disciplina della materia é dettata dalla legge 10 maggio 1976, n. 319: per modo che con l'entrata in vigore di questo più recente ed organico corpo normativo sarebbe venuto meno l'interesse della Regione alla proposta impugnazione.

3. - Nell'udienza pubblica del 10 maggio 1983 la difesa della Regione ha chiesto alla Corte di pronunziare la cessazione della materia del contendere, essendo, a poca distanza dall'entrata in vigore della legge impugnata, intervenuto un nuovo ed organico assetto della materia in questione. L'Avvocatura dello Stato ha dal canto suo aderito a tale richiesta.

Considerato in diritto

Com'é spiegato in narrativa, la difesa della Regione sarda ha chiesto alla Corte di dichiarare cessata la materia del contendere, in considerazione del nuovo ed organico assetto che la tutela delle acque dall'inquinamento ha ricevuto con l'approvazione e l'entrata in vigore della legge 10 maggio 1976, n. 319, sopravvenuta, poco tempo dopo, alla normativa statale oggetto della presente impugnativa. L'Avvocatura dello Stato si é associata all'istanza. Ricorrendo gli estremi sopra descritti, la Corte ritiene di dover adottare la soluzione concordemente prospettata dalla Regione e dallo Stato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI – Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 15 luglio 1983.