Sentenza n. 210 del 1983

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SENTENZA N. 210

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), degli artt. 10 e 15 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (legge di delegazione) e del combinato disposto degli artt. 42 e 44 del suddetto d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, promossi con le ordinanze emesse il 14 marzo 1977 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Napoli, il 25 febbraio 1978 dalla Commissione tributaria di primo grado di Matera e il 24 marzo 1979 dalla Commissione tributaria di primo grado di Pescara (due ordinanze), rispettivamente iscritte ai nn. 120 e 369 del registro ordinanze 1978 ed ai nn. 558 e 559 del registro ordinanze 1980 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 138 e 293 del 1978 e n. 277 del 1980.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1983 il Giudice relatore Oronzo Reale.

Ritenuto in fatto

1. - Con due ordinanze, identiche quanto alla motivazione ed emesse entrambe in data 24 marzo 1979 (nn. 558 e 559 del reg. ord. 1980), la Commissione tributaria di primo grado di Pescara sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nella parte in cui impone anche all'erede dell'originario ricorrente di presentare istanza di trattazione, a pena di estinzione della procedura. Preso atto di quanto deciso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 63 del 1967, il collegio rimettente rileva come il caso di specie prospetti un profilo nuovo e diverso rispetto a quelli della ricordata pronuncia della Corte in quanto l'applicazione all'erede del contribuente dello stesso onere violerebbe l'art. 24 della Costituzione, atteso che questi potrebbe addirittura ignorare la pendenza del ricorso proposta dal de cuius.

Non si aveva costituzione di parti; spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la proposta questione fosse dichiarata infondata. Si osservava all'uopo che, con riferimento alle situazioni di fatto e di diritto esistenti nella fattispecie in esame, la posizione processuale dell'erede, alla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 636 del 1972, sarebbe perfettamente identica a quella dell'originario ricorrente.

2. - Con l'ordinanza in data 25 febbraio 1978, (n. 369 del reg. ord. 1978), la Commissione tributaria di primo grado di Matera sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 15 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 e dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, per preteso contrasto con l'art. 76 della Costituzione.

Rilevava al riguardo il collegio a quo come, relativamente alle norme della legge delega, queste contrasterebbero con l'art. 76 della Costituzione per non aver dettato principi direttivi ben definiti in materia; e, per contro, che l'art. 44 del citato d.P.R. n. 636 del 1972 violerebbe lo stesso parametro costituzionale, nella parte in cui prevede l'onere di presentare istanza di trattazione del ricorso a pena di estinzione della procedura, in quanto si sarebbe legiferato in materia non delegata, atteso che tale norma avrebbe "esorbitato i confini previsti anche se genericamente, dalla legge di delegazione".

Non si aveva costituzione di parti; spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che la proposta questione fosse dichiarata infondata, essendo i criteri direttivi di cui alla legge delega sufficientemente individuati e precisi e, per contro, perfettamente adeguata agli stessi la disposizione di cui all'art. 44 più volte citato.

3. - Con ordinanza in data 14 marzo 1977 (n. 120 del reg. ord. 1978), la Commissione tributaria di secondo grado di Napoli, a seguito di ricorso dell'ufficio distrettuale delle imposte dirette della stessa città, sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 44 e 42 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nella parte in cui dette norme, secondo la interpretazione accolta dal giudice rimettente, imporrebbero al privato l'onere di presentare l'istanza di trattazione del ricorso anche ove il ricorrente avesse adito le commissioni di nuova istituzione, pur avendo presentato il ricorso al competente ufficio impositore, in quanto le predette commissioni non si erano ancora insediate.

Ad avviso della commissione, tale disciplina contrasterebbe con l'art. 24 della Costituzione, atteso che in una ipotesi quale quella regolata dall'art. 42, terzo comma, ci si troverebbe di fronte ad un comportamento concludente, da parte del contribuente, nel senso di una precisa volontà di richiedere con caratteristiche di attualità la trattazione del ricorso; donde la prospettata violazione del diritto di difesa, scaturente dall'imposizione dell'onere di presentare un'istanza di trattazione a pena di estinzione della procedura.

Si rileva anche che l'applicazione di una disciplina quale quella testé descritta sarebbe in contrasto con i principi contenuti nella legge delega 9 ottobre 1971, n. 825; infatti, in specie, l'art. 10, n. 14, della detta legge prescriveva al legislatore delegato, tra l'altro, di semplificare i rapporti tributari, donde la possibile violazione dell'art. 76 della Costituzione.

Non si aveva costituzione di parti; spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato.

Nell'atto di intervento si formulava preliminarmente una eccezione di inammissibilità, fondata sul rilievo che l'interpretazione adottata dalla Commissione tributaria di secondo grado di Napoli sarebbe inesatta, atteso che, nel caso di applicazione del terzo comma dell'art. 42 del d.P.R. n. 636 del 1972, non sarebbe richiesta alcuna ulteriore istanza di trattazione a norma dell'art. 44 della stessa disposizione legislativa.

Nel merito, si chiedeva che le proposte questioni fossero dichiarate infondate; ad avviso dell'Avvocatura le precedenti decisioni della Corte in subiecta materia avrebbero ampiamente chiarito che l'onere dell'istanza di trattazione non contrasta per sua natura con la garanzia costituzionale del diritto di difesa e, per contro, si inquadra nei principi e criteri direttivi enunciati nella normativa delegante; né sarebbe possibile alcuna distinzione fra le diverse fattispecie cui la norma é applicabile.

Considerato in diritto

1. - Le quattro ordinanze di cui in narrativa sollevano tutte questioni di legittimità costituzionale identiche o attinenti alla stessa materia. Vanno pertanto riunite e decise con unica sentenza.

2. - Con le ordinanze nn. 558 e 559 del reg. ord. 1980 la Commissione tributaria di primo grado di Pescara ripropone alla Corte, in relazione all'art. 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nella parte in cui detta norma impone anche all'erede dell'originario ricorrente di presentare, a pena di estinzione del procedimento, istanza di trattazione del ricorso proposto dal de cuius prima della entrata in funzione delle Commissioni tributarie. Tale questione é stata già esaminata dalla Corte in relazione all'art. 24 (oltre che all'art. 3) della Costituzione e dichiarata non fondata con la sentenza n. 243 del 1982.

Non essendo proposti profili o motivi nuovi, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

3. - Con l'ordinanza n. 369 del reg. ord. 1978 la Commissione tributaria di primo grado di Matera sollevava questione di legittimità costituzionale dello stesso sopra citato art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 nonché degli artt. 10 e 15 della legge delega 9 ottobre 1971, n. 825, in relazione all'art. 76 della Costituzione, sostenendo che le dette norme della legge delega non avrebbero dettato principi direttivi chiari e ben definiti e che la disposizione dell'art. 44 del d.P.R. n. 636 si riferirebbe a materia non delegata.

Tale questione, con riferimento all'art. 44 del d.P.R. n. 636 del 1972, é stata dichiarata non fondata dalla Corte con la sentenza n. 243 del 1982, mentre con riferimento agli artt. 10 e 15 della legge n. 825 del 1971 é stata dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 85 del 1980 e con riferimento al solo art. 10 é stata dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 203 del 1983.

Essa é dunque manifestamente infondata.

4. - Con l'ordinanza n. 120 del reg. ord. 1978 la Commissione tributaria di secondo grado di Napoli ha proposto questione incidentale di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 42 e 44 del più volte citato d.P.R. n. 636 del 1972 nella parte in cui l'obbligo del contribuente di presentare alla Commissione istanza di fissazione del ricorso sussiste - sempre a pena di estinzione della procedura - anche nell'ipotesi in cui, a termine dell'art. 42, terzo comma, i ricorsi diretti alle commissioni non ancora insediate siano stati presentati ai competenti uffici giudiziari.

Assume il giudice a quo che in questo caso il contribuente avrebbe già espresso senza equivoci la propria volontà di trattazione del ricorso, sicché il pretendere - a pena di estinzione della procedura - una nuova istanza di fissazione diretta alla Commissione comporterebbe una violazione del diritto di difesa. Inoltre ne deriverebbe una complicazione inutile dei rapporti tributari in contrasto con l'art.10 della legge delega n. 825 del 1971 che imponeva al legislatore delegato il criterio della semplificazione dei rapporti tributari nelle varie fasi. Da ciò la violazione degli artt. 24 e 76 della Costituzione.

Sotto quest'ultimo profilo la questione non é stata affrontata dalla Corte, e non consente una decisione di manifesta infondatezza.

5. - La Corte ritiene di poter procedere all'esame della questione in camera di consiglio, ancorché si sia verificato l'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato. E ciò a norma dell'art. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, il quale dispone che "qualora non si costituisca alcuna parte... la Corte può decidere in camera di consiglio".

Il presupposto dell'applicazione nel senso detto di tale norma é costituito dalla negazione della qualità di "parte" nel Presidente del Consiglio (non quando esso sia stato parte nel giudizio principale, ma) quando esso interviene nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale.

La Corte ritiene che la questione possa essere decisa utilizzando un elemento di giudizio testuale e uno desunto dal sistema.

In primo luogo il testo della legge. Il citato art. 26 della legge n. 87 del 1953 che esclude la necessità dell'udienza quando non vi sia alcuna parte costituita segue immediatamente l'art. 25 il quale in due commi distinti tratta separatamente della facoltà delle "parti" e di quella del Presidente del Consiglio dei ministri e del Presidente della Giunta Regionale. La netta distinzione e separazione indica che i Presidenti del Consiglio dei ministri e della Giunta Regionale non appartengono alla categoria delle "parti".

Vero é che l'art. 8 delle Norme integrative 16 marzo 1956 per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, a proposito della convocazione della Corte in udienza pubblica, stabilisce che il decreto di fissazione dell'udienza é comunicato in copia alle "parti costituite", considerando unitariamente le parti in senso proprio e gli intervenienti, e che l'art. 17, comma secondo, stabilisce, senza distinguere tra parti ed intervenienti, che "dopo la relazione, i difensori delle parti svolgono succintamente i motivi delle loro conclusioni (al quale riguardo deve però ricordarsi che la dottrina non ha mancato di sottolineare il rilievo che assume la prassi costante secondo la quale l'Avvocatura parla sempre per ultima dopo i difensori delle parti). Ma é vero anche che gli artt. 3 e 4 trattano distintamente (come fa l'art. 25 della legge n. 87) della "costituzione delle parti" e dell'"intervento in giudizio del Presidente del Consiglio dei ministri e del Presidente della Giunta Regionale"; mentre l'art. 9 contiene una disposizione ripetitiva dell'art. 26 della legge n. 87.

Pertanto le non univoche enunciazioni delle Norme integrative (tuttavia destinate ad assicurare sia alle parti, sia agli intervenienti, la comunicazione della data di trattazione della causa, in udienza o in camera di consiglio, e conseguentemente la facoltà di presentare memoria illustrativa anche in questo secondo caso) non possono invalidare, anche per la loro natura, la chiara distinzione che la legge n. 87 ha posto tra parti ed intervenienti.

La quale - ed é questo il secondo fondamentale elemento di giudizio - é conseguente e coerente alla natura incidentale del giudizio costituzionale. Costituendo il giudizio di legittimità un incidente del giudizio di merito, é a questo, necessariamente, che bisogna far capo per stabilire quali siano le parti "in causa", cioè, secondo la definizione della dottrina processualistica, quelle che propongono la domanda o in nome delle quali la domanda é proposta e quelle contro le quali é diretta la domanda medesima.

La Corte non ignora le controversie e discussioni della dottrina intorno al difficile problema dell'inquadramento dommatico dell'intervento del Presidente del Consiglio nel giudizio costituzionale e delle critiche che all'istituto così come organizzato vengono mosse per le sue anomalie.

Ma anche in dottrina é prevalente l'opinione che esclude la qualità di parte nel Presidente del Consiglio che interviene innanzi la Corte, proprio perché come é stato osservato, le "parti" in senso tecnico-giuridico sono soltanto quelle stesse che erano parti nel processo da cui la questione proviene. Conclusione coincidente con quella che la Corte trae dalla natura incidentale del giudizio di costituzionalità e dal testo della legge n. 87 del 1953.

6. - Pertanto la Corte passa ad esaminare nel merito la questione proposta dalla Commissione tributaria di secondo grado di Napoli.

Va innanzi tutto respinta la eccezione di inammissibilità formulata dall'Avvocatura dello Stato nel suo atto di intervento, fondata su un'interpretazione della norma opposta a quella che ne ha fatto il giudice a quo.

Sostiene l'Avvocatura che la Commissione tributaria di secondo grado di Napoli ha errato nell'applicare il regime transitorio dell'art. 44 a tutti i ricorsi presentati prima dell'insediamento delle nuove commissioni.

Senonché alla interpretazione della legge fatta dalla Commissione l'Avvocatura non può opporre alcuna diversa manifestazione giurisprudenziale; e, al contrario, la Commissione Tributaria Centrale ha più volte avuto occasione di affermare che a norma del d.P.R. n. 636 del 1972, l'istanza di trattazione del ricorso doveva essere presentata per tutte le controversie pendenti davanti alle commissioni tributarie e per quelle che insorgessero dopo l'entrata in vigore del decreto presidenziale fino alla data di insediamento delle nuove commissioni.

7. - La questione é, dunque, ammissibile, ma non é fondata.

Le ragioni più volte esposte nelle precedenti ricordate pronunce della Corte per respingere la censura di incostituzionalità rivolta all'art. 44 del d.P.R. n. 636 del 1972 e all'art. 10 della legge delega n. 825 del 1971, in relazione agli artt. 24 e 76 della Costituzione, valgono anche a dimostrare la infondatezza della censura ora estesa all'art. 42 del d.P.R. n. 636 del 1972.

Per quanto riguarda la pretesa inosservanza, da parte del legislatore delegato, del criterio della semplificazione dei rapporti tributari, é sufficiente osservare che la norma dell'art. 44 e quella connessa dell'art. 42 del d.P.R. n. 636 del 1972, appaiono dirette a realizzare, e in ogni caso non ad ostacolare, la semplificazione dei rapporti tributari, accertando, mediante la richiesta domanda di fissazione della trattazione dei ricorsi, quanti e quali di questi corrispondessero all'attuale volontà di definizione dei presentatori, in modo da consentire un chiarimento necessario nella situazione creata dalla riforma del contenzioso tributario.

Quanto alla denunciata violazione dell'art. 24, essa, come non esiste - ed é stato più volte dichiarato dalla Corte - a causa dell'art. 44, così non esiste a causa dell'art. 42, terzo comma, il quale si limita a stabilire a quali uffici (appunto gli uffici finanziari) andavano presentati i ricorsi diretti alle commissioni non ancora insediate, ma nulla dispone né aveva ragione di disporre circa l'istanza di fissazione di udienza ed il suo termine di presentazione decorrente in ogni caso dalla data di insediamento delle commissioni. Si tratta di un onere per i ricorrenti la cui opportunità e necessità possono essere e sono state discusse in sede politica, ma la cui determinazione da parte del legislatore, quale uno degli strumenti del passaggio al nuovo regime del contenzioso tributario, non può costituire oggetto di pronunzia di incostituzionalità.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Pescara in relazione all'art. 24 della Costituzione con le ordinanze n. 558 e 559 del reg. ord. 1980;

b) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nonché degli artt. 10 e 15 della legge delega 9 ottobre 1971, n. 825, sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Matera in relazione all'art. 76 della Costituzione con l'ordinanza n. 369 del reg. ord. 1978;

c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 42 e 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, sollevata in relazione agli artt. 24 e 76 della Costituzione dalla Commissione tributaria di secondo grado di Napoli con l'ordinanza n. 120 del reg. ord. 1978.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1983.

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Albero MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI – Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 6 luglio 1983.