Ordinanza n. 201 del 1983

 

 CONSULTA ONLINE 


ORDINANZA N. 201

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 3 agosto 1978, n. 405 (Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto) promosso con ordinanza emessa il 28 novembre 1978 dal Pretore di Partinico nel procedimento penale a carico di Pizzo Giuseppe, iscritta al n. 225 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 234 del 1981;

visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Ritenuto che il Pretore di Partinico - con ordinanza emessa il 28 novembre 1978 (ma pervenuta alla Corte il 13 marzo 1981) - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 3 agosto 1978, n. 405 (in tema di esclusioni oggettive dall'amnistia), per pretesa violazione degli artt. 3 e 25 Cost.: assumendo, da un lato, che sarebbe arbitrario non far beneficiare dell'amnistia cittadini che abbiano commesso reati sanzionati con pene identiche o meno severe di quelle previste per reati amnistiati; ed aggiungendo, d'altro lato, che l'esclusione dall'amnistia rappresenterebbe essa stessa una pena, ponendosi dunque in contrasto con l'art. 25 cpv. della Costituzione, "in quanto non espressamente prevista da una legge anteriore alla data del commesso reato"; e che nel presente giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo nel senso dell'infondatezza. Considerato che rilevante nella specie é l'esclusione oggettiva dall'amnistia prevista dall'art. 2, primo comma, lett. c n. 1, della legge n. 405 del 1978, nella parte riguardante i "lavori eseguiti senza licenza o concessione"; e che la Corte ha già riconosciuto in diverse occasioni (cfr. le sentenze n. 175 del 1971, n. 4 del 1974 e n. 214 del 1975) che spetta al legislatore, nei limiti della razionalità, "la scelta del criterio di discriminazione tra reati amnistiabili o non" e che la peculiarità del bene protetto dalla disciplina penale in questione, quale risulta con chiarezza nella specie, consente di dettare una diversa e peculiare disciplina anche in sede di amnistia, pur quando l'entità della pena edittale prevista per il reato non amnistiato sia pari od inferiore a quella comminata per altri reati, per cui venga concesso il beneficio in esame;

considerato, d'altronde, che appare del tutto arbitrario equiparare ad una pena - in riferimento al primo capoverso dell'art. 25 Cost. - la negata o mancata concessione dell'amnistia. Visti gli artt. 26, secondo comma, de11a legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 3 agosto 1978, n. 405, sollevata dal Pretore di Partinico, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 1983.

Leopoldo ELIA – Michele ROSSANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI -  Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giovanni CONSO – Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 23 giugno 1983.