Sentenza n. 193 del 1983

 CONSULTA SENTENZA N. 193

ANNO 1983

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Antonino DE STEFANO, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Vittorio ANDRIOLI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 419 cod. proc. civ. (Intervento volontario) promossi con le ordinanze emesse il 17 aprile 1978 dal Pretore di Napoli e il 19 maggio 1982 dal Pretore di Lecce, rispettivamente iscritte al n. 350 del registro ordinanze 1978 e al n. 543 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 278 del 1978 e n. 25 del 1983.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 24 maggio 1983 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

 

udito l'avvocato dello Stato Vito Cavalli, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1.1. - Con ricorso al Pretore di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, depositato il 9 dicembre 1975, Cammarota Gennaro, Boccarossa Gennaro e Aprile Gesualdo, premesso che, nonostante l'assunzione da parte della Cooperativa La Spiga (per il Boccarossa e l'Aprile) e della Cooperativa L'AGO (per il Cammarota), avevano lavorato, all'interno del silo, agli ordini del capo bilancista della S.p.a. Magazzini Generali, Silos e Frigoriferi, con sede in Napoli, senza che mai le Cooperative si fossero intromesse nell'organizzazione e nell'esecuzione del lavoro limitandosi soltanto alla fornitura e composizione delle squadre inviate giornalmente al lavoro nel numero richiesto dai gestori del silo e alla suddivisione, fra i lavoratori, dei compensi di cottimo, corrisposti dalla Magazzini Generali previa detrazione delle spese per il funzionamento delle cooperative ed il pagamento (in misura ridotta) dei contributi assicurativi e previdenziali, che anche il potere disciplinare era stato ed era esercitato dalla Magazzini Generali tramite le Cooperative le quali si erano obbligate ad irrogare le punizioni richieste dalla Magazzini Generali, che, a conclusione della controversia nella quale i tre ricorrenti e altri avevano chiesto al Tribunale di Napoli di essere dichiarati dipendenti della Magazzini Generali, era stata stipulata transazione giudiziale con cui la Società si era impegnata ad assicurare agli attori un minimo garantito di paga peraltro non prestato, dedussero che la fattispecie integrava gli estremi dell'appalto di mere prestazioni di lavoro espressamente vietato dalla 12 ottobre 1960 n. 1360 e ritenuto nullo anche in epoca antecedente per frode ed illiceità della causa chiesero, nei confronti della S.p.a. Magazzini Generali, Silos e Frigoriferi, 1) dichiarare che essi ricorrenti ne erano alle dipendenze, a tutti gli effetti con decorrenza per il Cammarota dal 4 agosto 1951 e per gli altri dal 29 gennaio 1949,2) condannare la intimata Società nelle spese giudiziali, e articolarono capitoli di prova testimoniale indicando testimoni.

 

1.2. - Con decreto in data 12 dicembre 1975 l'adito Pretore fissò l'udienza dell'8 marzo 1976 per la discussione della causa.

 

1.3. - Mediante comparsa depositata il 3 febbraio 1976 spiegarono intervento volontario Reggina Antonio, Bottino Vincenzo e Marra Gaetano, assumendo di lavorare sin dal 29 gennaio 1949 alle dipendenze della S.p.a. Magazzini Generali Silos e Frigoriferi, per la riconsegna, in sacchi e alla rinfusa, dei cereali e dei semi depositati nel silo portuale della società, chiesero 1) ammettersi l'intervento in tal guisa spiegato, 2) dichiarare che dovevano essi ricorrenti, ai sensi dell'art. 11. 1360/1960, essere, con decorrenza dal 29 gennaio 1949, considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze della S.p.a. Magazzini Generali che aveva effettivamente utilizzato le loro prestazioni, 3) condannare la Società nelle spese giudiziali, e articolarono capitoli di prova testimoniale indicando testimoni.

 

1.4. - Con memoria depositata il 27 febbraio 1976 la S.p.a. Magazzini Generali, Silos e Frigoriferi, eccepì l'improponibilità delle domande dei ricorrenti per aver formato oggetto di transazione giudiziale avanti il Presidente della nona Sezione del Tribunale di Napoli sotto la data del 18 aprile 1975, in cui ciascuno dei ricorrenti e degli intervenienti riconobbe "che non vi é stato alcun rapporto di lavoro tra esso e la costituita società Magazzini Generali Silos e Frigoriferi", l'inammissibilità dell'intervento volontario per violazione dell'art. 419 c.p.c. per non essere stato proposto in forma di ricorso, nonché degli artt. 414 e 415 per inosservanza dei termini a difesa, e l'opportunità della riunione del ricorso introduttivo con altri giudizi connessi già incardinati, e nel merito dedusse la nullità della domanda per indeterminatezza dell'oggetto e l'infondatezza articolando capitoli di prova testimoniale e indicando i testimoni.

 

1.5. - L'adito Pretore, dopo aver provveduto all'interrogatorio libero delle parti, sperimentato l'accesso sul luogo di lavoro, disposto ma non assunto la prova per testi e disposto l'acquisizione di documento, all'udienza del 17 aprile 1978 pronunciò ordinanza (poi notificata l'8 e comunicata il 17 del successivo mese di maggio, pubblicata nella G.U. n. 278 del 4 ottobre 1978 e iscritta al n. 350 R.O. 1978), con la quale sollevò d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 419 c.p.c. in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. sul riflesso che a) trattavasi nella specie di intervento comunemente definito "adesivo autonomo o litisconsortile" che "comporta l'esercizio di una domanda nuova ed autonoma rispetto a quelle da altri in via principale (recte in via originaria) proposte" onde "la parte la quale subisce l'intervento debba essere messa in grado di spiegare le sue difese compiutamente e tempestivamente anche nei confronti dell'interventore", b) l'art. 419 c.p.c., che disciplina l'intervento volontario nel processo celebrato con il rito speciale del lavoro, si limita a richiamare gli artt. 414 (forma della domanda) e 416 (costituzione del convenuto) e non anche gli artt. 415 (deposito del ricorso e decreto di fissazione dell'udienza) e 418 (notificazione della domanda riconvenzionale) "in quanto l'art. 419 si limita ad indicare (per relationem al ricorso dell'attore e alla memoria di costituzione del convenuto) le modalità con cui l'intervento volontario deve essere effettuato, come la mera constatazione che l'art. 416 tratti anche della domanda riconvenzionale proponibile in memoria di costituzione non implica che all'intervento sia automaticamente estesa la disciplina della domanda riconvenzionale (che é contenuta nell'art. 418)", c) tale essendo - a giudizio del Pretore- lo stato delle fonti di diritto, "l'art. 419 c.p.c. - che disciplina l'intervento volontario nello speciale rito del lavoro - non pare in linea né con l'art. 3 (parità di trattamento da parte della legge) né con l'art. 24 (difesa in giudizio quale diritto in ogni stato e grado del procedimento) della Costituzione".

 

1.6. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

2.1. - Con ordinanza emessa - nel contraddittorio dell'attore costituitosi con ricorso depositato l'8 marzo 1982, dell'INPS, che aveva spiegato intervento con comparsa depositata il 3 maggio 1982 (integrata con altra memoria depositata il successivo 7) e del convenuto costituitosi con memoria depositata l'8 maggio 1982 - alla udienza di discussione del 19 maggio 1982, fissata con decreto 11 marzo 1982, dal Pretore di Lecce in funzione di giudice del lavoro (poi notificata il 1 e comunicata il 29 del successivo mese di giugno, pubblicata nella G.U. n. 25 del 26 gennaio 1983 e iscritta al n. 543 R.O. 1982) é stata sollevata d'ufficio, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questione di costituzionalità dell'art. 419 c.p.c. sul riflesso che a) nel giudizio riguardante soltanto le differenze retributive rivendicate da Colella Maria Antonietta nei confronti di Jacobelli Attilio l'INPS aveva spiegato intervento adesivo autonomo con atto depositato il 3 maggio 1982 per conseguire dal datore i contributi corrispondenti alle somme che la ricorrente a stregua della contrattazione collettiva avrebbe dovuto percepire in più rispetto al trattamento economico effettivo, b) il convenuto, che é controparte all'INPS, "non si vede notificare l'atto d'intervento ed anzi potrebbe venire a conoscenza delle avverse pretese ed argomentazioni solo nel corso dell'udienza di discussione, né l'obbligo di comunicazione dell'avvenuto intervento, ex art. 267 c.p.c., a cura del cancelliere gioverebbe al convenuto dappoiché l'intervento può spiegarsi fino a dieci giorni prima dell'udienza, e, pertanto, non sarebbe a disposizione del convenuto tempo sufficiente per apprestare le difese, c) nel contrasto tra lo snaturamento del rito speciale del lavoro, che seguirebbe alla concessione di altro termine di difesa alla parte che resiste alle pretese dell'interveniente, e la violazione del diritto di difesa di essa parte, é da preferire - a giudizio del Pretore il quale ha ritenuto rilevante la questione per ciò che "la presenza dell'INPS muta ovviamente i tempi, le prospettive e l'ambito del processo" - la seconda alternativa che "autorizza il sospetto d'incostituzionalità dell'art. 419 c.p.c. in relazione ai principi di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. ed inviolabilità del diritto della difesa in giudizio ex art. 24 Cost., almeno nella parte in cui non prevede un meccanismo analogo a quello predisposto all'art. 418 c.p.c. in caso di domanda riconvenzionale".

 

2.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita; ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato l'11 febbraio 1983, nel quale l'Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l'inammissibilità dell'incidente per essere incentrato sull'ipotesi, non verificatasi nella specie, del convenuto che disponga di meno di dieci giorni per approntare la propria difesa e ne ha concluso per l'infondatezza argomentando da ciò che a) l'art. 419, prevedendo anche per l'intervento il termine stabilito per la costituzione del convenuto, concede a quest'ultimo un congruo termine per prendere conoscenza della situazione processuale che lo interessa, b) comunque, il giudice, avvalendosi dei poteri peculiari del magistrato del lavoro, può rinviare l'udienza di discussione concedendo termine per il deposito di note difensive qualora, nonostante il rispetto da parte dell'interveniente del termine previsto per la costituzione del convenuto e gli adempimenti della cancelleria ex art. 267 c.p.c., le parti originarie non siano in grado di apprestare adeguate difese, c) infine, il legislatore, al fine di non incidere negativamente sul sollecito svolgimento del processo del lavoro, ha dettato con l'art. 419 una disciplina derogativa rispetto all'art. 268 che fissa nell'udienza di rimessione al collegio il dies a quo per la proposizione dell'intervento volontario.

 

3. - Alla pubblica udienza del 24 maggio 1983, nella quale il giudice Andrioli ha svolto la relazione, l'avv. dello Stato Cavalli ha insistito nelle conclusioni d'inammissibilità e, in ipotesi, d'infondatezza della proposta questione.

 

Considerato in diritto

 

4.1. - La circostanza che la fondatezza della domanda, spiegata dall'interveniente INPS avanti il Pretore di Lecce, sia condizionata all'accoglimento della domanda proposta dal lavoratore contro il datore nei confronti del quale l'INPS fa valere le sue pretese, laddove ben potrebbe il Pretore di Napoli, pronunciando sul merito, accogliere le domande degli attori e respingere la istanza proposta contro lo stesso convenuto dagli intervenienti, non vale ad incrinare la identità oggettiva dei due incidenti, cui i giudici han dato vita dichiarando non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 comma secondo Cost., la questione di costituzionalità dell'art. 419 (testo novellato in virtù dell'art. 1 l. 11 agosto 1973, n. 533) c.p.c., a tenor del quale "salvo che sia effettuato per l'integrazione necessaria del contraddittorio, l'intervento del terzo ai sensi dell'art. 105 non può aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, con le modalità previste dagli artt. 414 e 416 in quanto applicabili".

 

Né merita accoglimento l'eccezione d'inammissibilità dell'incidente sollevato dal Pretore di Lecce, formulata dall'Avvocatura generale dello Stato in questa sede intervenuta nell'interesse del Presidente del Consiglio dei ministri, perché quel giudice e, in non diversa guisa, il Pretore di Napoli non si limitano a ravvisare il contrasto tra l'art. 419 e gli invocati parametri di costituzionalità in ciò che il convenuto avrebbe a sua disposizione meno di dieci giorni dalla udienza di discussione ma basano il sospetto d'incostituzionalità dell'art. 419 sulle più ampie considerazioni (riassunte sub 1.5, 2.1) sulle quali non fa presa la eccezione nei superiori sensi prospettata.

 

Pertanto nulla impedisce alla Corte di discendere all'esame della questione di costituzionalità, sollevata dai due Pretori, e, in via preliminare, di disporre la riunione dei due incidenti di cui forma oggetto.

 

4.2. - La considerazione della disciplina positiva degli interventi nel rito speciale del lavoro consente di constatare che, mentre gli artt. 416 e 419 impongono all'interveniente volontario lo stesso termine di dieci giorni prima della udienza di discussione senza distinguere a seconda che l'interveniente proponga domanda contro tutte le parti originarie (intervento principale) ovvero contro il solo attore o il solo convenuto (intervento adesivo autonomo) oppure si limiti a sostenere le ragioni di alcuna delle parti alla vittoria della quale ha interesse (intervento adesivo semplice o dipendente), l'art. 420 riscrive al comma nono che "nel caso di chiamata in causa a norma degli artt. 102, secondo comma, 106 e 107, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al terzo il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l'atto di costituzione del convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo, quinto e sesto dell'art. 415. Il termine massimo entro il quale deve tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di fissazione", e al comma decimo che "il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell'udienza fissata, depositando la propria memoria a norma dell'art. 416".

 

La esigenza di concentrare la discussione in unica udienza - pur a tacere di ciò che le necessità dell'istruttoria, evidenziate dai commi quinto a settimo dello stesso art. 420, ne smentiscono il rigore assoluto - non solo cede di fronte alla "necessità" del litisconsorzio, che impone l'integrazione del contraddittorio originariamente incompleto (art. 102), ma segna il passo anche di fronte al potere dovere, che al giudice compete, di verificare la consistenza in concreto delle condizioni di ammissibilità degli interventi su istanza di parte (art. 106) e per ordine del giudice (art. 107): s'intende dire la comunanza della causa tra parti originarie e terzo e il rapporto di garanzia, nonché l'interesse del terzo a sostenere le ragioni della parte adiuvata.

 

Se si riflette sulla implicito della cognizione propria della originaria lite provocata non solo nelle ipotesi di litisconsorzio necessario, di comunanza obiettiva tra parti originarie e terzo e di chiamata in garanzia, ma anche nelle aree in cui affondano le radici degli interventi volontari principale e adesivo autonomo (aree che - sul piano della legittimazione ad agire e a contraddire - si identificano con l'ambiente sostanziale dal quale prendono le mosse gli interventi principale ed adesivo autonomo) nonché dello stesso intervento adesivo dipendente non si vede perché il diritto di difesa delle parti principali, contro le quali si appuntano le pretese degli intervenienti volontari e dell'avversario del coadiuvato dall'interveniente adesivo dipendente, debbano essere garantite in guisa diversa e meno incisiva del modo con cui al legislatore é parso giusto assicurarlo allorquando ha plasmato il nono e il decimo comma dell'art. 420. Come al terzo, di cui agli artt. 102, 106 e 107, debbono essere notificati il provvedimento di fissazione di una nuova udienza nonché il ricorso introduttivo e l'atto di costituzione del convenuto e, in primis et ante omnia é d'uopo fissare una nuova udienza, nella quale parti originarie e interveniente, anche sulla base della memoria del terzo, siano posti in grado di discutere, nelle nuove sue dimensioni, la causa, così allorquando un terzo spiega intervento volontario é da attribuire al giudice il potere dovere di fissare - con il rispetto del termine di cui all'art. 415 comma quinto (elevabile a quaranta giorni allorquando la notificazione ad alcuna delle parti originarie contumaci debba effettuarsi all'estero) - una nuova udienza, non meno di dieci giorni prima della quale potranno le parti originarie depositare memoria, e di disporre che, entro cinque giorni, siano notificati alle parti originarie il provvedimento di fissazione e la memoria dell'interveniente, e che sia notificato a quest'ultimo il provvedimento di fissazione della nuova udienza.

 

Così giudicando la Corte amplia la declaratoria d'incostituzionalità dell'art. 419 dalla specie dell'intervento adesivo, dalla quale han preso le mosse le ordinanze pretorili, all'altra dell'intervento principale senza operare distinzione tra la parte originaria, contro la quale é spiegato l'intervento del terzo, e l'altra o le altre parti originarie, sul riflesso che la pretesa del terzo, anche se diretta contro una sola parte, non può non influire sulla intera vicenda processuale in cui si muovono anche l'altra o le altre parti originarie. Né ad escludere dalla declaratoria d'incostituzionalità della norma impugnata la specie dell'intervento adesivo semplice giova il rilievo che oggetto ne sia non domanda coinvolgente un diritto sibbene il sostegno prestato alle ragioni della parte alla cui vittoria il terzo ha interesse, perché l'attività dell'adiuvante non può non incidere sulla originaria prospettazione delle ragioni della controparte dell'adiuvato.

 

Insomma quel che viene in primaria considerazione é non il principio di eguaglianza tra le parti, sibbene il diritto di difesa delle parti originarie, che deve essere garantito nel contrasto con il terzo interveniente volontario o coatto e con il litisconsorte necessario originariamente pretermesso.

 

Nell'assenza di pronuncia del Giudice, cui compete la nomofilachia, il contrasto dottrinale tutt'altro che ampio si avverte tra chi sollecita l'esercizio del magistero di questa Corte e chi reputa che l'iniquità in danno della controparte dell'interveniente, che pur si riconosce perpetrata dalla imperfetta norma racchiusa nell'art. 419, possa essere eliminata con l'estensione, all'intervento volontario nel rito del lavoro, dell'art. 267 c.p.c., il quale nel rito ordinario fa obbligo al cancelliere di "comunicare" alle altre parti l'intervento volontario spiegato in tempo anteriore alla pubblica udienza, ovvero con la tecnica dell'applicazione analogica del novellato art. 418 (notificazione della domanda riconvenzionale). Questa Corte, dato che la possibilità di sventare l'attentato al diritto di difesa con mezzi interni alla ordinaria applicazione delle norme si risolve in un apprezzamento di rilevanza della sollevata questione di costituzionalità, potrebbe pur esimersi dal valutare la utilità dei rimedi suggeriti volta ché le motivazioni svolte dai Pretori di Napoli e di Lecce sono più che sufficienti, ma ben può osservare che altro é la comunicazione altro la notificazione e che né l'una né l'altra sostituiscono la fissazione di altra udienza specie nel rito del lavoro improntato ai canoni della oralità e della concentrazione, e che l'art. 418 non é utilmente invocato vuoi perché difetta nel quadro della riconvenzionale l'inserzione di un terzo vuoi perché i conditores dell'art. 419, richiamando - per giunta con il prudenziale "in quanto applicabili" - gli artt. 414 e 416, hanno sbarrato la via ad altri arricchimenti della norma dettata con il ripetuto art. 419.

 

Né infine giova ripetere quel che da taluno si é opposto, e cioè che nulla vieterebbe al giudice, avanti il quale é stato spiegato intervento, di fissare motu proprio altra udienza perché le ipotesi di fissazione di altra udienza sono tassative e al diritto di difesa dell'interveniente e delle parti non può sopperirsi con le normali tecniche applicative delle norme ordinarie o - peggio - con la violazione delle stesse. Del che si é convinto il Pretore di Napoli il quale a suggello di discussione protrattasi per due anni ha rimesso l'esame della questione alla Corte.

 

L'art. 419, posto nei termini di cui sopra all'unisono con l'art. 24 comma secondo Cost., si svolge su linea parallela a quella su cui avanzano dal 1973 i novellati artt. 418 e 420 commi nono e decimo del codice di rito civile.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti gli incidenti iscritti ai nn. 350/1978 e 543/1982, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 419 (sub art. 1 l. 11 agosto 1973, n. 533) c.p.c. nella parte in cui, ove un terzo spieghi intervento volontario, non attribuisce al giudice il potere dovere di fissare - con il rispetto del termine di cui all'art. 415 comma quinto (elevabile a quaranta giorni allorquando la notificazione ad alcuna delle parti originarie contumaci debba effettuarsi all'estero) - una nuova udienza, non meno di dieci giorni prima della quale potranno le parti originarie depositare memoria, e di disporre che, entro cinque giorni, siano notificati alle parti originarie il provvedimento di fissazione e la memoria dell'interveniente, e che sia notificato a quest'ultimo il provvedimento di fissazione della nuova udienza.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 1983.

 

Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI -  Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA – Vittorio ANDRIOLI - Giovanni CONSO – Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 29 giugno 1983.