Ordinanza n. 166 del 1983

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ORDINANZA N. 166

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 339, primo comma, del codice penale (Minaccia anonima - Circostanze aggravanti), promosso con ordinanza emessa l'11 novembre 1976 dal Pretore di Assisi nel procedimento penale a carico di ignoti, iscritta al n. 22 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 66 del 1977;

visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1983 il Giudice relatore Francesco Saja.

Ritenuto che nel corso di un procedimento penale contro ignoti per il reato di minaccia (art. 612 cod. pen.) commesso per mezzo del telefono in danno di Giacometti Laura, il Pretore di Assisi, con ordinanza dell' 11 novembre 1977 (in G.U. n. 66 del 9 marzo 1977), sollevava in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 339, primo comma, cod. penale, richiamato dal cpv. del cit. art. 612;

che, secondo il Pretore, detta norma, non estendendo le circostanze aggravanti da essa previste al fatto commesso per mezzo del telefono, determinava un'irrazionale disparità di trattamento rispetto ai casi in cui l'azione delittuosa era posta in essere con un atto scritto e pertanto sembrava in contrasto con l'art. 3 della Costituzione;

che la Presidenza del Consiglio dei ministri, intervenuta, chiede dichiararsi l'inammissibilità della questione o, nel merito, l'infondatezza.

Considerato che, a parte ogni rilievo sulla pretesa del giudice a quo secondo cui la Corte dovrebbe estendere con la sua pronuncia una circostanza aggravante ad un caso non previsto dalla legge, é preliminare il rilievo che la questione é manifestamente inammissibile per irrilevanza;

che infatti, essendo ignoti gli autori del reato, il giudice deve pronunciare sentenza di non doversi procedere per tale causa, poiché in questo caso il termine di cui all'art. 124, primo comma, cod. penale decorre dal momento in cui l'offeso acquista piena conoscenza della persona che lo ha commesso;

che, nell'ipotesi in esame il termine predetto non é decorso, sicché non ricorre l'alternativa da cui l'ordinanza di rimessione ha ritenuto di poter dedurre la rilevanza della questione;

che, pertanto, come si é già detto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 23 l. 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 339, primo comma, cod. penale, sollevata dal Pretore di Assisi con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 3 Cost.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 giugno 1983.

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto  Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO – Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 13 giugno 1983.